Violenza di gruppo di Maso Ginocchio, dov'è il beneficio del dubbio? Dal tentato suicidio in carcere di uno degli accusati al racconto di chi lo ha conosciuto prima dell'arresto
"Noi non possiamo che avere un buon ricordo di lui. Siamo rimasti scioccati quando sono venuti a prenderlo". Kenneth Obasuyi ha tentato di togliersi la vita a Spini e continua a ribadire la sua innocenza. Prima di quella sera lavorava al Simposio. Li abbiamo tutti giudicati e condannati senza nemmeno l'inizio di un processo. E' giusto?

TRENTO. Kenneth Obasuyi ha provato a togliersi la vita in carcere, qualche settimana fa. E' uno dei ragazzi nigeriani che sono stati accusati di quella terribile violenza di gruppo avvenuta a Maso Ginocchio il 24 novembre e che sarebbe stato riconosciuto dalla donna violentata. Accusati e, pare, già condannati da tutti, stampa e politica in primis. Addirittura la Provincia, per bocca del presidente Rossi e dell'assessore Zeni, ha " immediatamente revocato l'accoglienza ai richiedenti asilo accusati della violenza". Un atto repentino e deciso che, per carità, ha strappato applausi e consensi dai tifosi di ogni curva, ma il processo? Lo stato di diritto? E se alla fine uno di questi ragazzi risultasse innocente?
Impossibile direte voi e la polizia, sul fatto è parsa molto sicura, effettivamente, parlando di riconoscimento "senza ombra di dubbio" e di "carnefici", riferendosi ai quattro ragazzi. Già quattro: l'ultimo è stato preso ieri e proprio il suo arresto riaccende quel dubbio che a noi era venuto dopo il tentativo di suicidio.
Perché? Perché dei quattro fermati, tre (compreso l'ultimo) provenivano dalla residenza Fersina mentre Obasuyi viveva nella struttura d'accoglienza di via Brennero. Perché? Perché abbiamo provato a ricostruire un po' la vicenda, a capire chi fosse questo ragazzo di 23 anni, nigeriano, che, a detta di tutti quelli che lo frequentavano e lo conoscevano, veniva definito una persona tranquilla, che stava seguendo pedissequamente i percorsi di accoglienza e che, soprattutto, non faceva comunella con nessuno, non conosceva i ragazzi della residenza Fersina e appariva tutto tranne un tipo da "branco".
Era un ragazzo che stava facendo un tirocinio in un ristorante di Trento, il Simposio, dove era stimato e ben voluto e che la sera, dopo il lavoro, inforcava immediatamente la sua bicicletta e andava dritto alla struttura di accoglienza di Trento Nord dunque in direzione opposta rispetto a quel Maso Gionocchio (che invece sarebbe perfettamente lungo la strada per la residenza Fersina) dove è avvenuta quella terribile violenza.
"Quella sera Kenneth aveva lavorato qui da noi in maniera serena - racconta Andrea Bosisio proprietario del Simposio il locale dove il giovane stava lavorando nell'ambito dei progetti di accoglienza e integrazione -. Come sempre era stato bravo e puntale. E ha continuato a lavorare senza alcun problema, senza lasciar trapelare nulla, con serenità e professionalità, anche i giorni a seguire. Infatti la polizia è entrata nel ristorante il primo dicembre per prenderlo, quindi il venerdì della settimana successiva ai fatti per i quali lo accusano. E in quella settimana che è trascorsa tra quel che avrebbe fatto e l'arresto è sempre rimasto uguale, non ha fatto trapelare nulla. Mai una battuta fuori posto. Era gentile ed educato. Noi non possiamo che avere un buon ricordo di lui. E anzi, quando sono venuti a prenderlo per noi è stato un shock, lo ammetto. All'inizio abbiamo pensato a un controllo documenti, magari quelli del tirocinio. E invece c'hanno detto che lo portavano via. L'hanno ammanettato ancora vestito da cucina e l'hanno portato via così, con gli zoccoli da cucina ai piedi".
Caratterialmente tutti raccontano che Obasuyi è un ragazzo timido e riservato, cortese, che non beve e non si lascia andare facilmente. E invece quella sera, finito il lavoro, avrebbe preso la sua bici, avrebbe "tradito" ogni abitudine e sarebbe andato verso Maso Ginocchio per rendersi partecipe del più terribile degli atti da "branco". "Quella sera non sappiamo bene a che ora sia uscito dal lavoro - prosegue Bosisio - lui normalmente se ne andava tra le 22.30 e le 23 perché restava a pulire la cucina, a metterla in ordine. Quel giorno avevamo avuto delle lauree e quindi la cucina aveva chiuso un po' prima. Il cuoco sarà andato a casa tra le 22 e le 22.30 e lui di conseguenza, poco dopo". Praticamente quasi nello stesso momento in cui avveniva la violenza. Ora Obasuyi era in bici quindi sarebbe riuscito ad arrivare sul posto in tempo per compiere quell'orribile gesto e forse è stato davvero così.
Ma il dubbio noi ce lo vogliamo porre. Un tipo timido e introverso, che non faceva comunella facilmente, prende la bici dopo il lavoro, dove si sta guadagnando la fiducia e la stima di tutti, per andare a compiere una violenza di gruppo con ragazzi di una struttura che non è la sua. "E il dubbio ce l'abbiamo tutti noi che lo abbiamo conosciuto - conclude il proprietario del Simposio -. E poi perché questo ragazzo che aveva appena trovato un lavoro, una sistemazione, che avrebbe avuto sicuramente la conferma da noi perché era bravo e tranquillo, avrebbe rovinato tutto con una cosa del genere. Ci sembra davvero assurdo". Quel che è accaduto, in realtà, una violenza di gruppo così efferata con tanto di minacce con bottiglie rotte e l'utilizzo di preservativi (fatto che potrebbe far pensare a una premeditazione), è per definizione talmente orribile e vile che di assurdo ha tanto, tantissimo, forse tutto.
E quindi noi non vogliamo dire che Obasuyi sia innocente. Non lo sappiamo e non pretendiamo di saperlo. Forse è il più colpevole dei quattro. Ma vorremmo che valesse il beneficio del dubbio anche per un ragazzo venuto dalla Nigeria che qui non ha nessuno interessato a battersi per lui e che è facilissimo additare come un mostro senza che nemmeno sia iniziato un processo. La Provincia, in primis, lo ha fatto escludendoli subito dall'accoglienza, condannandoli così a difficoltà infinite anche in caso di assoluzione. Conta poco forse. O forse conta più di tutto. Sicuramente per quel ragazzo qualcosa vuol dire visto che ha tentato di uccidersi mentre a Spini continua a gridare alla sua innocenza.