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Inchiesta sanità, sempre più medici ''gettonisti'' e il servizio pubblico si ''svuota'' (e paga di più). Brugnara: "L'Apss deve tornare attrattiva o andrà sempre peggio''
Per far fronte alla carenza di personale anche l'Apss fa ricorso a medici gettonisti. Ma chi sono? Perché sono chiamati così? Quanto sono pagati? Abbiamo parlato con medici e personale del pubblico ma l'argomento è ''pubblicamente'' tabù. Tutti però sono concordi nel dire che in questo modo il servizio sanitario andrà a sbattere ma che essendo consentito nessuno si sente di biasimare i colleghi che scelgono questa strada. L'assessora Segnana spiegava che per quelli di Cavalese i compensi arrivavano a 855 euro lordi per 12 ore di turno

TRENTO. "L'Azienda sanitaria non ricorra soltanto a medici gettonisti: non sono la soluzione a lungo termine". E' questo che sostiene Sonia Brugnara, segretaria provinciale del sindacato Cimo-Fesmed che mette in luce la soluzione adottata dal sistema sanitario pubblico per far fronte alla carenza di personale, non soltanto in Trentino ma su tutto il territorio nazionale. "Qui non ci sono cooperative che gestiscono questi professionisti, per l'Apss lavorano solo liberi professionisti. Ma ci possono essere comunque dei rischi", aggiunge.
Da tempo il sistema sanitario lamenta molti disagi al suo interno, tra i più grandi la carenza di operatori, dai medici agli infermieri. Tra i motivi sicuramente la poca attrattività della sanità pubblica, sia dal punto di vista economico che professionale, con turni che spesso portano i professionisti (già stanchi dalla pandemia) a livelli di stress molto elevati. E così molti medici si stanno spostando sul ''privato'' diventando ''gettonisti'' a chiamata. Il perché può essere riassunto in poche righe: in questo modo sono loro a dare la disponibilità per i turni (quindi sono sganciati dai turni spesso massacranti del pubblico), possono decidere di dare la loro diponibilità solo per pochi giorni al mese o alla settimana disponendo così del proprio tempo libero, sono pagati molto bene per questi ''gettoni'' (l'assessora Segnana spiegava che a Cavalese i compensi arrivano a 855 euro lordi per un turno di 12 ore quindi con 5/6 turni al mese si possono accumulare dai 4.200 euro lordi a 5.000), finito il loro turno potenzialmente il loro lavoro è finito quindi ci sono meno implicazioni personali in quello che fanno (per esempio non c'è fideizzazione con il paziente).
Tutto questo rischia di spostare la sanità pubblica sempre di più nelle mani delle cooperative che gestiscono i ''gettonisti'' o comunque su binari ''privati'' inseriti nel pubblico, con maggiori spese per lo stesso sistema sanitario (abbiamo appena visto quanto costa un ''gettonista''), un livello di servizio più basso perché ''a spot'' (in alcune città italiane c'è addirittura il problema che certi medici sono stranieri e nemmeno riescono a comunicare con i pazienti), con potenziali margini di responsabilità attenuati (della serie, il mio turno dura 12 ore cerco di farlo passare senza troppe ''rogne'' da affrontare e poi scarico sul medico pubblico che tornerà in turno successivamente). E con un quadro del genere sono
sempre di più i medici del pubblico che decidono di ''lasciarlo'' per rientrare proprio con le condizioni del ''gettonista'' quindi lasciando andare le cose in questo modo la situazione peggiorerà inevitabilmente.
Ma perché il pubblico accetta tutto ciò? Perché il bisogno di medici è talmente alto nelle strutture pubbliche che va bene qualsiasi metodo che permetta di coprire i turni purché lecito (e questo è assolutamente lecito perché non esiste legge che normi la questione).
Un tema, quello dei gettonisti, che sta sconvolgendo la sanità italiana nel silenzio generale e anche in Trentino è difficile trovare qualcuno che ci voglia mettere la faccia. Come il Dolomiti abbiamo parlato con diversi medici nel pubblico: se alcuni chiedono di restare anonimi, altri sulla questione ''gettonisti'' hanno preferito proprio "non esprimersi al riguardo". "Abbiamo stipendi fermi da anni, ci chiamano 'angeli' ma siamo stati dimenticati - sostiene una prima testimonianza -. Come medici siamo molto demotivati ed esausti della situazione, ma il problema va risolto all'interno del sistema sanitario non cercando soltanto di chiamare esterni".
