Medusa, il viaggio letterario tra espressionismo e disgregazione. Ecco l'ultima fatica di Bernardi
L'enfant prodige bolzanino della letteratura alla Libreria Arcadia di Rovereto sabato 3 novembre per presentare la sua ultima opera. Bernardi: "Senza i miei genitori non avrei scritto una riga"

ROVERETO. Il suo romanzo, Medusa, è uscito nelle librerie da appena una settimana e la critica ne parla già con entusiasmo. Luca Bernardi, classe 1991, forse non amerà essere definito un enfant prodige ma ha certo pubblicato un'opera prima spiazzante e dirompente.
Un romanzo di formazione al contrario, in cui l'autore narra con precisione il disgregarsi della mente del suo protagonista, un giovane ragazzo ossessionato dagli alieni e dalla stesura del suo Dizionario Semiologico Abissale; e lo fa con una scelta linguistica forte, coraggiosa, che ricalca fedelmente questo dissolversi dell'io mentre l'autore arriva a fondare davvero un nuovo modo di intendere la lingua.
Luca Bernardi, bolzanino, sarà sabato 3 dicembre alle 19 alla Libreria Arcadia di Rovereto a presentare il suo libro. In attesa di incontrarlo di persona, l'abbiamo intervistato.
Innanzitutto: perché “Medusa”? Da dove viene questo titolo così evocativo?
Medusa è un titolo con risonanze mitiche, ma allude anche alla progressiva liquefazione mentale del protagonista e voce narrante. Inoltre le meduse sono i primi organismi pluricellulari apparsi sul pianeta Terra. Tornare medusa significa per il protagonista dissolversi, tornare acqua, tornare nell’utero. Al centro del romanzo sono anche i temi del volto e dello sguardo, e in effetti la Medusa greca impietriva chiunque ne incrociasse gli occhi.
Come mai questo interesse per un tema come quello della follia o meglio, della psicosi, in questo caso?
La follia mi ha sempre interessato come banco di prova del linguaggio. Lo schizofrenico ci mostra che le parole hanno senso solo all’interno di una convenzione. Nella psicosi viene perciò messo a nudo lo statuto finzionale su cui si fondano norme sociali, abitudini collettive, credenze. Il pazzo è per certi versi simile al giullare, perché ride di ciò che gli altri prendono sul serio. Ma a differenza del buffone, spesso chi soffre di malattie mentali sconta la propria diversità con l’imprigionamento.
Una delle cose che colpisce di più in Medusa è la lingua: lo stile è quasi espressionista, sempre a tinte forti, con un ritmo incalzante. Perché questa scelta?
La lingua non è stata una scelta. Quando ho immaginato il protagonista di Medusa, mi sono reso conto che avrebbe potuto parlare solamente così, e trattandosi di un libro in prima persona il resto è venuto da sé. A me pare che uno dei tratti distintivi del protagonista sia l’essere contradditorio, perciò gli ho fatto alternare frasi brevi e frasi lunghe, ipotassi e paratassi, gergo giovanile e capziosità filosofica.
Quali sono i tuoi scrittori di riferimento?
Sono moltissimi gli autori verso cui nutro un debito e credo sarebbe ozioso nominarli qui, anche perché per la maggior parte sono classici. Cerco il più possibile di spaziare tra i generi: prosa, poesia, saggi.
Tu hai tradotto due romanzi per Longanesi. Il primo, Il libro degli specchi, esce a gennaio. Il secondo, The best of Adam Sharp in inglese, esce in primavera. Ti vedi più traduttore o scrittore?
Tradurre mi piace. Oltre a essere una palestra stilistica, insegna molto anche sulla messa a punto della trama, sulla costruzione degli ambienti, dei personaggi e dei dialoghi. E poi è la cosa più vicina a scrivere per cui finora mi abbiano pagato. Non so quanto tradurre influenzi la mia maniera di approcciarmi alla pagina, per ora ho lavorato su due romanzi piuttosto lontani dalle mie corde. Staremo a vedere.
Sei figlio di un'attrice e di un regista teatrale: genitori ingombranti o stimolanti nella tua formazione culturale?
Senza i miei genitori non avrei scritto una riga. Molte delle mie primissime esperienze culturali ed estetiche sono dovute a loro. I primi libri, i primi film, i primi spettacoli. E poi mi hanno sempre mostrato con il loro esempio che per riuscire bisogna impegnarsi a fondo, lamentarsi poco, avere tenacia.
Che tipo di scrittore sei: metodico, impulsivo? Scrivi di getto, rivedi e ricorreggi mille volte?
Cerco di scrivere tutti i giorni una stessa quantità di battute. A volte impiego un’ora e mezza, altre volte quattro ore. Dapprima procedo il più possibile di getto, cercando di assecondare il flusso, ma poi sono perfezionista nella correzione. Musicalità, pulizia e ritmo sono cruciali. Quasi tutte le pagine di Medusa le ho riscritte decine di volte.