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Convivere con gli orsi: “Abbiamo una responsabilità per la perdita di biodiversità”, tra “merendero” e “montanari” parla la Società degli alpinisti tridentini (Sat)

La prima aggressione mortale da parte dell’orsa Jj4 ha aperto il dibattito sulla convivenza fra popolazione e plantigradi. L’intervista alla presidente della Commissione Tutela ambiente montano della Sat, Chiara Fedrigotti: “Nella drammaticità del momento si è perso il focus sulla nostra responsabilità nei confronti di una generale perdita di biodiversità e nella ricerca di un equilibrio fra uomo e natura che ancora oggi fatichiamo a intravedere, ma la coesistenza è possibile” 

Di Tiziano Grottolo - 24 aprile 2023 - 06:01

TRENTO. La Società degli alpinisti tridentini venne fondata nel lontano 1872 con l’obiettivo di promuovere la conoscenza delle montagne trentine. Ad oggi questa realtà cura 5.500 chilometri di sentieri e gestisce oltre 50 fra rifugi, bivacchi e capanne sociali. In altre parole la Sat è l’associazione per antonomasia della montagna. Con la crescente attenzione verso il tema della salvaguardia dell’ambiente la Società degli alpinisti tridentini si è dotata di una Commissione ad hoc che prende il nome di Tam, cioè “Tutela ambiente montano”. Quella dell’ambiente è questione cara a tutti ma che richiede grandi compromessi e coinvolge pure la sopravvivenza delle specie animali. 

 

La tragica morte del 26enne di Caldes, Andrea Papi, ha aperto fra l’opinione pubblica un dibattito sulla possibilità o meno di convivere con gli orsi che in Trentino sono stati reintrodotti nel 1999. La discussione, talvolta in maniera retorica, si è spostata ben presto su chi abbia diritto o meno di intervenire sul tema. Da un lato i trentini “che vivono in montagna” e per questo sarebbero gli unici titolati a esprimersi, dall’altro i “cittadini” delle altre Regioni, per alcuni solo dei “merendero” che salgono sulle cime con le scarpe da ginnastica. Va detto che non di rado gli opinionisti da tv hanno confermato di ragionare attraverso stereotipi e di conoscere molto poco il contesto trentino. Tuttavia il vero problema è che troppo spesso sono stati gli esperti a rimanere sullo sfondo.

 

Proprio per questo però, forse, vale la pena ascoltare l’opinione di un’associazione come la Sat che alla montagna è indissolubilmente legata e non a caso conta quasi 25mila soci. “Noi crediamo che la coesistenza con i grandi carnivori sia possibile” afferma la biologa Chiara Fedrigotti, che è anche la presidente della Commissione Tutela ambiente montano della Sat. “Nella drammaticità del momento si è perso il focus sulla nostra responsabilità nei confronti di una generale perdita di biodiversità e nella ricerca di un equilibrio fra uomo e natura che ancora oggi fatichiamo a intravedere. In questi casi l’emotività è comprensibile ma nel dibattito si è creata una bolla che non fa bene a nessuno”.

 

Ovviamente alla Sat non sfuggono le criticità che questa coesistenza può comportare: “Ci vogliono delle contromisure, a partire dall’informazione e dalla comunicazione senza dimenticare il supporto alla ricerca e a tutte quelle misure di prevenzione che servono per mitigare i danni alle attività economiche”. La stessa organizzazione è stata direttamente coinvolta sul fronte della comunicazione organizzando diversi incontri per parlare di lupi e orsi, ma pure dei comportamenti da tenere in presenza di queste specie. “Lo scopo deve essere quello di ridurre al minimo i rischi” osserva Fedrigotti. Detto questo la rimozione degli orsi problematici per la Sat non deve essere un tabù: “Fondamentalmente la nostra posizione è allineata a quella della maggior parte degli esperti, l’obiettivo è quello di conservare la specie e siamo consapevoli che ciò passa dal grado di accettazione sociale verso i grandi carnivori. Ovviamente eventuali abbattimenti dovrebbero accompagnarsi a un’informazione capillare”.

 

D’altra parte, già un mese prima dell’aggressione mortale, la Società degli alpinisti tridentini aveva presentato le proprie osservazioni al Piano Faunistico Provinciale, che da tempo attendeva di essere aggiornato. Per esempio la Sat chiedeva  di vietare la pratica del foraggiamento, utilizzata dai cacciatori per attirare gli ungulati: “L’aggregazione di ungulati nei pressi dei punti di foraggiamento – viene spiegato nel documento – favorisce la predazione da parte dei grandi carnivori, che in tali circostanze sono indotti ad avvicinarsi agli insediamenti umani e, potenzialmente, a perdere la loro naturale diffidenza nei nostri confronti. I siti di foraggiamento vengono frequentati anche dall’orso, che si abitua a nutrirsi direttamente di alimenti messi a disposizione dall’uomo”. Va ricordato che nel 2020 l’orsa Jj4 attaccò due cacciatori che si stavano recando al loro capanno sul monte Peller, anche se non è chiaro se quello fosse un sito di foraggiamento. In precedenti occasioni però diversi plantigradi sono stati visti in prossimità di mangiatoie simili.

 

La Sat suggeriva inoltre la legalizzazione dello spray anti-orso e la realizzazione di corridoi faunistici che permetterebbero ai plantigradi di meglio distribuirsi sul territorio. E sulla comunicazione? Per la Sat il nuovo Piano Faunistico deve prevedere “un deciso incremento della comunicazione e dell’informazione riguardo l’orso, in modo dettagliato e capillare, partendo ovviamente dalla scuola”. Discorso simile per quanto riguarda la ricerca. “La prevenzione è ben attrezzata – osserva Fedrigotti – ma la politica deve invitare gli allevatori e la popolazione ad adottare queste buone pratiche e sotto questo punto di vista ancora molto può essere fatto”.

 

Un’altra proposta che sta facendo molto discutere è quella lanciata dal presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, che vorrebbe trasferire una settantina di orsi. Per Fugatti gli oltre 100 plantigradi presenti in Trentino sarebbero troppi rispetto a quanto previsto dallo stesso progetto Life Ursus. I dati però sono stati citati a sproposito perché un numero di esemplari compreso fra 40 e 60 è quello minimo che per gli esperti permette alla specie di continuare a esistere.

 

In realtà i plantigradi trentini sono già messi in pericolo dalla consanguineità. “La popolazione di orsi trentini è geneticamente isolata da 24 anni – sottolineava la Sat nelle sue osservazioni – dei circa 100 orsi attualmente presenti, abbiamo solamente 2 linee paterne e 5 materne, pertanto la popolazione continua a riprodursi in consanguineità da 6 o 8 generazioni”. Qualora subentrassero patologie causate dall’impoverimento genetico queste potrebbero essere irreversibili.

 

Il trasferimento di 70 orsi è solo propaganda che non guarda alla realtà dei fatti – riprende Fedrigotti – come Sat abbiamo sempre fatto presente il problema genetico che affligge questa popolazione, certo per risolvere la situazione andrebbero fatte delle scelte politiche che potrebbero anche essere impopolari. Su un argomento così complesso – conclude la presidente della commissione – che coinvolge la sfera sociale quanto quella ecologica la banalizzazione non è mai il modo giusto di affrontare la situazione”.

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