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Dalla Val di Cembra al Cile, la storia di tre generazioni e una grande fabbrica che oggi riesce a dare lavoro a circa 400 persone
Quella degli Erler è una bella storia di emigrazione di successo. Dall'azienda "La Alpina", è partita la visita in Cile del presidente Ugo Rossi

LA SERENA. Tre generazioni di Erler e una grande fabbrica che riesce a dare lavoro a circa 400 persone. “La Alpina”, questo il primo luogo che il presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi ha deciso di visitare per inaugurare la propria visita in Cile.
Rossi è a capo di una delegazione della quale fanno parte la consigliera Lucia Maestri, il presidente della Trentini nel mondo, Alberto Tafner e il presidente dell'Unione famiglie trentine all'estero, Mauro Verones, il governatore trentino ha infatti visitato a La Serena l'azienda La Alpina fondata e gestita dalla famiglia Erler, originaria della Valle di Cembra. Un vero e proprio gioiello che si sviluppa su diversi ettari attrezzati in stabilimenti e coltivazioni intensive di ortaggi.
Ad accogliere la delegazione trentina, nel frattempo completata dalla presenza del Console onorario Aldo Albasini Broll, del Consultore Omar Daud Albasini, del presidente del Circolo trentino a La Serena, Tullio Albasini.
Dal primo nucleo del mobilificio che ancora oggi sponsorizza la squadra di calcio de La Serena si è passati ad una grande fabbrica che oltre a dare lavoro, come già detto a circa 200 dipendenti, altrettanti ne impiega nell'agroalimentare dove la famiglia Erler ha deciso di puntare per diversificare il business.

Ed è qui che si sono messi in campo importanti investimenti in macchinari e soluzioni d'avanguardia per la coltivazione di carote (gli Erler riforniscono tutti i supermercati cikeni) e la lattuga (di grande effetto la tecnica di coltivazione idroponica adottata).

Quella dei Erler è una bella storia di emigrazione di successo, tutt'altro che scontata se si considerano le condizioni di partenza dei nostri concittadini tutt'altro che favorevoli. Chi partì negli anni Cinquanta ricevette dei lotti in pieno deserto, con un terreno con livelli di salinità elevati e pozzi non funzionanti.
La vicinanza al fiume Elqui rappresentava un potenziale vantaggio ma in ogni caso mancavano i macchinari e persino le case. I primi anni di colonizzazione furono quindi molto duri malgrado gli aiuti, ma col passare del tempo il progetto si rivelò buono e la maggior parte delle famiglie riuscì a produrre derrate alimentari da smerciare nei centri vicini.