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Il mistero dell'arma da guerra, gli spari e l'omicido suicidio, la ricostruzione del dramma di Folgaria
Il primo litigio tra Toller e il figlio della sua compagna Renata Pighetti, Alessandro. Il tentativo di calmarlo e di riportarlo alla ragione. Lo sparo dal balcone che colpisce Alessandro e il suicidio di Massimo. L'irruzione in casa dei carabinieri. E quelle armi mai denunciate: i carabinieri vogliono scoprire come mai Massimo Toller avesse con sé una P38

FOLGARIA. La dinamica che in pochi minuti ha messo fine alle vite di Alessandro Pighetti e di Massimo Toller è chiara, tanto che il giudice non chiederà nemmeno l'autopsia e nelle prossime ore darà il nulla osta per i funerali. Rimane il mistero delle armi usate, una P38 e una carabina calibro 22.
Armi possedute illegalmente e mai denunciate. Se il fucile, un Voere da tiro sportivo o da caccia, poteva esser stato ereditato dal padre cacciatore, i carabinieri vogliono far luce sul possesso della P38, una Walther della seconda guerra mondiale ancora funzionante, un modello commercializzato anche dopo il Secondo conflitto e usato anche dai terroristi degli Anni di Piombo.
Una pistola da guerra che non si riesce a capire come sia entrata nella disponibilità di Massimo Toller. Per questo gli investigatori stanno indagando, al fine di risalire al fornitore dell'arma. Arma che è stata trovata nell'auto di Pighetti, riposta nel cruscotto, pronta per essere consegnata alle forze dell'ordine dopo averla tolta a Toller nel pomeriggio.
Ma ricostruiamolo il pomeriggio della tragedia di Costa di Folgaria, iniziato verso le 16 e concluso in un bagno di sangue alle 19, con la scoperta dei cadaveri alle 21. Il primo litigio tra Toller e il figlio della sua compagna Renata Pighetti, Alessandro. Il tentativo di calmarlo e di riportarlo alla ragione. Lo sparo dal balcone che colpisce Alessandro e il suicidio di Massimo. L'irruzione in casa dei carabinieri.
A metà pomeriggio Massimo Toller e Alessandro Pighetti hanno un litigio. E' a questo punto che Toller punta la pistola, la P38. Pighetti lo disarma, esce di casa, ripone la pistola nel cruscotto della macchina e telefona alla madre, che raggiunge al lavoro.
Decidono di tornare a casa per parlare con Massimo Toller. Un nuovo litigio, l'impossibilità di calmarlo e la scelta di uscire di casa, forse con l'intenzione di recarsi dai carabinieri per consegnare la pistola e raccontare la vicenda.
Alle 19 lo sparo. Mentre madre e figlio escono di casa, quando sono nel piazzale sottostante all'abitazione, Massimo Toller raggiunge il balcone imbracciando la carabina: spara. Colpisce Alessandro allo zigomo, in pieno volto.
Momenti concitati. La madre inizia a gridare, suo figlio cerca di tornare in casa, forse nel tentativo di disarmare nuovamente Toller, per impedire che possa far male a sua madre. La donna che vorrebbe raggiungere il figlio ma che viene convinta a non avvicinarsi da un vicino di casa.
Nell'appartamento ci sono Massimo Toller e Alessandro Pighetti. Fuori, in strada, la madre. Arriva una telefonata ai carabinieri e parte la mobilitazione di sanitari e forze dell'ordine. Si teme che l'uomo possa tornare sul balcone e sparare ancora. La zona è isolata, i vicini evacuati. Si tagliano gas e luce per evitare esplosioni.
Alle 21 la decisione di fare irruzione e la scoperta dei due cadaveri. Massimo Toller si è sparato, rivolgendo contro di sé il fucile che aveva usato per uccidere Alessandro Pighetti, morto dissanguato una volta tornato nell'abitazione.
La madre, soccorsa dai sanitari, è stata ricoverata all'ospedale Santa Chiara. Non è ancora in grado di incontrare il magistrato e raccontare la terribile giornata. Solo lei potrà far luce sui dettagli, spiegare le ragioni, i motivi di questo litigio culminato con la morte di suo figlio e dell'uomo con cui viveva.