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L’allarme dell’Associazione: “Le piene del Sarca? Favorite dai cambiamenti climatici servono strategie preventive”
Quella di inizio ottobre è stata la peggiore piena degli ultimi 20 anni, l’associazione Amici della Sarca: “Questi fenomeni stanno diventando sempre più frequenti serve più manutenzione ma la garanzia della sicurezza fluviale non deve diventare il pretesto per trasformare il tratto della Sarca c in un canale”

ARCO. Secondo gli esperti la piena del Sarca registrata fra il 3 e la notte del 4 ottobre è stata la peggiore degli ultimi 21 anni. Stando ai calcoli dei vigili del fuoco la corrente ha trasportato a valle oltre 800 tonnellate di legname. Una quantità impressionante, quasi il triplo rispetto a fine agosto. Quel che è peggio è che questi fenomeni sembrano ripetersi sempre con maggior frequenza.
“L’ultima piena del fiume – sottolinea l’associazione Amici della Sarca – ha provocato numerosi danni. Questi fenomeni, favoriti anche dal cambiamento climatico in atto, stanno diventando sempre più frequenti ed è necessario mettere in atto opportune strategie preventive”. Al centro del dibattito c’è il tema della gestione dei bacini a monte del Basso Sarca, specialmente quello artificiale di Ponte Pià con al relativa diga. Anche il primo cittadino di Arco, Alessandro Betta, aveva puntato il dito contro la gestione diga durante la fase di piena del fiume: “Al di là di quella che può essere l’emergenza contingente – aveva spiegato il sindaco – è difficilmente accettabile che con le previsioni e le portate d’acqua che abbiamo visto la situazione peggiori nel giro di poche ore. Siamo passati da una fase di relativa tranquillità, con il Sarca che non aveva grandi portate, a una delle peggiori piene registrate negli ultimi anni”.
L’associazione Amici della Sarca porta alla luce anche un altro problema, cioè quello della pulizia periodica del bacino dai materiali e sedimenti che vi si accumulano nel tempo e che ne riducono la capienza. “Da quanto ci risulta – afferma l’associazione – l’apposito piano di manutenzione del bacino è stato predisposto, un piano che però non ha ancora avuto attuazione dal punto di vista pratico. Sarebbe opportuno, visto che gli eventi meteorologici estremi sono prevedibili con una notevole precisione, capire se esistono modalità di rilascio dai bacini prima del verificarsi degli eventi, per mitigarne gli effetti e contenere la portata”. Peraltro, una strategia che viene già messa in atto con successo sul fiume Adige.
Un altro tema che viene sollevato da più parti è quello della pulizia dell’alveo dalla vegetazione presente “anche questa problematica avrebbe dovuto essere affrontata, in maniera costante”, osserva l’associazione, cercando al contempo di salvaguardare l’habitat fluviale con la creazione e manutenzione di nicchie ecologiche. “Nei tratti di fiume in cui si è lavorato con questo approccio, durante le piene verificatesi non si sono registrati particolari problemi”.
C’è poi la questione del dragaggio del fiume, pratica non condivisa dall’associazione (e da molti esperti) in quanto modifica l’habitat ma soprattutto rischia di aumenta la velocità del flusso dell’acqua con conseguente incremento dei fattori di rischio per ponti e più in generale tutto ciò che si trova a valle. “Non vorremmo che la garanzia della sicurezza fluviale, costituisse il pretesto per tornare all’antico e trasformare il tratto della Sarca che attraversa il nostro territorio, già pesantemente antropizzato, in un canale”. Infine, vale la pena ricordare come da qualche anno si sia costituito il Parco fluviale della Sarca, un ente che potrebbe essere maggiormente coinvolto nella gestione del fiume sia nei periodi di emergenza che per quanto riguarda la difesa dell’ambiente naturale.