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Europee, "Sui grandi carnivori influisce la politica aggressiva verso l'ambiente", Valeria Allocati (Pace Terra Dignità): "Le guerre? Si rischia folle escalation"

Dalle guerre in Ucraina e Gaza alla transizione ecologica, dalla carne coltivata ai grandi carnivori, l'intervista alla candidata Valeria Allocati (Pace Terra Dignità) nella circoscrizione Nord-Est

Di Luca Andreazza - 03 giugno 2024 - 11:45

TRENTO. "La gestione dei grandi carnivori non può essere affrontata con semplicismo", queste le parole di Valeria Allocati, candidata nel collegio Nord-Est per Pace Terra Dignità, il movimento di Michele Santoro. "Per trovare soluzioni bisogna prima guardare ai problemi come la politica di aggressione all’ambiente che quotidianamente vediamo all’opera nel nostro territorio: nuovi impianti sciistici, nuovi collegamenti tra impianti, allargamenti di piste, nuovi bacini per l’innevamento artificiale, nuove strade forestali create per l’accesso ai boschi anche là dove non sono strettamente necessarie, nuovi rifugi in quota e ulteriori cementificazioni in quota fanno sì che l’areale sia sempre più ridotto".

 

Laureata in filosofia all’Università di Napoli “ Federico II”, Allocati è insegnante in Trentino. Da anni è impegnata nel sociale e in politica. Tra i ruoli quello di componente della Segreteria provinciale e del Comitato politico nazionale, ma anche del Dipartimento lavoro e scuola di Rifondazione comunista.

 

E' stata candidata nella lista "L’altra Trento a Sinistra” per le elezioni del Consiglio comunale di Trento del 2015, per "L'altro Trentino a Sinistra” per quelle del Consiglio provinciale del 2018, e nel Collegio uninominale di Trento nella lista “Potere al Popolo” per le politiche del 2018.

 

E nella lista “Rifondazione Comunista – Altra Trento” per le elezioni del Consiglio comunale di Trento nel 2020; nella Lista Unione popolare per le elezioni politiche del 2022 e nel 2023 per le elezioni provinciali. Partecipa all’Assemblea Antirazzista di Trento e al Comitato No Tav.

 

La guerra in Ucraina con l'aggressione militare della Russia ormai oltre due anni fa e quella tra Israele e Hamas, il ruolo dell'Unione europea, la transizione ecologica, la carne coltivata e la gestione dei grandi carnivori son alcuni dei temi toccati dall'esponente di Pace Terra Dignità.

 

Sostegno all'Ucraina, cosa pensa di quello che è stato fatto oggi? Ritiene giusto e importante fornire armi agli ucraini? Come considera le sanzioni che sono state date alla Russia?
La nostra lista nasce proprio dalla consapevolezza che siamo di fronte a uno scenario di guerra dalle conseguenze incalcolabili. L’orientamento espresso dai diversi Paesi di inviare ufficialmente truppe di terra a combattere in Ucraina e la decisione di permettere all’esercito ucraino di utilizzare le armi fornite dall’Occidente per colpire obiettivi militari nel suolo russo sono il presupposto di un'escalation folle e criminale che hanno messo in allarme finanche il nostro filoatlantissimo governo. Sarà un ulteriore passo per l’entrata in guerra dei paesi Nato contro la Russia e per una sua ulteriore risposta.

 

Non c’è stata e non c’è ora la volontà di chiudere la guerra ma di allargarla. Gli Usa stanno cercando di scaricare i costi della guerra con la Russia sulle spalle degli europei e la stessa decisione di dare il via libera all’uso delle armi statunitensi arriva dopo settimane di pressing del segretario generale della Nato e di alcuni paesi europei. Le classi dominanti europee dopo aver immolato gli interessi economici dell’Europa sull’altare della guerra stanno adesso mettendo i popoli europei nella condizione di una guerra devastante. Questo ci pone di fronte alla necessità di perseguire la pace non solo per motivi etici e umanitari, per noi da sempre prioritari, ma anche per non arrivare a una catastrofe finale.

