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I negozi di montagna gestiti dai lavoratori del Progettone? Il Coordinamento è contrario: "Rivedere il contesto socio-economico per ridare dignità al comparto"
Va bene fare di tutto per difendere i paesi di montagna dal depauperamento economico, sociale e civile. Va bene trovare soluzioni, ma sull'uso dei lavoratori del Progettone come commessi anche il Coordinamento lavoratori non è d'accordo

TRENTO. Assume i contorni del 'tutti contro tutti' la mozione approvata in Consiglio provinciale a sostengo degli esercizi commerciali in periferia, a seguito della paventata chiusura di due negozi di alimentari del Comune di Vallarsa. L'intenzione è quella di assicurare il presidio delle periferie attraverso l'utilizzo di alcuni lavoratori del Progettone.
Va bene fare di tutto per difendere i paesi di montagna dal depauperamento economico, sociale e civile. Va bene trovare soluzioni affinché i piccoli negozi continuino a rimanere aperti anche per assicurare un presidio nelle periferie. Ma sull'uso dei lavoratori del Progettone come commessi anche il Coordinamento lavoratori non è d'accordo.
"Se i motivi e gli obiettivi che hanno ispirato la mozione sono ampiamente condivisibili - spiega Daniela Gualazzi, presidente del Coordinamento - non altrettanto è condivisibile l’impiego dello strumento del Progettone nella gestione dei punti vendita".
Il coordinamento riprende anche il contesto che a fine anni '80 ha portato all'istituzione di questo comparto. "Un’intuizione - evidenzia la presidente - felice e lungimirante dell’allora assessore Walter Micheli per affrontare la crisi occupazionale: per anni è servito a dare dignità e protezione a disoccupati in età avanzata e a persone socialmente deboli. Da allora la situazione economica e sociale è completamente mutata".
Nel mirino del sindacato il fatto che da strumento di welfare con connotati assistenziali , il Progettone è stato progressivamente trasformato in un bacino di lavoratori utilizzati in sostituzione di altro personale, ma a basso costo.
"Oggi come ieri - dice Gualazzi - i lavoratori del Progettone sono persone rimaste senza lavoro in una fascia di età compresa tra i 50 e i 60 anni, fascia nella quale è quasi impossibile ricollocarsi. La differenza consiste nell’elevato numero di persone licenziate aventi scolarizzazione, professionalità e esperienza. Proprio per questo queste persone vengono impiegate nei più svariati contesti lavorativi al fine di sfruttare le loro competenze: i colleghi di lavoro che svolgono le stesse mansioni hanno stipendi e salari molto più alti e questo crea di fatto una disparità di trattamento".
E se la Cgil aveva avanzato diverse perplessità, come la legittimità giuridica, quella del dumping contrattuale e quindi il ruolo delle persone impiegate nel Progettone (Qui articolo). E il Coordinamento dei lavoratori entra così a gamba tesa sul sindacato di via Muredei.
"Strano - dice la presidente - che la Cgil e il suo segretario si preoccupino della sorte dei lavoratori del Progettone. Il ruolo è specificatamente di supporto a quelle attività svolte nell’ambito dei lavori socialmente utili. Ma Ianeselli ha mai verificato di persona come vengono impiegati i lavoratori del Progettone? Una situazione che dovrebbe essere nota: lavoratori che vengono impiegati negli uffici provinciali, comunali e tribunali, ma anche in altri settori non sono a supporto come descrivono sindacati e Provincia, ma svolgono mansioni identiche ai colleghi inquadrati nei rispettivi Contratti di settore i quali godono di retribuzioni e tutele molto più alte".
I sindacati confederali e il Coordinamento sono ai ferri corti dai tempi del rinnovo del contratto collettivo tra i vertici delle tre sigle sindacali e la Federazione della Cooperazione, dopo due anni di trattativa, sottoscritto il 18 maggio scorso e entrato in vigore l'1 luglio.
"Il quadro socio-economico è completamente mutato. Si deve attualizzare e rendere contemporaneo - conclude Gualazzi - per ripensare anche al ruolo che i lavoratori del Progettone svolgono: è necessario riconoscere dignità normativa e economica in linea con le mansioni effettivamente svolte e non con quelle teoriche blindate dalla parola magica 'a supporto' ideata per evitare possibili contenziosi con il beneplacito dei sindacati confederali".