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Letta contro il trasformismo parlamentare. Presentate due norme ai presidenti delle Camere per disincentivare i cambi di cassa
Il nuovo segretario del Partito democratico Enrico Letta avrebbe presentato ai due presidente delle Camere delle norme per cambiare il regolamento sui cambi di gruppo parlamentare. L'idea è quella di disincentivare il trasformismo

TRENTO. Una norma che disincentivi i cambi di casacca in Parlamento. È questo quanto proposto dal nuovo segretario del Partito democratico Enrico Letta, che dopo aver chiarito nel suo discorso di insediamento la netta contrarietà verso l'abitudine tutta italiana del trasformismo parlamentare, avrebbe iniziato ad intavolare un dialogo per portare alla modifica dei regolamenti delle Camere.
A darne conto è il Fatto quotidiano. Letta avrebbe infatti già parlato della proposta di modifica al presidente della Camera dei deputati Roberto Fico, mentre a breve dovrebbe avvenire lo stesso con la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. Ed è proprio quest'ultima Camera a rappresentare l'oggetto privilegiato della norma, considerando l'entrata in vigore del taglio degli eletti, che passeranno nella prossima legislatura a 600 dagli originali 945, e le problematiche causate proprio dai senatori nella caduta del governo Conte II.
Il punto di partenza per la riforma dei regolamenti sarebbe quello del Parlamento Ue, dove il gruppo Misto, componente sempre più nutrita nelle Aule italiane, non esiste. Gli eurodeputati che non si vogliono iscrivere ad alcun gruppo finiscono infatti tra i “non iscritti”, sostanzialmente ininfluenti, senza potere politico e senza fondi pubblici.
La proposta di Letta, tuttavia, non è tanto quella di eliminare un gruppo di per sé ineliminabile, bensì di permetterne l'ingresso solamente all'inizio della legislatura nel caso in cui deputati e senatori eletti non riescano a raggiungere la soglia per formare un gruppo autonomo. Chi nel corso della legislatura volesse cambiar gruppo, lo potrà fare ma finendo proprio tra i “non iscritti”, senza la possibilità di formare un gruppo autonomo e perdendo ogni tipo di beneficio, dalla partecipazione alla conferenza dei capigruppo al diritto di una quota di finanziamento pubblico.
Senza fondi e senza potere effettivo i cambi di casacca sarebbero disincentivati. Un'ulteriore misura si rivolgerebbe poi verso quei gruppi senza simbolo nati nel Parlamento italiano. La norma, immediatamente battezzata “anti Italia Viva”, punta a evitare che si ripeta un caso come quello di Matteo Renzi nel 2019, che uscito dal Partito democratico riuscì ad aggirare la regola del Senato sull'impossibilità di formare un gruppo senza simbolo grazie all'apporto di un eletto con il simbolo del Psi, Riccardo Nencini.
L'idea è quindi quella di obbligare ogni fuoriuscito a spostarsi solamente in un altro gruppo che abbia presentato il proprio simbolo alle elezioni. E per farlo almeno 10 senatori del gruppo devono aver concorso alle elezioni con quel simbolo, evitando l'apparentamento con singoli senatori. Nondimeno, nuovi gruppi parlamentare si potranno formare, possibilmente con una soglia più bassa rispetto a quella attuale in virtù del taglio del numero di parlamentari.