Viaggio tra Norcia, Amatrice e Arquata del Tronto tra paesi sventrati e zone "militarizzate" per tenere lontani gli sciacalli
Carabinieri e polizia sbarrano gli accessi a molti borghi, ridotti in macerie dai continui terremoti che ormai da mesi stanno affliggendo il Centro Italia. Norcia è il simbolo della ripresa ma anche lì c'è tanto, tantissimo da fare. Le case sono quasi tutte disabitate

PERUGIA. C'è cauto ottimismo eppure a girare per le strade, quelle aperte al traffico, c'è da restare davvero impressionati. Case completamente abbattute, stalle sfondate, rocce franate. In giro colonne di mezzi dei vigili del fuoco, auto della polizia e dei carabinieri e poi forestali, finanzieri e ai piedi dei borghi più colpiti dai terremoti (chissà perché si continua a usare il singolare visto che anche nei giorni che siamo stati noi giù ne abbiamo avvertiti tre in dieci minuti, tutti intorno al 4 grado di magnitudo e che dal primo grosso terremoto, quello del 24 agosto, a fine gennaio si erano registrate quasi 50.000 scosse) posti di blocco.
Arquata del Tronto, Trisungo, Vezzano sono tutte presidiate da carabinieri o soldati dell'esercito che con camionetta e armi in braccio chiudono l'accesso ai paesi praticamente deserti. Lungo la strada che da Amatrice, anch'essa blindata, almeno dal lato della statale 4 che si percorre se si arriva dall'Umbria (la Tre Valli Umbre, infatti, l'asse principale che collega Norcia a Marche e Lazio è ancora chiusa), ovunque è un via vai di forze dell'ordine, ci sono vari restringimenti perché il terreno è franato, e poi container su container. Intorno al Lago di Scandarello (un laghetto artificiale creato da un diga) ci sono diverse tende da campeggio sparse. Vi vivono gli inquilini delle case disastrate che non vogliono abbandonare la zona. Poi ci sono i borghi dove c'è la possibilità di entrare, che hanno resistito meglio alle scosse e che, quindi, non sono stati rasi al suolo. Ci sono i borghi che stanno provando a rialzarsi, come Norcia.
Tre settimane fa è stato riaperto l'asse principale, quello che collega Porta Romana a Porta Ascolana, ma anche lì tra le strade bellissime e le vie medioevali i primi a farsi incontro sono poliziotti e carabinieri che fanno avanti e indietro per tenere lontani gli sciacalli e i topi di appartamento. Le case, infatti, se pure hanno resistito alla scossa più forte, quella del 30 ottobre, sono quasi tutte inagibili. Sono puntellate, in sicurezza, ma le crepe le rendono inabitabili e quindi non c'è vita. O meglio, non la vita c'è: è quella operosa di ingegneri, tecnici della protezione civile, negozianti che telefonano che fanno la stima dei danni, che parlano con imbianchini e muratori. C'è il fruttivendolo che ha riaperto i battenti, qualche norcineria, negozi di prodotti del posto, straordinari prosciutti, fantastici tartufi, ottime paste.

Eppure basta uscire dalla cinta di mura, in parte franata ma ancora solida e orgogliosa, per raggiungere la zona industriale e rendersi conto di come i terremoti abbiano piegato anche la filiera economica e produttiva. Fabbriche, spacci, capannoni sono, nelle migliori delle occasioni, puntellati in ogni lato, nelle peggiori rasi al suolo. E anche dirigendosi verso Preci lo spettacolo è identico. Gli animali trovano ripari sotto tensostrutture e tendoni perché le vecchie stalle sono tutte sfondate.
E puntellata è anche la bellissima Basilica di San Benedetto, posizionata in pieno centro a Norcia. Di questa straordinaria chiesa resta solo la facciata, il resto è finito in sacchi di liuta e cumuli di detriti. Una facciata che, però, è una vera opera d'arte anche se puntellata. Una facciata tardogotica simbolo della città e del suo orgoglio comunale. Un orgoglio che non si piega perché Norcia riparte, come c'è scritto anche sulle magliette, sui manifesti: l'ha sempre fatto. Solo nel '700 la basilica di San Benedetto cadde tre volte e per tre volte i monaci celestini che abitavano nell'attiguo monastero la ricostruirono. Pur provate le genti del Centro Italia non si arrendono. Ma c'è ancora tantissimo da fare.