Coronavirus, “Se il bimbo è positivo al tampone antigenico non vale per la quarantena della classe?”, la lettera di una madre
Tamponi antigenici e molecolari, a scuola c’è ancora confusione ma si fa largo l’ipotesi che i positivi ai test rapidi sfuggano dai conteggi per mettere le classi in quarantena. La lettera di una mamma: “Le maestre hanno il divieto tassativo di avvisare i genitori di eventuali contagi. Credo sia molto grave”

TRENTO. I dati di pochi giorni fa (aggiornati al 22 novembre) parlano di 153 classi in isolamento, con 13 casi in corso di accertamenti, ma il sospetto è che il numero dovrebbe essere più alto. Di certo lo sarebbe stato se a un certo punto la Provincia non avesse deciso di mettere in isolamento solo le classi dove si registrano almeno due casi di positività, anziché uno com’era in precedenza. Ora però, accanto agli altri problemi (articoli QUI e QUI) si fa largo anche il sospetto che i bambini positivi al test antigenico (cosiddetto rapido) sfuggano non solo al bollettini ufficiali ma anche dal conteggio necessario per chiudere temporaneamente una sezione e si moltiplicano le testimonianze in questo senso.
“Credo sia un fatto molto grave che le famiglie non vengano avvisate tempestivamente qualora in una delle classi frequentate dai loro figli ci siano dei compagni positivi. Fatto ancora più assurdo è che la stessa scuola non ne sia a conoscenza ma ci si debba affidare alla buona volontà dei genitori”. A parlare è una madre di Trento con una figlia risultata positiva al coronavirus la scorsa domenica, 15 novembre, responso ottenuto tramite test antigenico. “Quando sono comparsi i primi sintomi ho portato mia figlia di tre anni a fare il tampone, il responso di positività è arrivato in tarda serata. Il giorno seguente, lunedì mattina, alle 6e30 ho avvisato le insegnanti per permettere loro di organizzarsi in tempo per l’arrivo dei bimbi a scuola”. Nel frattempo il resto della famiglia si mette in isolamento e fa il tampone, sono tutti negativi. Quest’ultimo un dettaglio che potrebbe confermare come il contagio sia avvenuto a scuola.
“Quattro giorni più tardi – la mattina di giovedì 19 novembre precisa la madre – ho ricevuto una mail dalla coordinatrice pedagogica del distretto di riferimento, con la quale sono stata informata che nella sezione di mia figlia c’era un bimbo positivo (per motivi di privacy non viene specificato se si tratta di un maschio o una femmina ndr) e che il servizio scolastico come previsto dalle nuove regole avrebbe proseguito regolarmente. Peccato che io fossi già a conoscenza di un’altra bambina della sezione risultata positiva con tampone molecolare effettuato in ospedale il giorno precedente”.
Come riportato dalla mamma, la figlia di 3 anni risulta positiva al tampone antigenico domenica 15 novembre, pochi giorni più tardi, mercoledì 18 novembre, un altro bambino risulta positivo al coronavirus questa volta però al tampone molecolare. La mattina di giovedì 19 novembre, tramite mail, i genitori della sezione vengono messi al corrente del fatto che c’è un bambino positivo. Ricapitolando: a metà settimana i bambini positivi al coronavirus sono sicuramente due, ma benché la scuola fosse stata avvisata già il lunedì 16 novembre del primo caso (positiva all’antigenico) la comunicazione ufficiale scatta solamente quattro giorni più tardi quando un bambino risulta positivo al tampone molecolare.
“Allarmata e incredula rispondo subito alla mail di giovedì con tutti i riferimenti di mia figlia, ormai positiva da giorni, per segnalare che i casi sono due e che la didattica andrebbe sospesa immediatamente per la sicurezza di tutti”. Approfondendo le informazioni la madre scopre che già prima che la figlia manifestasse i primi sintomi una famiglia della stessa classe era finita in isolamento, ma anche che “le maestre hanno il divieto tassativo di avvisare i genitori di eventuali positività” e soprattutto che le stesse insegnanti avevano saputo della positività della figlia di 3 anni esclusivamente da lei. “Dopo la mia mail, nel pomeriggio di giovedì 19 novembre, arriva una nuova comunicazione che parla ancora di un solo caso di positività ma questa volta specifica che la sezione di mia figlia verrà messa in isolamento cautelativo”.
Delle due l’una: o il responso al test rapido è arrivato molto in ritardo (ben quattro giorni dopo, ma ciò non spiegherebbe perché la scuola continua a parlare di un solo caso), oppure il distretto scolastico si è attivato solo successivamente alla segnalazione della madre, ma in questo caso sarebbe dimostrato che i test antigenici non vengono presi in considerazione per mettere in isolamento le classi.
“Se io non avessi avvisato, le maestre non avrebbero mai saputo della positività di mia figlia – spiega la donna, che aggiunge – confrontandomi con alcune di loro mi è parso evidente il disagio etico che sono costrette ad affrontare. Pur sapendo di una positività le insegnanti non potevano avvertire le famiglie. Le maestre fanno tutto ciò che possono e a loro sono affidati i nostri figli ma delle regole troppo rigide impediscono di tutelare la sicurezza di tutti, bambini, famiglie e maestre che oltre a questo sono sottoposte a una situazione di profondo disagio. Sono consapevole della complessità della situazione legata al Covid, ma mi domando se il patto di corresponsabilità tra genitori e scuola, firmato il primo giorno di scuola materna, sia reciproco o unilaterale? Possibile che la salute di minori, personale scolastico e famiglie coinvolte non conti se il positivo ha fatto il tampone rapido?”.