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Bisesti per spiegare che il suo capo-gabinetto non è legato a Qanon scrive le ''fake'' di Qanon. L'assessore smentito della JFK Library di Boston
L'assessore ha messo nero su bianco un falso mito creato proprio dallo stesso gruppo legato a Qanon spiegando che il motto “Where We Go One, We Go All” usato dai folli cospirazionisti, ''si trova inciso su una campana di una delle barche del presidente Kennedy esposta nella show room della libreria a lui dedicata a Boston''. Abbiamo chiesto alla ''libreria di Boston'' (in realtà la più importate biblioteca-museo dedicata a Jfk) e non è così. L'assessore mente e mette per iscritto la clamorosa bufala. Ma non è tutto per giustificare la Q di Qanon sulla pagina Facebook del suo braccio destro si rifà alla ''Fonte Q'' che, spiega, “ha un importante significato religioso per l’unità dei cristiani''. Ecco cosa ne pensa il prof di religione Antonio Lurgio

TRENTO. Fake news di cui sono convinti quelli che gravitano nell'ambiente di Qanon usate per spiegare che chi aveva le sue pagine social piene delle fesserie di Qanon non fa parte dell'ambiente di Qanon. Siamo arrivati a questo in Provincia di Trento e se a mettere queste bufale nero su bianco è niente di meno che l'assessore alla cultura e all'istruzione Mirko Bisesti il tutto assume i contorni del tragicomico e spaventa. Mentire così spudoratamente mettendolo per iscritto cercando di darla a bere al consiglio provinciale è gravissimo e a dimostrare che l'assessore alla cultura (lo ripetiamo perché è ancor più paradossale) si serve di balle cospirazioniste in Aula lo certifica nientemeno che il John F. Kennedy Presidential Library and Museum rispondendo a il Dolomiti.
Ma andiamo con ordine perché questa è una storia che merita di essere raccontata dall'inizio alla fine e che non potrà non avere conseguenze in un senso o nell'altro. La questione era stata sollevata in aula qualche settimana fa dal consigliere Pd Luca Zeni che aveva interrogato Bisesti, sul perché il suo capo di gabinetto, Andrea Asson, avesse condiviso su vari profili social, motto e simboli del movimento complottista e filo-trumpiano Qanon.
Un movimento tra il demenziale e il pericoloso che ha fomentato e spinto molti attivisti a partecipare all’assalto del Congresso americano a Washington lo scorso gennaio. Per chi non lo sapesse, secondo i sostenitori di Qanon il mondo (e gli Stati Uniti) sarebbe manipolato da una ristretta cerchia di persone tanto potenti quanto spietate da essere in grado di compiere abusi rituali su minori nella più completa impunità. Questa cricca (legata in particolare a Hillary Clinton e al Partito Democratico statunitense con Joe Biden e compagnia), avrebbe di fatto il controllo delle leve del potere. Recentemente si è detto pure che il coronavirus non sarebbe reale e farebbe parte di un piano creato ad arte per controllare le persone e impedire la rielezione di Trump.
Dal canto suo il capo di gabinetto dell’assessore si ritrovava con i social invasi di riferimenti a questo movimento. Tanto per limitarci a qualche esempio, come il Dolomiti, avevamo pubblicato la sua foto profilo con la stessa “Q” usata dai militanti del gruppo, l'immagine di lui a Roma con il post che spiegava che era lì per chiedere “la grazia per la cessazione del virus di Wuhan”, la foto di Trump “protetto” da Gesù e una foto dell’ex presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy accompagnata dall’hashtag “WWG1WGA”, lo stesso che viene usato dagli adepti di Qanon per riconoscersi fra loro (articoli QUI e QUI) e la nostra notizia era stata ripresa anche dalla stampa nazionale.
Recentemente Bisesti ha dovuto rispondere ai dubbi sollevati da Zeni cercando di rispedire al mittente le accuse di “estremismo” e forse, vogliamo augurarci, la risposta l'ha fatta scrivere proprio dal suo capo di gabinetto perché in quelle poche righe (che pubblichiamo in fondo all'articolo) emerge una distorsione della realtà che è propria di chi a Qanon si ispira.
