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"Voglio riuscire a guardare nuovamente al futuro", la storia di Kawtar arrivata a Trento dal Marocco: "Sono fuggita da un incubo"

La trentaduenne è arrivata in città ad inizio aprile dopo un lungo viaggio caratterizzato da soprusi e violenze. Dopo aver dormito per settimane in strada, ora ha trovato una sistemazione temporanea a Casa Paola: "Ho dovuto lasciare il mio Paese e il mio lavoro, ora sto rimettendo insieme i cocci della mia vita"

Di Federico Oselini - 09 giugno 2024 - 06:01

TRENTO. "Vi sto raccontando la mia storia perchè, nonostante quello che ho attraversato, mi piacerebbe che i sogni che ho nel cuore potessero realizzarsi".

 

Kawtar ha 32 anni e viene dal Marocco. Se n'è andata da sola dal suo Paese per sfuggire ad una terribile situazione familiare, ed è arrivata a Trento ad inizio aprile dopo un viaggio lunghissimo e in cui ha vissuto esperienze durissime.

 

È una delle tante donne che, provenienti da diversi Paesi, arrivano in Italia e si trovano a vivere sospese nel limbo, in attesa di trovare una sistemazione anche solo dove dormire, con il sogno di provare a costruirsi un futuro e una nuova vita, lasciandosi alle spalle in molti casi violenze fisiche e psicologiche e vari soprusi.

 

In città a Trento il fenomeno è in aumento, con i servizi di accoglienza dedicati alle donne a fatica riescono a a far fronte all'emergenza (articolo qui).

 

Incontriamo Kawtar al Centro Sociale Bruno - dove vengono organizzati i corsi di italiano rivolti ai migranti del progetto LiberaLaParola e che nel tempo si è trasformato in spazio di condivisione dove i migranti vengono supportati nel loro processo di inserimento nella società – e quando inizia a raccontarci la sua storia i suoi occhi si fanno lucidi.

 

Quasi a volersi scusare, ci spiega subito: "Sto cercando di rimettere insieme i cocci della mia esistenza, provando a dimenticare quello che ho vissuto in questi mesi".

 

"Tutto è iniziato dopo la morte di mio padre lo scorso anno, in Marocco avevo una vita normale ma poi sono iniziati i problemi" inizia a raccontare Kawtar spiegando che, dopo il lutto familiare, il fratello ha assunto le redini della famiglia: "Voleva obbligarmi a sposare un suo amico, con gli accordi matrimoniali che erano già stati presi senza che io acconsentissi. La persona in questione aveva seri problemi di tossicodipendenza e la sua precedente relazione era andata in frantumi per questo motivo: non ho voluto accettare un simile destino e ho deciso di scappare".

 

Kawtar ci racconta come nel suo Paese avesse un buon lavoro, dal momento che da anni era impiegata in un'azienda del settore automobilistico: "Mi occupavo della realizzazione del cablaggio elettrico delle vetture ed era una buona posizione. È proprio nel contesto lavorativo che si è presentata l'opportunità che ho voluto cogliere: parlando della situazione con il mio responsabile, lui mi propose di accettare un'offerta lavorativa in Serbia che mi avrebbe permesso di lasciare il Paese".

 

La giovane decide quindi di partire, ma le cose però non vanno come sperato: "Una volta giunta in Serbia la possibilità di ottenere il lavoro non si è concretizzata, e mi sono trovata in un Paese sconosciuto e senza la possibilità di fare marcia indietro: seguendo alcuni consigli ricevuti ho quindi deciso di provare a raggiungere l'Italia".

 

Il viaggio però non è semplice, con Kawtar che si unisce ad un gruppo di migranti siriani che percorreva la stessa tratta: "Abbiamo superato il confine con la Bosnia e con mezzi di fortuna siamo arrivati in Croazia dove però sono stata arrestata, rimanendo in carcere per due giorni interminabili e perdendo i contatti con il resto del gruppo. Mi sono poi rimessa in viaggio, arrivando in Slovenia dove sono rimasta in un campo profughi per alcuni giorni, riuscendo poi ad andarmene nuovamente".

 

Con l'obiettivo di raggiungere l'Italia "ormai vicino", Kawtar riesce a superare il confine arrivando in Friuli Venezia Giulia e, dopo alcune notti trascorse all'aperto in alloggi di fortuna decide, seguendo il consiglio di una persona incontrata, di raggiungere in autobus Verona: "Arrivata in un paese della provincia, dopo aver dormito all'addiaccio per alcuni giorni, ho trovato una sistemazione , riparandomi per qualche settimana in uno stabile abbandonato assieme ad altri migranti, molti dei quali di origine marocchina come me".

 

Ed è qui che si trova a vivere la situazione più terribile, "come se tutto quello che avevo passato in precedenza non fosse stato sufficiente".

 

"Alcuni uomini che condividevano con me quella struttura hanno iniziato ad avere comportamenti spiacevoli nei miei confronti" ci spiega Kawtar, con il suo sguardo che, ricordando quegli episodi, si fa via via più cupo: "Uno di loro, in particolare, ha cercato di abusare di me, picchiandomi più volte".

 

La giovane, mentre ripercorre quei momenti con evidente difficoltà, ci mostra il braccio sinistro con ancora visibili i segni delle botte ricevute, quasi come a voler certificare la bruttissima esperienza vissuta.

 

"Ho scelto così di andarmene da quel posto e alcune persone che ho conosciuto in quel frangente - prosegue Kawtar - mi hanno consigliato di provare a raggiungere il Trentino, raccontandomi che si trattava di una zona meno pericolosa e che forse mi avrebbe offerto qualche opportunità in più".

 

Arrivata in stazione a Trento, nei primi giorni di aprile, non riesce a trovare però un riparo dove stare: "Le prime due settimane in città sono state molto difficili, e sono stata costretta a dormire sempre all'aperto. Mi sentivo abbastanza spaesata ma poi ho saputo della possibilità di usufruire di alcuni servizi di accoglienza, con il dormitorio che mi è stato suggerito che però non aveva posti a disposizione. Una signora poi mi ha indirizzato a Casa Paola, dove fortunatamente mi hanno accolta e dove dormo attualmente".

 

In queste ultime settimane Kawtar ci spiega di aver iniziato a prendere confidenza con la città, e ci confida di trovarsi bene nonostante il peso di ciò che ha vissuto sia comunque gravoso: "Ora sono ancora in difficoltà, soprattutto a livello mentale, perchè tutto quello che ho vissuto in questi mesi fatica a lasciare spazio a pensieri positivi e anche guardare al futuro, seppur io sia determinata a farlo, mi risulta difficile. Voglio però riuscirci, magari trovando un nuovo lavoro che mi consenta di riprendere in mano la mia vita".

 

Prima di salutarci Kawtar, che fino a quel momento aveva affidato le sue parole in arabo ad un'interprete, prende uno smartphone appoggiato sul tavolo ed inizia a scrivere una frase su Google Traslate e ce la mostra: "Vi ringrazio per aver ascoltato la mia storia, raccontarla a qualcuno è stato difficile ma molto importante: come ho già detto, spero davvero che anche questo possa far sì che i miei sogni possano, almeno in parte, diventare realtà".

 

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