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L'ostia, il vino e la Transustansazione voluta dal Concilio di Trento ma che con Yehoshua ben Yosef c'entra davvero poco

Il “Corpus Domini” fu istituito nel 1247 nella diocesi di Liegi (Belgio), con il significato di considerare reale la presenza di Cristo nell'Eucaristia, in antitesi a quanto aveva sostenuto Berengario di Tours ma fu Trento a sancire il Dogma. Un Dogma che per l'ebreo Gesù sarebbe apparso massimamente blasfemo e del tutto inconcepibile
DAL BLOG
Di Riccardo Petroni - 06 luglio 2019

Ha pubblicato “Yehoshua ben Yosef detto Gesù – La sua vera storia – la forza delle sue idee”, “Il Vangelo Segreto di Gesù”, “Gesù di Betlemme” e “Il Ritorno alla Casa di Israele (il Noachismo)”

Di recente il mondo cattolico ha commemorato il “Corpus Domini”, la celebrazione del “Santissimo Corpo e del Sangue di Gesù”: “Sollemnitas Ss.mi Corporis et Sanguinis Christi”. Il “Corpus Domini”era una “festa mobile”, cadeva (fino al 1976) il giovedì della seconda settimana dopo la Pentecoste, ma dal 1977 è stata spostata alla domenica seguente, in modo da abolire una festa infrasettimanale. Si commemorava il giovedì in ricordo dell’Ultima Cena, nel corso della quale - secondo la tradizione - venne istituita l’Eucarestia: “ Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: prendete e mangiate; questo è il mio corpo. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”.

 

Il “Corpus Domini” fu istituito nel 1247 nella diocesi di Liegi (Belgio), con il significato di considerare reale la presenza di Cristo nell'Eucaristia, in antitesi a quanto aveva sostenuto Berengario di Tours (998 – 1088 -Arcidiacono di Angers), secondo il quale la presenza di Cristo era invece solo simbolica. E fu Papa Urbano IV, nel 1264, che inserì questa ricorrenza nella liturgia della Chiesa. Ma fu solo il Concilio di Trento (1545 -1563) che sancì definitivamente il Dogma della “Transustansazione”, che così scrisse: "Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo Santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla Santa Chiesa cattolica transustanziazione” Il termine “transustansazione”, così difficile da pronunciare, deriva dal latino medioevale “transubstantiatio”, ovvero “conversione di sostanza”.

 

Ecco come la spiega Padre Roberto Coggi, frate domenicano, sacerdote e professore ordinario di Teologia Dogmatica presso la Facoltà di Teologia di Bologna, molto noto in quanto tiene frequenti conversazioni di catechesi su Radio Maria: “Significa che nell’Eucaristia la sostanza del pane e del vino diventa il corpo e il sangue di Gesù , mentre rimangono immutati gli accidenti, cioè le specie o apparenze del pane e del vino. Quindi le dimensioni dell’ostia non cambiano, e non cambiano il colore, l’odore e il sapore, poiché tutte queste cose sono accidenti o specie. Cambia invece la sostanza. E lo stesso si dica del vino. E quando avviene questo cambiamento? Avviene quando il sacerdote pronuncia le parole della consacrazione. Quando il sacerdote ha finito di dire: “Questo è il mio Corpo”, il pane non c’è più, e al suo posto c’è il corpo del Signore, e quando ha finito di dire: “Questo è il mio Sangue”, il vino non c’è più, e al suo posto c’è il sangue del Signore”.

 

Detto questo, ancora una volta è necessario chiedersi cosa avrebbe pensato di quanto sopra il “diretto interessato”, il Rabbino Yehoshua ben Yosef detto Gesù, insegnante di Torah (la Bibbia) nel I secolo in Palestina. Per avere la risposta bisogna innanzitutto partire dal presupposto che l’Ultima Cena non fu la Cena Pasquale, che non fu celebrata di giovedì sera, bensì di mercoledì sera, e che il memoriale dell’Eucarestia non fu istituito lì, come ci dice chiaramente l’Evangelista Giovanni e ci conferma lo stesso Papa Ratzinger. Ma su questo punto non mi dilungo, rimandando a quanto già ampiamente scritto in passato (QUI PER LEGGERE). Va poi detto che i “memoriali” per l’ebraismo si commemorano non tutte le settimane (come avviene con la Messa) bensì una volta all’anno, ad esclusione dello Shabbat che viene richiesto specificatamente da uno dei Comandamenti che i cristiani hanno cancellato: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te”.

 

E veniamo a questa frase: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno”. Per l’ebraismo il sangue è considerato la sede della vita. La Bibbia infatti così recita: "La vita della carne è nel sangue”. Termine vita che e’ sinonimo di “nefesh”, “respiro-soffio vitale” ma anche di “anima” (נפש). Il Rabbino Ariel Toaf, storico ed accademico, figlio del famoso Rabbino Capo di Roma Elio Toaff (1915-2015) e professore emerito presso l'Università Bar-Ilan di Ramat Gan (Tel Aviv), così si esprime al riguardo: “Per l’ebraismo biblico e postbiblico, quindi tradizionale, il sangue è sede della vita. In altre parole l’anima, cioè la vita o meglio la forza vitale è nel sangue, come si rileva dai testi della Genesi, del Levitico e del Deuteronomio. E l’espressione “basar vadam”, “carne e sangue”, è tipica e ricorrente nei testi tradizionali, per indicare l’uomo”.

 

Quindi, alla luce di quanto sopra, è più che legittimo sostenere che la traduzione più corretta del passo che cita “la sua carne ed il suo sangue” sia quella ebraica, l’unica che Gesù potesse concepire, ovvero che fosse un incitamento a seguire “i suoi insegnamenti”, la Torah (Bibbia Ebraica), vera ed unica fonte di vita e di spiritualità. Concetti che Gesù nel suo passaggio terreno espresse molte volte in circostanze anche molto diverse. Per Gesù quindi, anche solo l’idea che si potesse istituire a suo nome un rito nel quale si “mangiava il suo corpo e si beveva il suo sangue” sarebbe stato massimamente blasfemo e del tutto inconcepibile. Già, anche perché bere il sangue per un ebreo sarebbe stato l’atto più impuro ed orrido da praticare. E poi sarebbe stato un gravissimo atto di auto-idolatria, vietata dai “10 Comandamenti”.

 

Un atto peraltro perfettamente in linea, invece (così come la Trinità), con la cultura pagana. Era infatti diffusissima proprio fra i pagani la pratica della “teofagia”, che prevedeva giustappunto la santificazione attraverso il “pasto sacrificale” (chiamato anche “eucaristico”) del dio di turno, con l’uso del vino. Ricordo - fra i tantissimi riti praticati di questo tipo - quelli del culto di Iside nell’antico Egitto, di Osiride (dal 2.000 a.C.) e di Attis e Cibele (VII secolo a.C.).

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