Le argomentazioni usate dall’assessore all’istruzione per sostenere la posizione del suo capo di gabinetto, infatti, lasciano quantomeno perplessi. Si parte con d un'affermazione che non c'entra nulla con il quesito: il fatto che Asson nei primi anni 2000 “ha servito il nostro Paese come ufficiale dell’esercito'' aggiungendo che quindi ''aderisce pienamente ai valori costituzionali e repubblicani e rigetta tesi ed idee non suffragate da dati oggettivi e razionali”. Un sillogismo che funziona solo se la premessa viene assunta come categorica, ma così non è. In altre parole il fatto di “aver servito la patria” non dimostra nulla, anzi, per la verità negli Stati Uniti molti militanti di Qanon provengono proprio dalle fila dell’esercito e della polizia ma, davvero, questo non c'entra e non dobbiamo fare l'errore di fermarci a questa considerazione.
Per giustificare la “Q” apparsa sull’immagine del profilo di Asson, invece, e questo è già più interessante, Bisesti racconta che la lettera “ha un importante significato religioso per l’unità dei cristiani. La fonte Q è, infatti, una raccolta di detti di Gesù che gli studiosi hanno identificato nei Vangeli di Luca e di Matteo. È una fonte in lingua greca che i due evangelisti hanno usato per comporre i loro testi sacri”. Abbiamo chiesto allo storico professore di religione del Liceo Scientifico Galilei di Trento, Antonio Lurgio, esperto di sette e religioni, di analizzare questa risposta e ci spiega che è piena di imprecisioni: innanzitutto la prova dell’esistenza della “Fonte Q” è solo all'interno degli stessi testi, ha un valore esegetico/ermeneutico ma resta ''una teoria avanzata a partire dal 1794 - spiega Lurgio - e che segue quella delle due fonti: i vangeli di Matteo e Luca, avrebbero come fonte Marco e poi ce ne sarebbe un’altra, la cosiddetta Q di cui non si conoscono gli autori, perché sarebbero le comunità cristiane dell'epoca e che raccoglierebbe alcuni detti di Gesù''.
Di questa ''Fonte Q'', comunque, non esiste documento scritto, non vi è nessun riferimento nelle tradizioni della Chiesa. Di conseguenza è strano sentir dire che la lettera “Q” “ha un importante significato religioso per l’unità dei cristiani” (come potrebbe visto che la maggior parte ne ignora l’esistenza?), inoltre è azzardato affermare con assoluta certezza che questa fonte sia stata utilizzata per comporre i testi di Matteo e Luca perché si tratta, come abbiamo detto, di una teoria. Insomma per Lurgio in questa risposta non c'è nulla che appartenga alla serietà dell’indagare biblico. ''E’ il classico tentativo di aggiustare la frittata dopo che questa si è rotta, dando una verniciatura di autenticità religiosa. Si tratta di un tentativo maldestro di coloritura religiosa a una vicenda che non ne ha, evidentemente. 'Q' non ha niente a che fare con l'unità dei cristiani''.
La risposta più interessante e a suo modo scandalosa, però, Bisesti la dà in riferimento all’hashtag “WWG1WGA” che per esteso diventa “Where We Go One, We Go All”, quest’ultimo una sorta di motto degli estremisti di Qanon il cui hashtag è proprio quello del gruppo. Tradotto in qualcosa di più familiare all’italiano suona come “Tutti per uno, uno per tutti”. Dunque, secondo Bisesti questo motto è apparso sulla pagina social del suo capo di gabinetto (con tanto di hashtag) in occasione dell’anniversario della morte del presidente Kennedy.
Va precisato che per i militanti di Qanon la famiglia Kennedy rappresenta un’ossessione: John infatti sarebbe stato ucciso da esponenti del “Deep State” e da allora, la presidenza degli Stati Uniti, fino a Donald Trump, sarebbe stata gestita da poteri occulti legati a un culto satanico. Inoltre, secondo la stessa teoria complottista, il figlio dell’ex presidente John Fitzgerald Kennedy Jr. non sarebbe veramente morto nell’incidente aereo del 1994 ma il tutto farebbe parte di un piano segreto per metterlo alla guida della frangia “lealista”, rimasta fedele allo Stato dopo l’assassinio del padre.

