
''Convinti dalla comunità con la raccolta di 800 [...]

Rovereto sempre più in difficoltà, raffica di chiusure [...]

Comuni trentini, per i dipendenti stipendi al palo. [...]

Dal Trentino il super-impianto per il riciclo della gomma [...]

Maxi truffa sull'energia rinnovabile, l'indagine avviata [...]

Chiedeva aiuti statali e contributi Covid19 presentando [...]

Al posto del ristorante "La Lanterna" arriva la "Locanda [...]

Pubblico impiego, i sindacati alla Pat: "Si parta dalla [...]

In barca dal lago di Garda a Venezia, il progetto [...]

Noleggio piattaforme aeree: il modo più efficiente per [...]
Il regalo di Berlusconi a Putin scatena le polemiche ma pronto a partire per la Russia c'è anche il Marzemino con una richiesta recapitata a un vivaista trentino
Ci sono 40 mila barbatelle pronte da impiantare con destinazione Crimea. Intanto da oggi in valle dei Laghi vengono organizzate diverse degustazioni di vino, forse il confronto con il presidente russo è impari, ma molto meno imbarazzante

TRENTO. Il nascente governo Meloni, le bizze e le esternazioni di Berlusconi e i regali di vino a Putin. Sembra un siparietto da avanspettacolo, con alcune bottiglie di Lambrusco che scatenano polemiche. Il tutto mentre la Russia vuole potenziare al massimo il suo vasto patrimonio vitivinicolo chiedendo addirittura anche viti di Marzemino. Putin, tra l’altro, preferisce un vino rosso decisamente trentino: il Rebo.
Marzemino destinazione Crimea, 40 mila barbatelle pronte da impiantare. Questa la richiesta recapitata nei giorni scorsi a Marco Vacchetti, vivaista trentino di Pietramurata, nel Basso Sarca, grande sperimentatore, in aggiunta a diverse tipologie di viti ibride (Solaris e Johnniter) per produrre vini fa uve coltivate senza ricorrere a trattamenti chimici.
Marzemino, bistrattato in Trentino e bramato in Russia? Chissà perché e in base a quali criteri viticoli gli enologi russi chiedono questa varietà autenticamente della Vallagarina. Una miriade di cantine dei territori ucraini invasi - la Crimea è penisola nel mar Nero, zona annessa alla Russia dal conflitto del 2014 - continua a chiedere forniture di barbatelle (le piantine di vite) di varietà internazionali, ma anche particolari "cultivar" caratteristiche dei territori dolomitici.
Anche perché i ristoratori russi devono fronteggiare rincari del 40% sul prezzo dei vini d’importazione - che giungono nelle enoteche dopo triangolazioni commerciali complicatissime - orientandosi così verso le bottiglie di vino "autarchico" prodotto in Russia. Ma per soddisfare le richieste interne bisogna progettare nuovi quanto vastissimi vigneti. Gli spazi certo non mancano. Neppure i finanziamenti e la carenza è solo di barbatelle indenni da malattie. Varietà certificate che riescono a garantire i vivaisti.
In Crimea si coltiva - e la richiesta è in continuo aumento - anche un altro vitigno decisamente trentino: il Rebo, incrocio ottenuto negli Anni ’30 da un genetista di Padergnone, minuscola borgata sul lago Toblino e Madonna di Campiglio. Vite e vino Rebo, dal nome del suo "creatore" Rebo Rigotti. Che riuscì ad incrociare Merlot con Teroldego, per poi vendemmiare uve a bacca rossa, pregne di carattere e di facile coltivazione. Anche in terre lontane dalla Dolomiti. Adesso, Crimea compresa. Non a caso il Rebo è vino rosso tra i prediletti di Putin.
Il presidente russo lo ha offerto a quello francese, in uno dei primi incontri con Macron, nel tentativo di scoraggiare l’invasione russa in Ucraina. Vino Rebo vinificato con tutti i carismi del caso nella tenuta di Usaba Divnorskoye, cantina custodita in una delle dimore predilette da Putin, un palazzo che fu al centro dell’ultima inchiesta di Navalny.
Torniamo al regalo di Berlusconi, le bottiglie di Lambrusco, vino in queste ora al centro della cronaca politica. Lambrusco, una donazione che certo non s’addice aal belligerante Zar, di grandissimo intenditore di vini, specialmente di quelli delle cantine più esclusive. Lo confermano autorevoli e documentate fonti giornalistiche e la stampa internazionale. Anche quella che si occupa più di vino che di strategie belliche o di colloqui bilaterali tra potenti, relazioni o appuntamenti conviviali russo/italici.
Putin ha ospitato più volte anche Silvio Berlusconi. Tra i festeggiamenti compare spesso il buon bere. Si ricorda la visita di Berlusconi nel settembre 2015 all’azienda vinicola Massandra, in Crimea, cantina fondata nel 1786 e ritenuta la più blasonata della Russia. Si estende per oltre 11 mila ettari, ha 8 specifiche cantine e una potenza produttiva difficilmente quantificabile.
Custodisce tra la vastità dei vigneti residenze e testimonianze zariste. Legami storici con antichi coloni d’origini liguri, monaci genovesi che portarono sulle sponde del Mar Nero varietà di viti occidentali, piante che a loro volta s’incrociarono con viti ancestrali, tipologie nate proprio sulle pendici caucasiche del monte Ararat, la culla viticola per eccellenza. Cantina ora decisamente putiniana, dove riposano bottiglie dal valore inestimabile, decisamente molto più longeve e fascinose di un onesto Lambrusco.
Putin, Berlusconi e il vino. Si narra che a suo tempo sia stata stappata una bottiglia di un Jeres de la Frontera - vino spagnolo di valore assoluto, Sherry incredibilmente ancora vitale - imbottigliato nel lontano 1775. Come dire: oltre 240 anni e non sentirli. E ancora. Il canale satellitare russo RT ha messo su YouTube un video dove compare Berlusconi che prende in mano una bottiglia del 1891 e chiedere in inglese a Putin "possiamo berla?". Altro che Lambrusco.
Chiudiamo con una considerazione prettamente enologica. Stappando una bottiglia di Rebo - magari di Reboro, stessa varietà, rosso più importante, potente e longevo, ottenuto con uve fatte parzialmente appassire sui graticci, da oggi al centro di degustazioni in Valle dei Laghi - forse il confronto sarebbe stato comunque impari, ma meno, molto meno imbarazzante.