Dalla cucina alla sala, mancano i lavoratori. Perché? Tanta fatica e paghe ''popolari'' ma il problema nasce nelle scuole alberghiere
I camerieri sono istruiti per essere dei semplici ‘portatori di piatti’. I progetti di formazione per avviare al ruolo di ‘direttore di sala’ i coordinatori dell’accoglienza non sono mai stati concretizzati. Manca una strategia e una visione. I cuochi più preparati riescono a blindare le loro brigate, sia di sala come di cucina. Ma anche loro sono perennemente in cerca di personale qualificato. Carenza - è inutile sottolinearlo - dovuta anche all’entità dello stipendio

TRENTO. La similitudine - forzata - è come cercare l’ago in un pagliaio. O meglio: un granello perfettamente rotondo in un chilo di farina di mais pronta per cucinare la polenta. Cuochi e camerieri, figure professionali (quasi) impossibili da reperire. Con un ‘quasi’ che in questa fase - si spera - di post pandemia si può tranquillamente tralasciare. L’allarme è continuamente rilanciato da schiere di imprenditori del settore dell’ospitalità. Manca personale in ogni comparto. Dalle trattorie ai cosiddetti ‘stellati’. Per non parlare degli alberghi, hotel alle prese con l’imminente apertura invernale.
Carenza perché? Non bisogna accusare il facile miraggio mediatico suggerito ai giovani da trasmissioni televisive dove tutto sembra facile, il successo a portata di mano, cuochi che si presentano - e sono ostentati - come rockstar. Il mondo del cibo è molto, ma molto diverso dall’opulenza della vetrina mediatica. Il dietro le quinte è fatto anzitutto di fatica. Tanta. Che si sopporta solo se sorretti da vera passione. Basata sulla formazione, la resistenza fisica, la prospettiva di un mestiere che può - e deve - garantire una carriera onesta, onorevole quanto appagante (almeno a livello di giusta sussistenza economica). Ma questo non è prassi consolidata.
Le colpe? Le scuole alberghiere sono retrograde. Impostate così non stimolano i giovanissimi a intraprendere un percorso formativo strategico. Istituti professionali spesso gestiti da dirigenti molto preparati, assolutamente idonei nel loro ruolo di ‘supervisiori’. Dirigenti che però devono fare i conti con un corpo docente quasi sempre d’antan. ‘Professori’ già cuochi di stantie cucine, talvolta espulsi dai fornelli per incomprensioni con la ‘brigata di cucina’ o per problemi personali, mascherati come ‘voglia di cambiare’.
I camerieri sono istruiti per essere dei semplici ‘portatori di piatti’. I progetti di formazione per avviare al ruolo di ‘direttore di sala’ i coordinatori dell’accoglienza non sono mai stati concretizzati. Si coinvolgono cuochi dal passato illustre, ma ‘fermi’ al loro vissuto, che certo non suggeriscono stimoli all’innovazione. Ecco allora - causa anche Covid - molti operatori hanno cambiato settore, si sono fatti assumere con mansioni radicalmente diverse dal dipartimento alberghiero. Costringendo gli imprenditori a rivolgersi a personale altamente precario quanto improvvisato. Nessuna remora verso i giovanissimi provenienti da ‘paesi terzi’ che si aggirano tra i tavoli. Alle prese pure con la parlata, figurarsi con quale concetto di tradizione culinaria dolomitica.
Manca una strategia e una visione. I cuochi più preparati - forse proprio per questa loro capacità - riescono a blindare le loro brigate, sia di sala come di cucina. Ma anche loro sono perennemente in cerca di personale qualificato. Carenza - è inutile sottolinearlo - dovuta anche all’entità dello stipendio. Con un carico di lavoro che mediamente è sulle 14 ore al giorno. In stagione 7 giorni su 7. Senza se o senza ma. Un ‘camerierino’ mediamente non raggiunge i 1200 euro. La cucina paga qualcosa di più. In stagione si arriva forse ai 2mila euro. Assunzione stagionale, poi scatta la disoccupazione (se si hanno almeno 2 anni di contributi).
Inoltre le scuole alberghiere dovrebbero formare anzitutto culturalmente gli allievi. Spostare nel tempo - verso la maggiore età - l’indirizzo. Senza costringere alla scelta i tredici/quattordicenni. Funzionano - è doveroso sottolinearlo - le scuole d’alta formazione. Quelle che selezionano uno sparuto gruppo di giovani - spesso formati all’alberghiero, ma anche con diploma liceale, talvolta pure laurea triennale in altre discipline - che s’impegnano in una vera e propria ‘full imersion’, selettiva, stimolante, decisamente accattivante. Altro che ‘brusapadele…’. Stesso discorso per quanti scelgono la sala, l’accoglienza. Questo settore è ancora più subissato di richieste che la cucina. Proprio perché è il servizio in sala che caratterizza il locale. Un piatto con leggere sbavature di cottura e presentazione diventa squisito se ben proposto al commensale. Viceversa, rimane un piatto da dimenticare.