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I negozi di montagna gestiti dai lavoratori del Progettone? La Cgil dice no
Il Consiglio provinciale ha approvato una mozione a sostengo degli esercizi commerciali in periferia ma Franco Ianeselli e Maurizio Zabbeni esprimono preoccupazione: "Dubbi profondi circa la legittimità giuridica"

TRENTO. Va bene fare di tutto per difendere i paesi di montagna dal depauperamento economico, sociale e civile. Va bene trovare soluzioni affinché i piccoli negozi continuino a rimanere aperti anche per assicurare un presidio nelle periferie. Ma sull'uso dei lavoratori del Progettone come commessi la Cgil non è d'accordo.
"Esprimiamo perplessità per la soluzione ipotizzata", scrivono Franco Ianeselli, segretario generale della Camera del Lavoro, e Maurizio Zabbeni della Flai, riferendosi alla mozione approvata ieri dal Consiglio provinciale a sostengo degli esercizi commerciali in periferia, a seguito della paventata chiusura di due negozi di alimentari del Comune di Vallarsa.
"Riteniamo di assoluto valore perseguire l'obiettivo che le popolazioni che presidiano le valli più periferiche del Trentino possano godere di servizi di qualità. Siamo però preoccupati per i contenuti della mozione approvata che ipotizzerebbe di utilizzare lavoratori del Progettone".
Tre sono i dubbi del sindacato di via Muredei. "Il primo riguarda la libera concorrenza tra attori imprenditoriali, con dubbi profondi circa la legittimità giuridica nel costruire un sistema che incentivi questi attori economici piuttosto che altri".
"Il secondo riguarda il dumping contrattuale che si verrebbe a concretizzare con evidenti distorsioni del normale andamento del mercato del lavoro se, come sembra, al fine di tenere aperti tali esercizi, si ipotizza un abbassamento dei costi agendo sul versante del costo del lavoro, mettendo in concorrenza i lavoratori tipici del settore del commercio con quelli del Progettone".
Se così fosse, sarebbe fin troppo facile ipotizzare che ogni fabbrica in crisi, ogni settore strategico ogni situazione critica, se sostenuta da finalità legittime, potrebbe risolversi con una semplice sostituzione dei lavoratori di quel settore con quelli del Progettone.
"Appare evidente che oltre a creare una grave distorsione del mercato del lavoro - scrivono Ianesellisi e Zabbeni - arriverebbe ad una altrettanto insostenibile possibilità di ampliamento numerico delle persone ad oggi impiegate nel cosiddetto Progettone, già, ad oggi, al limite".
La terza ed ultima questione riguarda infine il ruolo delle persone impiegate nel Progettone. "Nelle realtà ove vengano impiegati, il loro è specificatamente un ruolo di supporto a quelle attività svolte nell'ambito dei lavori socialmente utili".
Non possono infatti essere definiti in un inquadramento legale o con mansioni di responsabilità che si sostituiscano, nei fatti, ad altri profili professionali disciplinati all'interno di contratti nazionali di lavoro di riferimento.