Tornando alla frase “WWG1WGA” condivisa da Asson, “questo motto – assicura Bisesti nella risposta all'interrogazione – è inciso sulla campana di una delle barche del presidente Kennedy, esposta nella show room della libreria a lui dedicata a Boston”. Quindi si sarebbe trattato di un modo per ricordare una figura importante del secolo scorso nell’anniversario della sua morte, o almeno di questo si è convinto l’assessore alla cultura e istruzione che, replicando a Zeni, conclude: “Pertanto non si riscontra l’adesione a espressioni ideologiche estremiste”.
Ma è davvero così? No, purtroppo, per la serietà delle istituzioni trentine. Tanto per cominciare Bisesti traduce "library" in "libreria" ma in realtà quella di Boston è la più importante biblioteca-museo dedicata alla figura di Jfk di tutti gli Stati Uniti, un enorme archivio di oggetti, documenti e foto legati all'ex presidente. Ma soprattutto, "la storia della campana" è una delle bufale che raccontano proprio quelli di Qanon che, però, non trova riscontri nella realtà. Andando a controllare sul sito della John F. Kennedy Presidential Library and Museum (aggiornatissimo e pure in italiano) non si trova traccia della campana citata da Bisesti. L’unica imbarcazione appartenuta all’ex presidente ed esposta all’aperto è la “Victura” ma non ci sono campane. Quindi da dove arriva questa storia della campana di Kennedy?

Incredibile a dirsi ma si tratta proprio di una “fake” inventata dagli stessi militanti di Qanon. Il fatto è confermato anche dalla Cnn e dalla Cbs: secondo i complottisti l’iscrizione sarebbe stata incisa sulla campana dell’Honey Fitz, lo “yacht presidenziale” usato da Kennedy, ma come dimostrano le foto sulla campana in questione non c’è nessuna iscrizione. In realtà una campana con incisa la stessa identica frase esiste, e compare per la prima volta sulla nave del film “L’Albatross-Oltre la tempesta”, diretto da Ridley Scott e uscito nelle sale nel 1996. Un film che però non ha nessun legame con il presidente Kennedy e tanto meno la campana è mai stata esposta alla biblioteca-museo di Boston. In altre parole, Bisesti, per dimostrare che il suo capo di gabinetto non ha alcun legame con Qanon ha utilizzato un falso mito creato dallo stesso gruppo.

Una campana nella biblioteca-museo Jfk di Boston, poi, c'è ma non è quella che descritta dell'assessore all'istruzione e cultura della Provincia di Trento Bisesti o del suo capo di gabinetto Asson o da tutti i seguaci di Qanon: è la replica del Freedom Bell simbolo dell'amicizia tedesco-americana data a John F. Kennedy dal sindaco di Berlino Ovest Willy Brandt nel 1961 (qui il link del museo).
Ma il colpo del ''ko'', a proposito di campana, arriva proprio da Boston dalla John F. Kennedy Presidential Library and Museum che a precisa domanda de Il Dolomiti sull'esistenza di questa campana descritta dall'assessore alla cultura della Provincia autonoma di Trento con tanto di motto, ha risposto: ''Non abbiamo trovato alcuna prova nei nostri archivi e collezioni di artefatti del museo, ritagli giornalistici o fonti secondarie accademiche. Non abbiamo nemmeno trovato alcuna indicazione che John F. Kennedy abbia mai usato, detto o scritto questa frase''.

Visto che tutte le giustificazioni fornite dall’assessore sembrano inconsistenti sarebbe il caso di spiegare davvero come mai quei riferimenti al movimento estremista di Qanon siano apparsi sui profili social di Andrea Asson e ora dovrà spiegare anche perché lui ha messo in un atto istituzionale certe fesserie. Possibilmente senza usare altre bufale provenienti da quell'ambiente perché se prima vi erano dei dubbi ora si comincia ad avere la certezza che nell'assessorato all'istruzione e cultura della Provincia autonoma di Trento c'è chi è talmente intriso di teorie strampalate e complottare da non rendersi nemmeno conto che sta mettendo nero su bianco proprio delle bufale. La firma, però, sul documento ufficiale, questa volta, non è di quello che condivideva di tutto e di più su Qanon sui social ma è di Mirko Bisesti. Chi ne risponderà?