Coronavirus, la rabbia delle valli contro le chiusure. Il maestro di sci: ''Io lotto per mio figlio e la mia famiglia''. Il cuoco: ''Fateci lavorare''
Maestri di sci, titolari di ristoranti e bar hanno deciso di partire dalle valli di Fiemme e Fassa per protestare davanti ai palazzi della Provincia e della Regione a Trento. Elisabetta Dellantonio titolare di un ristorante a Predazzo. “Io sono a mille metri e lunedì potevo aprire? Bene, ho aperto e fuori nevicava. Chi poteva mangiare all'esterno?”

TRENTO. “Questa non è vita. Qui da oltre un anno sentiamo solamente parole e parole e nulla di concreto che ci possa aiutare. E adesso? Pensano di farci un regalo consentendoci di aprire all'esterno ma il Trentino non è solo la Valle dell'Adige. Da noi fino a qualche giorno fa nevicava”. Stanchi, delusi, con poche speranze. Sono in tanti ristoratori che dalla Valle di Fiemme e Valle di Fassa hanno deciso di scendere a Trento e manifestare davanti al palazzo della Provincia e a quello della Regione.
“Ci siamo incontrati nel piazzale della funivia del Cermis e poi in colonna ci siamo diretti a Trento. Guarda il video, guardalo bene perché noi non ci fermiamo anche se siamo stati lasciati soli da tutti” ci dice Luca Dallio, cuoco della Val di Fiemme mentre ci mostra sul suo cellulare le immagini delle colonna di auto di ristoratori che dalle valli sono arrivati in città. Davanti al palazzo della Regione, Luca, cerca di tenere a bada la rabbia di chi è deluso ma che ha dei figli e non vuole ancora smettere di lottare.
“Dicono tutti di amare la montagna e poi ci lasciano morire in questo modo” dice arrabbiato il titolare di un locale della Val di Fassa. “Cosa dobbiamo fare? Qui se le cose non migliorano io sarò costretto a chiudere e come me tanti altri. E la mia famiglia? A questi qui pagati per decidere non gliene frega nulla”.

Tra le persone che si trovano in piazza Dante a manifestare e a chiedere di riaprire subito non solo all'esterno ma anche all'interno ci sono Andrea e Gabriele gestori del bar “Al Parco” di Ziano di Fiemme. “Non se ne può più” spiegano. “Prima ti dicono che possiamo lavorare in base alle regole del Dpcm, poi ci dicono che sono cambiate e ora tutto si basa sul tempo che fa. Così non si può andare avanti, devono lasciarci lavorare”. La settimana scorsa a Ziano di Fiemme ha nevicato. “Come fanno – continua Gabriele – le persone a sedersi all'esterno con questo freddo. La scelta che ha fatto la Provincia non è la soluzione. Qualcuno ci deve spiegare perché non si può tenere aperto anche all'interno rispettando le norme dei protocolli. Perché prima ci hanno fatto spendere soldi e tempo per metterci in regole e ora non va più bene?”.


“Io sono qui per un concetto di libertà” ci dice anche Mauro Campioni, maestro di sci. Lui è sceso dalla Valle di Fiemme per la sua famiglia e per suo figlio. “L'altro giorno vedendo la situazione mio figlio mi ha detto: 'Questa non è vita'. Mi è venuta la pelle d'oca e non dico altro”. Mauro da un anno e due mesi non ha un lavoro e ha ricevuto in tutto poco più di 5 mila euro per portare avanti la propria famiglia in questi 14 mesi. “Ci hanno imposto tantissimi misure, dal coprifuoco al distanziamento sociale – ci dice – ma ora ci stanno un po' alla volta facendo morire perché non ci danno alcun aiuto, non ci fanno lavorare. I miei nonni hanno combattuto per la liberà e io sono qui che combatto per la mia famiglia”.
I ristoratori attendevano il presidente della Provincia Maurizio Fugatti però impegnato in Consiglio provinciale. Al suo posto a raccogliere il disagio dei cittadini sono arrivati l'assessore Roberto Failoni e i consiglieri Gianluca Cavada e Pietro De Godenz. Difficile contenere la rabbia delle persone. “Parliamo ancora?” - dicono alcuni - “Con 6 mila euro al mese in tasca loro stanno bene. Non hanno problemi e parlano, parlano, parlano”.