Chiediamo la cessazione dell’invio di armi all’Ucraina. Certo, come tutti riconoscono, la Russia è lo Stato invasore ma inviare sempre più armi e contribuire ad alzare continuamente il livello dello scontro, come è stato fatto fin dall’inizio da Stati Uniti ed Europa, è irresponsabile.

 

L’avere seguito questa strada anziché quella di favorire in tutti i modi possibili un negoziato che garantisca la reciproca sicurezza alle parti e risolva con procedure democratiche e di autodeterminazione il contrasto sulle terre contese, dovrebbe far sorgere quantomeno il dubbio che nasconda altri interessi, pagati cari dal popolo ucraino che patirà per anni le perdite di vite umane, le mutilazioni, i danni alla salute e all’ambiente conseguenti all’inquinamento bellico.

 

Quanto alla Russia, che a sua volta ha subito grandi perdite in vite umane, non pare abbia avuto dalle sanzioni quei contraccolpi che Europa e Stati Uniti si aspettavano. La sua potenza militare non sembra essere diminuita e per quanto riguarda le forniture di gas, Putin ha trovato presto altri paesi con cui commerciare, l’India per fare un esempio. Sicuramente le sanzioni non hanno fatto del bene a noi, che abbiamo avuto rincari nelle bollette e, conseguentemente, un aumento dei prezzi di tanti prodotti.

 

Il ruolo europeo nello scacchiere internazionale, si è rafforzato o indebolito nel corso degli ultimi anni? Serve un esercito comune?
Non mi interessa molto parlare in termini di “ruolo forte” se questo significa inserirsi in una logica di competizione sia tra Stati che tra continenti perché noi vogliamo un’Europa che sia un insieme di comunità pacifiche e aperte al mondo, impegnata a collaborare per affrontare gli enormi problemi che da abitanti di questo pianeta ci troviamo a dover risolvere.

 

Un’Europa che si fa promotrice di politiche di guerra e poi si affretta ad alzare muri trasformandosi in una fortezza per respingere chi dalle guerre scappa, non è l’Europa che vogliamo. L’Europa deve essere agente attivo di pacificazione perché in un mondo multipolare le risposte nazionali sono inadeguate. Noi esprimiamo un giudizio severo sulla conduzione politica di questi anni perché l’Europa non ha saputo assumere un ruolo autonomo e autorevole sottomettendosi ai diktat della Nato e dei più forti e portando avanti, dagli accorsi di Maastricht in poi, politiche di austerità, di privatizzazioni e di tagli alla spesa sociale. Il Nuovo Patto di stabilità europeo ne è la prova. Un patto guerrafondaio che impone rigore e tagli per i bisogni reali dei cittadini ma che consente di sforare i parametri di spesa per le armi e la guerra. Purtroppo anche coloro che invocano e sbandierano in piazza le bandiere della pace votano poi le politiche di guerra.

Per quanto riguarda la prospettiva di un esercito europeo, noi la riteniamo da escludere e contrastare. L’Europa non deve diventare un super stato armato fino ai denti pronta ad una guerra permanente, non è questa l’Europa della cooperazione tra i popoli.

 

Nella guerra Israele – Hamas, cosa bisogna fare?

Nei confronti del popolo palestinese è in atto un vero e proprio genocidio che ha come scopo la pulizia etnica di donne uomini e bambini ad opera di uno Stato criminale che impunemente continua a massacrare innocenti sapendo di avere l’appoggio dei signori della guerra statunitensi e europei. Condanniamo la strage del 7 ottobre che non può affatto diventare l’alibi e il pretesto per mettere in atto un progetto di distruzione di un popolo. Come Rifondazione Comunista e nel progetto comune di Pace Terra e dignità da sempre sosteniamo la causa e la resistenza del popolo palestinese da circa 70 anni subisce una politica fatta di oppressione, espulsioni, diritti negati, di risoluzioni Onu contro Israele mai applicate.

