Coronavirus, c'è l'emergenza ma le malghe vanno a bando con affitti quadruplicati, il grido d'allarme degli allevatori: ''Si rischia di mandare ko l'alpeggio''
L'Unione allevatori, A.n.a.re e l’Associazione agriturismo trentino lanciano un grido d'allarme per le prossime e imminenti scadenze, che rischiano di mettere ulteriormente in difficoltà un settore alle prese con le incertezze legate all'emergenza coronavirus. Molti contratti per la gestione del patrimonio silvo-pastorale del Trentino vanno a bando

TRENTO. "C'è molta preoccupazione per il sistema che si è creato per il rinnovo delle concessione e i rinnovi degli affitti di gestione delle malghe". Così Manuel Cosi, presidente dell’Unione allevatori Val Rendena e A.n.a.re e dell'Associazione agriturismo Trentino, che aggiunge: "Nonostante l'emergenza Covid-19 molte amministrazioni comunali, Asuc e proprietà collettive hanno deciso di creare nuovi bandi e in periodi come questi stanno creando grossi disagi alle aziende per la partecipazione, specialmente per le basi d’asta che sono fortemente lievitate. A questo si aggiunge la burocrazia e i tecnicismi che in un momento come questo sono ancora più pesanti".
L'Unione allevatori, A.n.a.re e l’Associazione agriturismo trentino lanciano un grido d'allarme per le prossime e imminenti scadenze, che rischiano di mettere ulteriormente in difficoltà un settore alle prese con le incertezze legate all'emergenza coronavirus. Molti contratti per la gestione del patrimonio silvo-pastorale del Trentino vanno a bando, ma il meccanismo dell'offerta economica accende più di qualche campanello d'allarme.
"C'è il falso mito della vita bucolica ma l'alpeggio è fatica e tradizione, territorio e servizio. Una passione che si tramanda spesso di generazione in generazione - aggiunge Cosi - un lavoro che si basa sui 'segreti' di famiglia per sviluppare una gestione accurata e corretta di malga, prati e animali. Un settore finito in fortissima crisi negli anni '70 ma restato in piedi per gli sforzi e l'impegno degli allevatori, i quali hanno combattuto per resistere e ristrutturare gli immobili e far vivere le malghe".
Affitti per le malghe che si sarebbero però avvitati a causa dei fondi europei e il meccanismo di premi per la manutenzione della superficie in termini di ettari. "Si punta sulla quantità invece che sulla qualità. Queste strutture - evidenzia il numero uno dell'Unione allevatori, A.n.a.re e degli agriturismi - sono un bene comune e dovrebbero rappresentare un vantaggio, ma i proprietari ora reputano questa attività interessanti per riuscire a fare un po' di economia e per fare "cassa" in funzione di aiuti europei che sarebbero destinati agli allevatori per i servizio di manutenzione. Negli ultimi anni si è, infatti, assistito a un incremento, anche fino a quattro volte la base d'asta, degli affitti".
Risorse che possono far comodo, ma che ovviamente attirano potenziali competitor, anche da fuori provincia. "I bandi non tengono conto della storia di una malga. Un'azienda agricola per 70 giorni di alpeggio va in perdita e per questo sono nati questi aiuti europei per pareggiare i costi e incentivare la continuazione del lavoro - dice Cosi - però oggi, si costituiscono società interessate esclusivamente a concorrere per raggiungere i criteri e far scattare i premi. L'unico obiettivo è guadagnare soldi senza preoccuparsi di presidiare e mantenere il territorio. Realtà che non hanno nemmeno animali e quindi li 'noleggiano' sul territorio a prezzi irrisori. Questo crea concorrenza sleale, ma soprattutto c'è una perdita di identità e di passione e toglie i 'veri' allevatori dalle malghe".
Ci sono basi d'asta per le malghe che sono passate da un affitto di 4 mila a 16 mila euro in val Rendena per un periodo di 70/80 giorni, un'altra arriva a 39 mila euro (550 euro al giorno) e nell'ambiente è stata ribattezzata la "malga chalet". "Incrementi notevoli - evidenzia Cosi - anche per strutture in zone impervie e senza strada d'accesso. Si rischia anche di perdere i giovani che possono venire illusi da promesse di guadagni facili e poi stufarsi messi davanti alla realtà, questo fa pensare ad azioni drastiche che potrebbero portare molte aziende a essere costrette a portare gli animali al macello o chiudere: si disperde un patrimonio di saperi e tradizione per assecondare una bolla destinata a scoppiare. Dopo però si conterebbero i danni".
Un altro nodo è quello delle tempistiche. "I bandi - dice il presidente di Unione allevatori, A.n.a.re e agritur - dovrebbero poter uscire in autunno invece che in primavera. Un'azienda agricola necessita di programmare il proprio futuro. Non si può restare fino all'ultimo nell'incertezza per iter che possono essere anticipati. Ora si resta senza alternative e per lavorare si deve rinunciare all'alpeggio con perdita di qualità del prodotto oppure cedere ai ricatti di queste società costituite appositamente per partecipare a queste gare. Si deve aprire un ragionamento per trovare nuove modalità di affitto".
C'è poi un problema contingente all'emergenza coronavirus. "Molti termini dei bandi - continua il presidente di Unione allevatori, A.n.a.re e agritur - sono stati pubblicati addirittura in questi mesi di pandemia e scadranno a fine aprile o inizio maggio. Andrebbe tutto sospeso anche come atto di sensibilità e di consapevolezza del momento disastroso. Anche azzerare o almeno mitigare i canoni in questo momento sarebbe una misura per alleggerire la situazione nei confronti degli agricoltori, che ricordiamo non possono fermarsi neanche in questi momenti con costi continui e entrate minime e sicure perdite, ma che garantisco la produzione di prodotti nella quotidianità. L'amministrazione provinciale ha dato parere favorevole alla sospensione dei termini, ma non tutte le proprietà per il momento si fermano. C'è crisi, non si deve cedere alla speculazione, siamo in sofferenza potremmo creare danni insanabili. Chiediamo che gli affitti (tutti) vengano valutati o rivalutati in funzione della condizione di pandemia e si apra un tavolo di confronto per migliorare il sistema insieme".
Allevatori trentini che spesso si sono messi in gioco, una convergenza sul settore turistico tra "Le giornate sugli alpeggi", "Alba in malga" e altre iniziative sparse sui territori. "Partecipiamo a questi progetti - conclude Cosi - perché crediamo in questo lavoro, ma inizia a esserci poca fiducia. Dobbiamo anche noi interpretare questo momento e operare le giuste scelte per il futuro. Blocchiamo tutto per un anno e intanto troviamo una strategia comune e un equilibrio per il territorio".