"I concorsi sono deserti - spiega un altro medico - ma noi non vogliamo ospedali vuoti, non ce li possiamo permettere. I gettonisti? Vengono inseriti nei turni dopo aver verificato le disponibilità, spesso per coprire notturni o festivi. In questo momento ci converrebbe di più entrare nel pubblico con questa modalità. Siamo tutti consapevoli del fatto che non è questa la strada giusta per la sanità pubblica, ma finché non cambia qualcosa a livello normativo non si può nemmeno biasimare chi fa questa scelta''.
Ma quanti sono in Trentino i medici a gettone messi a disposizione dall'Apss? "Non abbiamo numeri precisi - dichiara Brugnara -, non sono dati di cui possiamo disporre. E' comunque un fenomeno diffuso, soprattutto il reclutamento di specialisti ginecologi e pediatri per garantire il mantenimento di punti nascita negli ospedali periferici. In pratica dove si presenta un rischio clinico maggiore: se non si è in un ospedale centrale si hanno più responsabilità e si rischia di rimanere da soli".
Se in Trentino si parla solo di liberi professionisti, in altre regioni d'Italia si parla di cooperative che "raccolgono e gestiscono questi medici e specialisti" su cui però il pubblico "non sembra avere nessun tipo di controllo", conferma la segretaria del sindacato. "Mentre l'Apss controlla e garantisce per i professionisti che mette a disposizione - dice Brugnara -, le cooperative esterne, che nelle altre regioni gestiscono i servizi e la turnistica negli ospedali, non hanno lo stesso obbligo dell'ente pubblico. Il paradosso è che si inseriscono nel settore pubblico ma non sono supervisionate. I medici possono licenziarsi dal pubblico per rientrarci come lavoratori autonomi". I rischi in questi casi sono alti però: "Spesso le cooperative - aggiunge la rappresentante di Cimo-Fesmed - inseriscono persone che hanno titoli non adeguati al tipo di mansione o non preparate per quello specifico reparto, o addirittura che faticano a parlare l'italiano".
Un altro aspetto di non poco rilievo e valido anche per i gettonisti dell'Apss, è il controllo sul necessario recupero psico-fisico dopo un turno di servizio: "Non c'è possibilità - evidenzia - che venga rispettata la normativa delle 11 ore di riposo fra i turni, quindi potrebbero fare anche molte ore di seguito: non essendo dipendenti pubblici non ci sono 'limiti' su questo, non c'è una forma di tutela. Loro danno la disponibilità e l'Azienda sanitaria li inserisce dove c'è necessità".
L'altro punto è il compenso. "I gettonisti prendono in media 80-100 euro l'ora (potenzialmente possono arrivare anche a 1.000 euro al giorno, considerando un turno di 10 ore ndr) - sostiene Brugnara -. Bisogna considerare però che il libero professionista ha oneri fiscali diversi da un dipendente pubblico, è un paragone difficile da fare". Tra i rischi però, "anche che vengano inseriti professionisti che non fanno parte di un team e che non possono garantire continuità ai pazienti, potendo stare da una settimana a qualche mese".
Il numero di medici che migra verso il privato o fuori regione non sembra in diminuzione: "Soltanto in questi giorni altri colleghi - dice la segretaria - ci hanno anticipato che stanno valutando di abbandonare il servizio sanitario provinciale. Le aree più critiche al momento sono radiologia, psichiatria e i pronto soccorsi. Il paradosso? Pensare che interi reparti potrebbero chiudere senza gettonisti che in questo momento per i medici rappresentano il solo aiuto possibile".
Questo non significa però che siano la soluzione a lungo termine. "I concorsi sono deserti, è vero - aggiunge Brugnara -. Il problema rimane la poca attrattività di questo lavoro in Trentino. Già tempo fa avevamo chiesto di evitare la soluzione di ricorrere a questi medici, cooperative esterne o analoghe soluzioni al ribasso, che a nostro avviso, non garantirebbero la qualità della diagnosi, cura e riabilitazione dei pazienti".
La soluzione a lungo termine secondo tutte le sigle sindacali della Dirigenza medica veterinaria e sanitaria è quella di provvedere prima possibile al rinnovo del contratto fermo ormai dal 2005.
"L'Azienda sanitaria si preoccupi di reclutare e trattenere le sue forze tra i propri professionisti e specialisti - conclude la sindacalista -, già integrati nelle dinamiche interne e facilitati nei rapporti interprofessionali con il personale sanitario. Devono arrivare delle risposte dalla politica: chiediamo di adeguere il nostro al contratto nazionale ormai per molti aspetti più vantaggioso. Sono mesi che chiediamo di aprire un confronto con gli interlocutori politici senza risultati concreti. Se non otterremo risposte dovremo dare corso allo stato di agitazione proclamando uno sciopero a metà dicembre".