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Trappole per uccidere i lupi per soffocamento ed esche per attirarli. Dopo faticose indagini (anche con Dna) rintracciato il presunto colpevole
Per la tipologia delle esche utilizzate e per la fattura delle trappole, la volontà dell’autore era sicuramente quella di uccidere grandi carnivori come i lupi e il metodo utilizzato risultava particolarmente cruento, in quanto atto a provocare la morte per lenta asfissia da strangolamento o per gravi lesioni agli arti, a seguito di prolungate sofferenze

BELLUNO. Esche e trappole ''non convenzionali'' che sarebbero servite per attirare e uccidere grandi carnivori come i lupi, che in quell'area risultano stanziali da alcuni anni. E' stato rintracciato, dopo una complicata indagine ad opera della polizia provinciale di Belluno, l'uomo che, per gli inquirenti, sarebbe l'autore di un sito illegale per la cattura di animali selvatici.
Lo scorso mese di gennaio, nell’ambito dell’attività di monitoraggio della fauna selvatica e di controllo e vigilanza nelle aree rurali e boschive, gli agenti della polizia provinciale di Belluno rinvenivano, in un’area boscata delle Prealpi bellunesi, tale postazione. Per la tipologia delle esche utilizzate e per la fattura delle trappole, la volontà dell’autore era sicuramente quella di uccidere grandi carnivori come i lupi e il metodo utilizzato risultava particolarmente cruento, in quanto atto a provocare la morte per lenta asfissia da strangolamento o per gravi lesioni agli arti, a seguito di prolungate sofferenze.
Sarebbe stata, infatti, la trappola del laccio, quella usata dal bracconiere che si stringe attorno al collo dell'animale uccidendolo per soffocamento e per le ferite inferte o, dopo avergli stretto una delle zampe, per le gravi lesioni provocate dal movimento del povero animale catturato.
La polizia provinciale, sotto la direzione del pubblico ministero, ha immediatamente avviato un’intensa attività d’indagine, che ha visto utilizzare, accanto a tecniche investigative tradizionali, anche sofisticate analisi volte a identificare il Dna di materiale biologico repertato sull’impianto di cattura, per confrontarlo con campioni prelevati nell’abitazione della persona indagata. Il numero degli elementi concordanti raccolti ha quindi portato alla denuncia a piede libero di un quarantenne residente in Val Belluna quale presunto autore del fatto, per le ipotesi di reato di caccia con mezzi vietati e tentata uccisione di animale.