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Quando a Trento si imitavano i film di Charlie Chaplin (FOTO): la storia dello studio Albertini raccontata in un documentario
Tra fotografia e cinematografia, il Foto studio Albertini rappresenta un’istituzione della città di Trento. Un documentario (in produzione) di Lorenzo Pevarello racconta attraverso le parole di Mario Albertini Jr. la vicenda dell’attività aperta negli anni ’20 dal padre. Il regista: “Fu uno tra gli studi fotografici più innovativi, affiancando anche la passione per il cinema”

TRENTO. Nella Trento degli anni ’20, un gruppo di giovani imitava le comiche alla maniera di Charlot, indimenticabile personaggio di Charlie Chaplin. Nella località alle Ghiaie o sui binari delle arcate che sovrastano l’attuale ospedale Santa Chiara, una cinepresa a manovella incideva su pellicola quelle immagini, giunte a noi grazie al figlio di uno di loro. Sono immagini straordinarie, in cui si riconoscono i luoghi tanto familiari ai trentini.
Protagonisti di questa storia, raccontata dal regista Lorenzo Pevarello in un documentario in produzione per la Fondazione Museo storico del Trentino, sono un padre e un figlio, accomunati dallo stesso nome e dalle stesse passioni: la fotografia e il cinema.
“Quella del Foto studio Albertini è la storia di uno degli studi fotografici più innovativi del tempo – spiega Pevarello – furono tra i primi infatti, in un’epoca pioneristica del cinema, a dedicarsi anche ai filmati. Ora, gli album di famiglia e l'attrezzatura, prezioso lascito, verranno consegnato agli archivi della Fondazione Museo storico del Trentino”.
È lo stesso protagonista, Mario Albertini Junior, a raccontare al regista la genesi di questa lunga e incredibile storia. “Siamo nel 1921 quando mio papà, assieme a un gruppo di amici, comincia a fare delle riprese di scenette alla maniera di Charlot con una cinepresa da 35 millimetri a manovella. Sono pellicole molto brevi, in cui bisognava fare grande attenzione alla velocità con cui girare la manovella, per evitare che le immagini fossero troppo lente o troppo veloci”.
“Dopo aver lavorato da meccanico lavorò presso alcuni studi fotografici, tra cui quello di Unterveger, uno dei più importanti fotografi italiani del tempo – prosegue – a quel tempo vivevamo nel Fossato del Teatro, in quel quartiere del centro storico che dal 1932 sarebbe stato sventrato (quartiere del Sass, ndr). Fu lì che cominciò a lavorare per conto proprio, con un proprio studio, e lì io ebbi modo, invece, di avvicinarmi al teatro e al cinema”.

Sono passioni ereditate, quelle del figlio Mario, con cui nel corso della sua vita avrà modo di cimentarsi. Negli anni ’30, intanto, suo padre scatta fotografie ai militari che affollano le tante caserme presenti in città. “Ricordo i soldati contentissimi, con mio padre che s’era fatto confezionare da un sarto delle divise fuori ordinanza che venivano ogni volta indossate con tutte le possibili mostrine, a seconda del reparto in cui si trovavano. Nel vicolo, fuori dallo studio, c’era la coda per farsi fotografare”.
Oltre alle foto dei soldati, Albertini venne perfino chiamato a immortalare le immagini delle grandi esercitazioni militari fatte negli anni del regime dall’esercito in alcune valli trentine. “Seguì come fotografo le grandi manovre in Val di Non, in Val di Sole e alla Mendola. Anche in Val di Stava, dove ricordo che mi portò con sé”.

Di questo si parlerà martedì 8 novembre 2022, alle ore 18 alle Gallerie di Piedicastello, nell’incontro “La città e il Trento Film Festival. I materiali cinematografici della famiglia Albertini”. Ospiti, oltre allo stesso Mario Albertini del Foto studio Albertini e al regista del documentario Lorenzo Pevarello, Daniele Pera della Soprintendenza della Provincia di Trento e Elena Tonezzer della Fondazione Museo storico del Trentino. Modera Sara Zanatta.
