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Addio a "Nello" Letrari grande vecchio del vino trentino: ci lascia una figura chiave del mondo vitivinicolo

Si è spento all'età di 86 anni. E’ stato tra i primi in Italia a progettare un vino rosso di stampo bordolese. Ha elaborato il Fojaneghe nei primi anni ’60, con il millesimo 1961. Dando vita ad una serie d’iniziative enologiche che ora sono assurte a Manuale nei testi universitari.

A destra Lionello Letrari (Foto Romano Magrone)
Di Nereo Pederzolli - 23 ottobre 2017 - 15:36

TRENTO. Era l’ultimo dei Grandi Vecchi del vino italiano. Sì, perché Leonello ‘Nello’ Letrari custodiva la memoria enoica dell’evoluzione vitivinicola del buon bere. Un percorso vissuto da protagonista, senza se e senza ma. Una forza autenticamente radicata nella sua terra d’origine, Borghetto d’Avio, dove i Letrari sono di casa da secoli. E dove il giovane Nello (classe '31) ha scelto  la vite per farne uno stile di vita. Indissolubile. Legame dinamico, basato su intuizioni, scelte enologiche, azioni imprenditoriali. Sempre omaggiando la terra che custodiva le radici delle piante che lui accudiva per interpretare al meglio i frutti della vendemmia.

 

E’ stato tra i primi in Italia a progettare un vino rosso di stampo bordolese. Ha elaborato il Fojaneghe nei primi anni ’60, con il millesimo 1961, in competizione con gli amici enologi della ‘sua scuola’, quell’Istituto Agrario che lo aveva forgiato, spronato ad ogni confronto vitivinicolo. Dando vita ad una serie d’iniziative enologiche che ora sono assurte a Manuale nei testi universitari.

 

Un susseguirsi di azioni assolutamente innovative. Come la fondazione di una delle prime cantine dedite allo spumante classico, quel Equipe 5 che diventerà simbolo indiscutibile d’arguzia vinaria. Briosità e condivisione. Coinvolgendo amici di scuola, uomini con poche risorse economiche, scarsi mezzi, ma una visione assolutamente strategica, aperta e pronta a confrontarsi con settori ben più blasonati e – in quegli anni – quasi irraggiungibili (leggi:champagne). Il tutto rispettando le peculiarità della sua terra, un Trentino viticolo che sapeva faticare, coltivare quasi per sopravvivere. E che nel vino cercava un riscatto culturale oltre che produttivo.

 

Intuizione e caparbietà. Che in pochi anni hanno consentito a Letrari di essere uno dei più noti produttori italiani. Talmente innovativo che pure Robert Mondavi, magnate vitivinicolo californiano, a suo tempo chiese a Nello come meglio sfruttare la vinificazione del cabernet in piccole botti di rovere. E ancora. Sempre ‘il Nello’ – come lo chiamavano i cantinieri – è stato tra i fondatori della Confraternita del Vino Trentino, dell’Istituto Nazionale dello Spumante Classico, per Comitato vitivinicolo, pure dell’Associazione Sommelieres. E tante altre iniziative eterogenee, componente pure di consigli d’amministrazione bancari o forum giuridici sulla certificazione dei beni fondiari.

 


 

Uomo che del vino conosceva ogni sfumatura. Appresa girovagando, in gioventù e in sella ad una Lambretta o con una Topolino, tra cantine di mezza Italia, Veneto, Valpolicella, dal San Leonardo dei Marchesi fraterni amici Guerrieri Gonzaga alle tenute di Caldonazzo e pure di Poggibonsi, in Toscana, proprietà queste ultime dei Conti Bossi Fedrigotti, dinastia nobiliare con la quale Letrari collaborerà a Rovereto fino al 1976. Poi, una nuova sfida. Coinvolgendo tutta la sua famiglia, la moglie Maria Vittoria in primis, in sintonia con la figlia Lucia, enologa e il figlio, l’avvocato Paolo.

 

Nuova cantina, nuove vinificazioni, lo spumante classico ulteriormente personalizzato. Suggerendo metodi, interpretando il futuro. Mirando ad un Trentino voglioso d’innovazione, senza soffermarsi su sterili contrapposizioni tra vignaioli e viticoltori delle cantine sociali.

 

‘La vite non ha bisogno solo di essere potata. Deve tornare ad essere al centro di una politica agricola senza pregiudizi, per consentire al vino trentino di ritrovare l’originaria autenticità montanara. Vino di fatica, ma anche vino di sollievo. Un peccato alchemico da condividere, per stare meglio tutti’. Con questa sua considerazione, venerdì scorso, ho finito di bere un calice del suo Trento Rosè dedicato alle quattro donne della sua famiglia, spumante Tre Bicchieri per il Gambero Rosso. Premiato nella kermesse del Teatro Massimo a Roma proprio nei momenti in cui il cuore del grande Nello smetteva di battere.

 

Adesso l’ebbrezza magica che circonda il divino – intesa come ‘di vino’ – potrà annoverare Nello Letrari tra i memorabili uomini giusti. Maestri di vita oltre che di vite. Il funerale si terrà domani (24 ottobre) nella chiesa di Borsetto d’Avio alle 15.

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