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Dolomiti Unesco, la direttrice: ''Devastato il patrimonio naturale ripartiamo da quello culturale, le persone che si sono rimboccate le maniche''
Marcella Morandini della Fondazione ringrazia la Protezione civile e i volontari "con i piedi nel fango e il badile in mano". Avverte: "Una montagna spopolata frana a valle". E ricorda il pericolo del surriscaldamento climatico: "Tema in mano alle macro politiche globali"

TRENTO. "A fronte di una devastazione così grande del patrimonio naturale, la speranza arriva dal patrimonio culturale". Il direttore della Fondazione Dolomiti Unesco Marcella Morandini si riferisce al patrimonio culturale delle genti delle Dolomiti, di chi abita la montagna, di coloro che i boschi violentati dalla forza del vento e del fango li vivono quotidianamente.
Quel patrimonio culturale è quello delle Dolomiti, "di persone che hanno saputo rimboccarsi le maniche e ricominciare". Morandini, che è intervenuta con un videomessaggio, ringrazia la Protezione civile "che ha svolto un ruolo fondamentale nel salvare vite e ha dimostrato di lavorare in modo impeccabile". Ma il suo ringraziamento lo rivolge anche ai tanti volontari, quelli "con i piedi nel fango e il badile in mano".
"Ci troviamo di fronte a episodi di veemenza mia vista prima nella storia recente e non si può ignorare il ruolo del cambiamento climatico". Le soluzioni, per invertire la tendenza e per proteggere il pianeta dal surriscaldamento sono in mano "alle macro politiche globali che possono agire per limitare il danno", afferma preoccupata Marcella Morandini.
"Quello che noi possiamo fare è attuare assieme strategie di adattamento, costruire in maniera diversa, pianificare e non far finta di niente.Il mondo sta cambiando - afferma - e dobbiamo comportarci nello spirito che contraddistingue le popolazioni dolomitiche che hanno saputo vivere questo paesaggio straordinario, patrimonio dell'umanità. Dobbiamo pensare in modo diverso i nostri territori", conclude Morandini.
L'ultimo pensiero al tema dello spopolamento della montagna: "La montagna deve rimanere diffusamente popolata - spiega - perché un territorio abbandonato frana a valle, perché un territorio no curato frana". E afferma che costa molto meno lavorare per contrastare lo spopolamento che per intervenire successivamente ai disastri ambientali.