 

Chiediamo una Palestina libera, il cessate il fuoco immediato, il ripristino del diritto internazionale e il ruolo degli organismi internazionali per garantire il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Anche l’Europa si impegni a fare da mediatrice garantendo l’invio di aiuti umanitari per togliere dall’inferno donne e bambini e il ritorno alle loro case distrutte dei suoi abitanti.

Va richiesto anche il rilascio degli ostaggi israeliani così come dei prigionieri politici palestinesi, a cominciare da Marwan Barghuti, popolarissimo e stimato leader di Al Fatah, dal 2002 detenuto nelle carceri israeliane.

 

Uno dei punti fondamentali nella prossima legislatura europea sarà la transizione ecologica. Lei ritiene che bisogna accelerarla oppure rallentarla? Quale dovrebbe essere, secondo lei, il primo provvedimento da mettere in campo?
Se per “transizione ecologica” si intendesse – come è scritto nel nostro programma - “un cambiamento radicale nel modo di produrre, di consumare e di vivere”, certamente dovrebbe essere messa in pratica al più presto: da troppo tempo ci vengono imposti comportamenti non solo insostenibili per l’equilibrio del pianeta ma causa di crescente malessere e insoddisfazione nelle persone, in quanto pensati solo nell’ottica del massimo profitto per pochi che vedono negli esseri umani e nella natura non beni da difendere e tutelare ma oggetti da sfruttare.

L’espressione invece viene spesso usata come paravento per continuare con lo stesso modello produttivo con alcuni ritocchi che vadano incontro alla sensibilità nel frattempo maturata tra le persone e diano loro l’illusione di un nuovo corso.
Riteniamo pertanto che la narrazione divulgata sia colpevolmente parziale e che essa risenta degli interessi capitalistici che considera la transizione verde un passaggio sia inevitabile che necessario . Le energie cosiddette ‘pulite’ implicano infatti il ricorso a minerali ‘sporchi’ il cui sfruttamento è tutto tranne che pulito; le energie cosiddette ‘rinnovabili’ si basano sullo sfruttamento di materie prime che  non sono rinnovabili.

Di una visione ben diversa è portatore il nostro programma, molto esplicito sull’unico principio accettabile oggi: gli interventi devono essere ispirati all’economia circolare che punta a non produrre scarti e a ridurre i consumi superflui.

 

A questo principio conseguono obiettivi altrettanto chiari: la riduzione dei consumi energetici negli edifici pubblici e privati ad esempio, attraverso interventi di ristrutturazione energetica non lasciati a carico dei singoli qualora questi non fossero in grado di sostenere i costi iniziali.

 

Per quando riguarda la gestione dei rifiuti, essi devono essere ridotti al minimo /imballaggi inutili, sprechi nel confezionamento dei prodotti, materiali “usa e getta” ecc.), va poi ulteriormente ridotta la quantità di quelli che vengono portati allo smaltimento.

 

La stessa modalità può essere adottata per l’acqua, una risorsa indispensabile per la vita e per lo svolgimento delle attività produttive, di cui la siccità comincia a rendere drammatica la carenza. L’obiettivo principale è ridurre le perdite degli acquedotti, che possono ammontare fino al 60%, dell’acqua catturata dalle falde idriche e gestire le reti con un consumo di energia elettrica molto minore.

Ricordo che l’acqua è un bene comune e ne va garantita la proprietà pubblica. Lo ha sancito il referendum del 2011 del tutto però disatteso, a parte qualche lodevole eccezione. Transizione ecologica significa anche sostenere gli operatori del settore primario che lavorano nella tutela del paesaggio e della fauna, nel rispetto della natura e nella produzione di cibo di qualità. Per quanto riguarda l’agricoltura, pochi mesi fa l’Ue, ritirando il provvedimento sull’uso sostenibile dei pesticidi, ha invece confermato di fare l’interesse delle grandi aziende (e delle lobbies dei fitofarmaci), che sono spesso ad alto impatto ambientale ed anche quelle che ricevono la maggior parte dei contributi europei

 

Il tema della carne coltivata ha fatto molto discutere. La sua introduzione è positiva o negativa? Perché?
Va precisato che l’espressione “carne sintetica” è errata perché indica un alimento proteico ricavato da un processo di coltivazione in vitro di cellule staminali animali, non un prodotto di sintesi.

