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Insolventi e impossibilitate a chiedere prestiti, sono oltre mille le aziende trentine a rischio usura
Sono aziende segnalate alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia e che pertanto, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, molto più delle altre, di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai

TRENTO. Aziende segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Una “bollinatura” che, per legge, non consente a queste aziende di accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale. Pertanto, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, molto più delle altre, di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai.
Sono oltre mille, secondo i dati forniti dalla Cgia di Mestre, le aziende che si trovano in questa situazione in Trentino. Sono poco meno di 176.400, invece, a livello italiano, quelle che si trovano in sofferenza.

Come era prevedibile, a livello provinciale il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 31 marzo scorso, Roma era al primo posto con 13.310 aziende: subito dopo scorgiamo Milano con 9.931, Napoli con 8.159, Torino con 6.297, Firenze con 4.278 e Brescia con 3.444. Le province meno interessate da questo fenomeno, invece, sono quelle che, in linea di massima, sono le meno popolate: come Belluno (con 360 aziende segnalate alla Centrale Rischi), Isernia (333), Verbano-Cusio-Ossola (332) e Aosta (239). Se analizziamo i dati per ripartizione territoriale ci accorgiamo che l’area più a “rischio” è il Sud: qui si contano 57.992 aziende in sofferenza (pari al 32,9 per cento del totale), seguono il Centro con 44.854 imprese (25,4 per cento del totale), il Nordovest con 43.457 (24,6 per cento del totale) e infine il Nordest con 30.070 (17 per cento del totale).
Sebbene con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria non sia possibile dimensionare con precisione il fenomeno dell’usura, dopo la forte contrazione registrata tra il 2016 e il 2018, successivamente le stesse sono tornate a crescere. Ancorché il numero assoluto sia molto inferiore delle punte registrate nella prima parte del decennio scorso, secondo il Ministero dell’Interno nel 2020, annus horribilis dovuto alla pandemia, le denunce sono salite a 222 (+16,2 per cento rispetto al 2019).
Da sempre le scadenze fiscali fungono da ”innesco”, spingendo molte piccole aziende in difficoltà economica a “contattare” usurai o organizzazioni criminali per acquisire la liquidità necessaria per onorare questi impegni. Quest’anno, poi, il mese di settembre è in assoluto il più ricco di scadenze fiscali, anche perché riprende l'attività di riscossione e notifica di nuove cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate.