Dalla Pat 1 milione in meno al Comune di Trento. Andreatta: "Non vogliamo essere beffati da comuni che si oppongono a ospitare 9 richiedenti asilo"
Alessandro Andreatta ha voluto ricordare come "Trento, comune capoluogo, si fa carico di una serie di servizi sovracomunali importanti di tutti i tipi"

TRENTO. “Non vogliamo essere beffati da sindaci che dicono di no all'ospitalità dei profughi 'perché troppo giovani' e perché sono 9, un numero che spaventa”. Alessandro Andreatta, sindaco di Trento, non lo cita ma il riferimento è chiaro. Le parole sono per il collega di Mezzolombardo, Christian Girardi e per la sua opposizione alla volontà della Giunta provinciale di ospitare in una casa di proprietà della Patrimonio nove richiedenti asilo.
La presa di posizione del sindaco Andreatta è inserita in un discorso più ampio nato dal fatto che arriveranno meno soldi da parte della Provincia. Secondo i primi dati, infatti, per il bilancio 2018 che verrà approvato a dicembre, la riduzione del trasferimento dalla Pat al Comune sarà di 1 milione di euro. “Nessuna sorpresa” ha precisato il primo cittadino, spiegando che già negli anni scorsi si conosceva la situazione e che con il passare del tempo le risorse sarebbero diminuite.
“La nostra posizione – ha spiegato il sindaco – rimane molto chiara anche se tuttavia ribadiamo che Trento, comune capoluogo, si fa carico di una serie di servizi sovracomunali importanti di tutti i tipi. Non soltanto per l'ospedale, per le scuole superiori e l'università ma anche perché mette a disposizione le proprie strutture e i propri parchi in ogni ambito e molto altro”.
Non ultimo, ha chiarito Andreatta, anche l'importante lavoro che l'Amministrazione e l'intera città sta portando avanti nel settore dell'accoglienza. Un impegno che altri comuni della provincia non sembrano voler assumere.
“Abbiamo garantito l'accoglienza a profughi e richiedenti asilo – continua Alessandro Andreatta - per volontà del Governo prima di tutto e poi della Provincia. Alcuni invece credono che dobbiamo pensare prima a noi. Questo non è il nostro modo di ragionare e forse proprio per questo ci dovrebbe essere qualche riconoscimento”.