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Il ricordo della tragedia di Stava nelle memorie del giornalista che per primo sorvolò la valle di Fiemme
Nereo Pederzolli e il telecineoperatore Giorgio Salomon 'presero' un elicottero e nonostante il divieto a non sorvolare la zona documentarono le prime immagini della devastante colata di fango e detriti che uccise 33 anni fa 268 persone

TRENTO. La notizia piomba in redazione sul finire del Giornale radio delle 12.10. Ha dell’incredibile, anche perché nessuno sapeva di una diga a Tesero. Alberto Folgheraiter non tentenna: subito prende un registratore il Nagra) e punta su Tesero. Io ero alle prese con la seconda edizione del radiogiornale, alle 14.
Tensione, le testate nazionali che incominciano a chiamare, la redazione allertata come mai. Ma come raggiungere la val di Fiemme nel più breve tempo possibile? Inutile chiamare il nucleo elicotteri di Trento. Riesco a recuperare nella mia agenda un numero di telefono di una ditta che d’inverno, in val Gardena, trasferiva in quota sci alpinisti.
Faccio il numero e … rispondono. Assicurano che entro le 14.30 saranno a Trento. Adesso bisogna rispondere alle chiamate, recuperare una telecamera, condurre il GR – tutto basato sulla diretta telefonica del collega Folgheraiter, già sul posto – definire tempi e modi del volo. Intanto arriva in redazione Giorgio Salomon, il telecineoperatore più esperto. Finito il GR salgo in macchina, e dopo qualche minuto siamo in volo.
Il pilota non conosceva minimamente Fiemme. E noi – una cartina in mano – ancora cercavamo di localizzare una diga sopra Tesero… Nessuna traccia mappale. E’ bastato uscire dalla valle di Cembra per vedere la gravità della tragedia. Una colata di fango mostruosa, devastante, talmente violenta da sembrare impossibile.
Stavamo sorvolando senza rispettare gli ordini che i carabinieri intimavano all’elicotterista. Salomon ha l’idea giusta: far finta di allontanarsi, atterrando subito in un prato verso Cavalese, staccare le porte dell’elicottero e riprendere il volo. Filmando tutto.
Un piano-sequenza che diventerà il filo conduttore di tutte le indagini a seguire. Un documento di fondamentale importanza. Perché mostra l’assoluta fragilità dei bacini di Prestavel. Quelle cosiddette ‘dighe’ che nessuna mappa registrava. E che in pochi minuti hanno cancellato la comunità di Stava. Provocando 268 morti e decine di feriti. Con infiniti strascichi di dolore.
Le riprese dall’elicottero registrano le prime squadre dei soccorsi, tra fango e l’angoscia di possibili nuovi smottamenti. La valle spezzata in due. Il ponte di Tesero crollato. Resiste alla violenza della piena solo l’arcata costruita in epoca romana. Vista dall’alto sembra l’incubo di un brutto, assurdo sogno. Dalla centrale operativa continua a giungere l’ordine di non sorvolare la zona. Resistiamo.
Riusciamo pure a recuperare altre immagini, atterrando in uno spiazzo dove si vedeva la Lancia bianca della Rai arrivata qualche minuto prima con Roberto Milone e l’operatore Sandro Boni. Registrano le prime voci, testimoni, superstiti, il dolore. La rabbia.
Noi riprendiamo quota, recuperiamo i portelloni del velivolo e puntiamo su Trento. Con un problema: dove atterrare? Per far prima si decide di scendere a terra nel cortile attiguo la redazione. Manovra spericolata quanto decisiva. Perché qualche minuto dopo le immagini vanno in onda, in diretta, sul TG1.
Io mi ritrovo in studio a commentare le riprese fatte a Stava, a rispondere alle domande di Angela Buttiglione, la conduttrice di quella prima edizione speciale. Nei mesi a seguire Stava ha tristemente occupato la cronaca, non solo nazionale.
Indagini, processi e lo sprone a ripensare i sistemi di gestione ambientale, contro ogni assurdo sfruttamento minerario. Per non dimenticare la tragedia di Prestavel, i bacini di decantazione della fluorite ‘scivolati’ nell’Avisio cancellando case, alberghi, pure l’identità di molte vittime.
Una settantina delle 268 persone morte non sono mai state identificate.