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Guerra in Ucraina, dall'aumento dei costi dell'energia alla carenza di materie prime. Per il 15% delle imprese trentine stop, anche solo parziale, della produzione
Per far fronte alle difficoltà l'’85% delle imprese nazionali e provinciali hanno rivisto i prezzi di vendita in modo da contenere la riduzione della marginalità. La seconda azione introdotta in maniera più intensa dalle imprese nazionali (53% delle imprese) rispetto a quelle provinciali (42% delle imprese) è la ricerca di nuovi mercati di approvvigionamento

TRENTO. Da un lato l'impatto dell'aumento dei costi dell'energia che ha creato non pochi problemi ma dall'altro anche una capacità importante da parte delle aziende trentine di essere resilienti e con catene di fornitura più robuste e diversificate.
Sono queste le principali evidenze relative allo scenario trentino emerse dall’indagine diffusa da Confindustria per valutare le principali ripercussioni del conflitto tra le imprese nazionali.
La rielaborazione dei dati raccolti nell’ambito dell’indagine evidenzia che il primo effetto ritenuto impattante in termini di stabilità produttiva, per il 93% delle imprese rispondenti, è l’aumento dei costi di energia e delle materie prime.
“Rispetto al dato nazionale – rileva il direttore generale di Confindustria Trento Roberto Busato -, il nostro dato provinciale evidenzia che il problema dei costi dell’energia risulta accentuato rispetto a quello dei costi delle materie prime. Solo il 3,8% delle imprese trentine non lo reputa importante. Oltre il 16% delle imprese trentine invece non giudica importante l’impatto dell’aumento del costo delle materie prime”.

Un aspetto, questo, che unito alla difficoltà di approvvigionamento di materie prime, sta causando l’interruzione, anche solo parziale, della produzione nel 16% circa delle imprese italiane e nel 15% delle imprese provinciali. Il dato nazionale e quello provinciale si sovrappongono inoltre sulla percentuale di riduzione complessiva della produzione, che nella quasi totalità dei casi rimane sotto il 20% sul totale produttivo.
Rispetto alla media nazionale, le imprese trentine capaci di far fronte a questa situazione senza sostanziali interruzioni di produzione registrano un grado di resilienza più alta: in Trentino, circa il 50% delle imprese afferma di avere un orizzonte di tenuta di oltre un anno, contro il 33,8% del dato nazionale. A livello nazionale il 36% delle imprese afferma di essere coperto fino a tre mesi, contro il 18% di quelle provinciali.
Per far fronte alle difficoltà create, o in certi casi acuite, dal conflitto Russia-Ucraina, l’85% delle imprese nazionali e provinciali hanno rivisto i prezzi di vendita in modo da contenere la riduzione della marginalità. La seconda azione introdotta in maniera più intensa dalle imprese nazionali (53% delle imprese) rispetto a quelle provinciali (42% delle imprese) è la ricerca di nuovi mercati di approvvigionamento: sinonimo di catene di fornitura provinciali più robuste e diversificate rispetto alla media nazionale.
Il 26% delle imprese nazionali ha utilizzato il credito e la ricerca di linee finanziarie e agevolative per riuscire a far fronte alla mancanza di liquidità. “Anche in questo caso – conclude Busato - le aziende trentine risultano essere più prudenti, con la percentuale che si attesta al 18%, sinonimo di un maggior ricorso all’utilizzo di mezzi propri nel caso di situazione impreviste”.