Con la precisazione non intendo esprimere una valutazione positiva, anzi, vedo questa nuova conquista della scienza alimentare come la conseguenza di un sistema di produzione e di una cultura alimentare che riteniamo totalmente sbagliati. Nasce cioè dalla volontà di coprire un fabbisogno di carne che è andato crescendo ovunque, sul modello statunitense. In particolare noi, in Italia, siamo passati dalla “dieta mediterranea” che veniva considerata una delle migliori al mondo e che era basata sul consumo prevalente di cereali, legumi, frutta e ortaggi e scarsa presenza di carne, ad un sistema di alimentazione costituito da eccessive quantità di carne, oltre che da cibi molto processati e dannosi soprattutto per i bambini, tra i quali – non a caso – sono in preoccupante aumento sia i casi di obesità che di diabete secondario.

 

Ma tornando alla carne, la produzione di carne “sintetica” dovrebbe rappresentare un modo per superare l’enorme problema costituito dagli allevamenti intensivi, grandi produttori di CO2, inquinatori dell’acqua e responsabili di tenere gli animali in condizioni vita inaccettabili. Noi ovviamente siamo assolutamente contrari agli allevamenti, (come alle coltivazioni) intensivi ma crediamo che se non si mette radicalmente in discussione il modello di sviluppo, di produzione e di consumo non può esserci futuro ecologico. Non abbiamo nessun bisogno di scelte solo apparentemente ecologiche ma che in realtà costituiscono un’ “appropriazione coloniale del “cibo sotto brevetto” da parte delle grandi multinazionali dell’agro-chimico-alimentare che, per quanto spaccino i loro prodotti per ecofrendly, nulla hanno di ecologico e sostenibile”. Per questo è necessario liberare da logiche di profitto (quindi dal controllo del capitale privato) tutto ciò che riguarda la produzione o la gestione di beni essenziali come l’acqua, il cibo, la salute, la conoscenza.

 

Gestione della fauna selvatica, orsi e lupi vanno tutelati oppure oggi occorre abbassare il livello di protezione?

Come tutte le situazioni problematiche, anche quella della convivenza tra noi esseri umani con le nostre attività e i grandi carnivori non si può affrontare con il semplicismo delle posizioni polarizzate ulteriormente accentuatesi dopo la morte del giovane runner Andrea Papi, attaccato da un’orsa l’anno scorso, in aprile.

Per trovare le soluzioni è necessario prima chiedersi quali sono le cause che negli ultimi anni hanno reso questa convivenza sempre più problematica. Prima di tutto, la politica di aggressione all’ambiente che quotidianamente vediamo all’opera nel nostro territorio: nuovi impianti sciistici, nuovi collegamenti tra impianti, allargamenti di piste, nuovi bacini per l’innevamento artificiale, nuove strade forestali create per l’accesso ai boschi anche là dove non sono strettamente necessarie, nuovi rifugi in quota e ulteriori cementificazioni in quota fanno sì che l’areale per i grandi carnivori sia sempre più ridotto.

 

La conseguenza sono i nuovi “incontri” con l’uomo, che creano paura e voglia di punizione nei confronti dell’animale, soprattutto se la politica le asseconda anziché cercare soluzioni o trovare modi di rapportarsi a queste eventualità, come fornire indicazioni e istruzioni per una frequentazione consapevole e responsabile della montagna e l’adeguato comportamento da assumere in caso di incontro ravvicinato. La coesistenza possibile tra grandi carnivori e uomini impone adeguamenti costanti e costi correlati, le richieste europee di abbassare il livello di protezione dei grandi carnivori perché non considerati animali in via di estinzione non ci vede favorevoli.

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