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Covid, l'altra faccia della pandemia: fobie, ansia, depressione. Lo psichiatra: "Impatto disastroso anche sui centri di salute mentale"
Il trascinarsi dell'epidemia da SarsCov-2 sta avendo effetti disastrosi sulla salute psichica. Numerosi studi confermano questo trend: isolamento, lutti, incertezze economiche sono solo alcuni degli aspetti presi in considerazione. Ermanno Arreghini, psichiatra e psicoterapeuta: "Attuare misure di protezione anche per i più fragili: senzatetto, disabili, pazienti psichiatrici"

TRENTO. È passato quasi un anno dal giorno in cui, sulle testate nazionali, veniva annunciata l'individuazione di quello che (allora) si riteneva essere il paziente 1. Poi è arrivato il lockdown, le terapie intensive e i reparti ospedalieri hanno iniziato a riempirsi, e la vita ha iniziato a rallentare, per tutti. L'estate ci ha dato l'illusione che il peggio fosse passato, che la virulenza dell'epidemia si fosse acquietata. Ma oggi, a dieci mesi di distanza, la fatica di questi tempi incerti inizia a farsi sentire. Per tutti.
Inizia, infatti, a prendere corpo un'ipotesi che, già la scorsa primavera, era stata avanzata da gran parte della comunità scientifica: l'epidemia da SarsCov-2 sta portando ad un aumento generale e generalizzato dei disturbi psichici. "Come da più parti è fatto notare - spiega il dottor Ermanno Arreghini, medico psichiatra e psicoterapeuta - al prolungarsi dell’emergenza, non si muore solo di polmonite da Covid, ma si muore anche di altro".
"I primi lavori sulle conseguenze psichiche della pandemia - continua - danno tutti i medesimi riscontri: al di là della sofferenza e della mortalità da danno diretto del virus, si sta determinando una vera propria emergenza per quanto riguarda la salute psichica della popolazione, in primo luogo quella colpita dall’infezione".
Se, infatti, fino a qualche mese fa, un generale deterioramento delle condizioni psicologiche era solo facilmente ipotizzabile, oggi questa condizione è supportata da dati certi e numerose pubblicazioni. Alcuni studi, ad esempio, hanno evidenziato come, nei 15-90 giorni successivi all'infezione, i soggetti colpiti da Covid-19 abbiano un rischio di sviluppare un disturbo psichico (considerando tutte le diagnosi) che va dal 5 all’8% rispetto a chi non si è ammalato (rischio del 2.5-3.4%) con una grande diffusione dei disturbi d’ansia.
"Questo impone una riflessione su come i servizi di salute mentale debbano imprimere uno scarto molto forte alle loro procedure e linee operative consuete - commenta lo psichiatra - mettendo a disposizione della cittadinanza ampie e innovative possibilità di trattamento proprio dei disturbi d’ansia, dalle fobie (molto rappresentate) agli attacchi di panico e alle sindromi ansiose generalizzate".
Ancora, un gruppo di ricercatori, nell'aprile del 2020, ha esaminato un campione di popolazione adulta statunitense prestando attenzione al loro stato di salute mentale. Ebbene, i loro studi hanno dimostrato che la proporzione di individui con importanti disturbi psichici era quasi del 14%, contro il 4% dello stesso periodo dell'anno precedente. La stessa percentuale (13-14%) si era poi confermata qualche mese più tardi, a luglio 2020. "Più del 60% degli adulti si trovava in qualche forma di disagio psicologico per eventi legati alla pandemia: problemi di tipo finanziario, lavorativo, distruzione degli equilibri familiari legati alla mancata frequenza scolastica dei figli".
"Altre voci - continua Arreghini - richiamano l'attenzione sul probabile rischio di aumento di suicidi che impatterà sulla popolazione in un secondo tempo, quando ai disagi diretti dovuti alla pandemia si assoceranno i ben più estesi e prolungati danni economici che molti individui e nuclei familiari, soprattutto quelli meno protetti, patiranno, così come capitato con la grande pandemia da virus influenzale tra il 1918 e il 1920".
Alcuni elementi di rischio, però, sono visibili sin d'ora: stanno nell'isolamento e nella conseguente solitudine che affliggono molti da quasi un anno. "Non va dimenticato poi - aggiunge - l'aumento del consumo di alcol e il manifestarsi di altri comportamenti disadattivi, in primis la violenza familiare".
Aumentano, quindi, da più parti, gli appelli a tenere in considerazione anche quest'altra faccia della pandemia, quella "psichica". "Le capacità di fronteggiare psicologicamente le limitazioni imposte dalla pandemia hanno causato in molti soggetti risposte acute d'ansia, spesso amplificate dalle misure incerte e approssimative dei governi e dall’ambiguità e poca accuratezza dei mezzi d’informazione".
"Sarebbe dunque molto importante attuare immediatamente misure di supporto psicologico per il personale sanitario di prima linea e per chi si trovi in isolamento o quarantena, cercando di prevenire in parte quello che deve essere considerato come certo: lo sviluppo di disturbi piscologici e psichiatrici di lungo periodo, soprattutto il disturbo da stress post-traumatico e la depressione, che iniziano solo ora a manifestarsi pienamente. L’appello si estende poi a misure di protezione per le categorie più fragili, colpite più pesantemente dalla pandemia non solo sul piano strettamente fisico ma anche psichico: senzatetto, disabili, pazienti psichiatrici".
Altri studi hanno dimostrato l'impatto disastroso che la pandemia ha avuto, ed ha, sulle strutture psichiatriche dei Dipartimenti di Salute Mentale, i cui reparti sono stati chiusi o trasformati in reparti Covid-19. "Le strutture territoriali - aggiunge Arreghini - sono state spesso chiuse o limitate in modo drastico lasciando non solo migliaia di pazienti già in cura privi di sostegno e in balia di situazioni familiari ad elevatissima emotività espressa, ma anche nell’impossibilità di assistere molti nuovi pazienti, sofferenti di gravi forme d’ansia, di depressione o di disadattamento direttamente conseguenti ai disagi gravissimi prodotti dalla pandemia".
"Gli autori di questi studi - continua - richiamano i Dipartimenti di Salute Mentale ad equipaggiarsi per tale evenienza, assumendo una vera e propria leadership nella gestione di queste emergenze psicosociali, acquisendo nuove tecnologie, nuova expertise, nuovi indirizzi di organizzazione e di cura per intervenire a favore di ampie fasce di popolazione pesantemente investite da questo disastro: personale sanitario, persone in isolamento, soggetti che hanno subito lutti drammatici e perdita di riferimenti in modo acuto e imprevedibile".
"Gli psichiatri - conclude il dottor Ermanno Arreghini - dovrebbero quindi considerarsi in prima linea, dovrebbero assumere un ruolo proattivo e darsi 'l’imperativo di agire' dovunque possibile, integrando l’attività ordinaria da eseguire con ogni mezzo tecnologico e organizzativo possibile, dando sostegno anche e soprattutto a chi non ha mai avuto precedenti psichiatrici di malattia ma è stato investito dalle conseguenze della pandemia, trattando con pieno dispiegamento di forze quelle che, fino a poco tempo fa, venivano erroneamente e colpevolmente ritenute patologie minori rispetto all’organizzazione dei Servizi di Salute Mentale".