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Capriolo bloccato in un canale: può la solidarietà umana rubare la scena agli animali?

Un capriolo bloccato in un canale nel bellunese e poi liberatosi da solo funge da spunto di riflessione su quante volte l'uomo esalti il proprio ruolo da eroe nelle vicende animali quando è egli stesso a creare il problema

Di Francesca Faccini - 02 March 2021 - 13:51

BELLUNO VERONESE. Ieri, lunedì primo marzo, in un canale a Belluno Veronese è stato notato un capriolo che non riusciva a risalire le sponde, rimanendo così bloccato nel fondo ricoperto da una bassa superficie d’acqua. Il fatto non è passato inosservato, tanto che sulla pagina Facebook di Citizen Science MUSE – il gruppo d’aiuto di esperti del MUSE dove è possibile ricevere risposte a dubbi circa minerali, rocce, fossili, piante e animali – è stato pubblicato un messaggio d’allarme: “Oggi nel canale qui a Belluno Veronese abbiano notato lui. Subito ci siamo attivati nel chiamare i vigili del fuoco che ci hanno indirizzato alla polizia provinciale, non sono mai arrivati perché dicono che si era fatto troppo tardi, torneranno domani per vedere di salvarlo. Vorrei tanto sapere cosa e chi si deve chiamare in questi casi. Non so se stanotte riuscirò a dormire!”. In un botta e risposta tra l’autrice del post e il Citizen Science MUSE, la situazione è stata monitorata fino a questa mattina quando il capriolo, probabilmente spaventato dall’arrivo della polizia provinciale di Verona, è riuscito a risalire il canale e scappare nel bosco.

 

 

 

 

L’episodio di Belluno Veronese permette di ricordare il recente caso della pecora Baarack vissuta in fuga e non tosata per 5 anni e ora liberata da quei 35 chilogrammi di vello che le impedivano di nutrirsi e le creavano difficoltà alla vista. La notizia che è circolata in tutto il mondo è stata da qualcuno letta come un caso di salvataggio per mano umana quando invece, come ben spiegato dal post della casa editrice Tlon, mostra gli effetti di quella eugenetica che ha creato pecore dipendenti dalle persone. Le pecore comuni, infatti, sono un’invenzione umana frutto di una selezione genetica volta all’incremento della produzione della lana e, a differenza dei mufloni, non fanno la muta richiedendo così una tosatura almeno annuale.

 

Sebbene il caso della pecora e quello del capriolo raccontino storie differenti, l’elemento in comune sembra essere un antropocentrismo che talvolta assume tratti esasperanti: se l’attenzione alle situazioni di criticità in cui possono versare gli animali è apprezzabile, è necessario riflettere sull’arroganza delle persone di assumere il ruolo di eroi. Il tentativo di andare in soccorso a bestie in difficoltà, esattamente come fatto dall’utente e dagli agenti di Verona, è un atto nobile e doveroso, ma non ci permette di espiare la colpa di creare realtà inospitali, di gestire la questione animale in base alle nostre esigenze eliminando il concetto di libertà per alcune specie, di esercitare una forma di dominio della natura. In un contesto che vede città e strade occupare sempre più spazio e lasciare sempre meno bosco agli animali, in uno scenario che permette ai desideri umani di modificare la genetica animale, prima del buon cuore delle persone bisognerebbe festeggiare la forza di un capriolo che riesce a liberarsi da solo da una costruzione edilizia e solidarizzare con una pecora vittima dei nostri stessi falsi bisogni.

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