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Ristoranti, a Trento sempre più pokerie, fast food e franchising e quelli ''stellati'' non esistono più: che fine farà la cucina trentina?

I riscontri sono nella varie guide (da Slow Food al Gambero Rosso, per non citare la rossa Michelin) alla scelta dei locali più rappresentativi. Mancano veraci osterie, ancora meno le trattorie, ma sicuramente molto scarsa è l’offerta più sfiziosa, quella dei locali gourmet. Specialmente in città. Cucina trentina dunque con scarso appeal? Forse risente degli stessi riscontri del vino trentino che certo non splende. E se ben vengano le contaminazioni alimentari e gastronomiche, opportunità di crescita e sviluppo, qui la rincorsa è troppo spesso al 'cibo veloce' e dal sapore uniforme

Di Nereo Pederzolli - 26 aprile 2022 - 09:38

TRENTO. Trento e la cucina di tradizione? Addio. Constatazione forse - anzi: troppo - ardita, ma certo non priva di qualche fondamento. In città stanno aprendo decine di ‘food’, insoliti per formula, talvolta stimolanti, sicuramente molto, ma molto lontani, da consuetudini alimentari decisamente trentine. Sia chiaro: la contaminazione alimentare e gastronomica è opportunità di crescita, di sviluppo, di educazione alimentare. Ma la rincorsa al ‘cibo strano e veloce’ certo non aiuta a salvaguardare alcune tematiche fondanti del Made in Trentino.

 

I riscontri sono nella varie guide (da Slow Food al Gambero Rosso, per non citare la rossa Michelin) alla scelta dei locali più rappresentativi. Mancano veraci osterie, ancora meno le trattorie, ma sicuramente molto scarsa è l’offerta più sfiziosa, quella dei locali gourmet. Specialmente in città. Altro che stelle. Solo menzioni di stantie proposte, con qualche guizzo solo sulla collina che sovrasta il polo spumantistico di Ravina, il Ferrari che blinda - e brinda - al ristorante di famiglia Lunelli.

 

Cucina trentina (non solo in città) dunque con scarso appeal? Forse risente degli stessi riscontri del vino trentino. Che certo non splende. Perché se togliamo al Trentino le sue importantissime e blasonate bollicine, il brio vinoso dei ‘tranquilli’ è senza alcun dubbio piuttosto piatto. Proprio - e purtroppo - così. Si salvano solo alcuni vini di stampo internazionale (San Leonardo su tutti) e qualche mirata elaborazione di Teroldego, alcuni Vino Santo e rare sperimentazioni, Vin de la Neu compresa.

 

Ecco il trend della cucina trentina è in piena sinergia con quello scandito dall’andamento dei vini tipicamente delle valli dell’Adige. Il turista più attento cerca con calzante bramosia appropriati abbinamenti tra cibo e vino. Non trovandoli, si dirige altrove, verso nord, nella terra altoatesina dove cantine e ristorazione giocano partite di grande levatura, di qualità quasi assolute. Così a Trento trovano spazio iniziative di ristorazione tutte da decifrare. Augurando comunque successo agli imprenditori che si cimentano con stimolante entusiasmo. Sia chiaro, nessuno auspica quel detto popolare caro ai trentini del ‘tant e ont, ma a bon mercà!’. Sicuramente è carente una progettualità mirata ad una ristorazione in grado di coniugare tipicità con spinte innovative.

 

Nonostante il Trentino possa vantare storici legami culinari (risalenti al Clesio, riscontro fondamentale, vanto unico e prezioso della gente trentina) e ricettari popolari di grande utilità, senza dimenticare cuochi d’intraprendente modernità. Da Alfio Ghezzi a Peter Brunel, poi Alessandro Gilmozzi, quest’ultimo appena nominato al vertice degli Ambasciatori del Gusto, per non parlare di una pattuglia di giovanissimi che stanno ultimando gli studi a Tione, all’Alta Formazione, ‘cuochini’ già con esperienze importantissime, tra i fornelli di chef di stampo internazionale. Ma questi ultimi saranno disposti a mettersi in gioco nei ristoranti vicino casa? Difficile prevederlo. La bravura, tra i fornelli, stimola a cimentarsi in sfide molto competitive, lontane dal campanile.

 

Torniamo in città, a Trento. Le nuove aperture sono comunque in sintonia con un tipo di ristorazione in qualche modo ‘sostenibile’. Spreco contenuto, nuovo approccio imprenditoriale al business, per riprogrammare l’offerta cibaria e puntare ad una modernità post pandemica. Il tutto per una proposta di locali variegati, ben distinti, tra i cosiddetti ‘cool’, luoghi di ristoro di pronta accessibilità e aperti ai consumatori più accorti, senza tralasciare quei locali decisamente ‘per tutti’, basati indiscutibilmente sul rapporto prezzo/qualità. Dove (purtroppo) spesso manca un rapporto con il cuoco, la brigata di cucina, lo stile e l’identità gastronomica. Ecco, proprio come da qualche tempo si registra a Trento. Dove molti locali affidano al delivery la distribuzione dei loro piatti ‘mordi e fuggi’, per una schiera di consumatori pigri, poco propensi a viver qualche esperienza sensoriale seduti ai tavoli del ristorante.

 

In questo modo rischia di scomparire la figura carismatica dell’oste, del cuoco o del ‘maestro di sala’, costringendo il gestore a cimentarsi in azioni imprenditoriali sempre più competitive, a scapito della tipicità gastronomica. Pietanze cucinate più con tecnologia che manualità, con ritmi e processi di lavorazione improntati al business, tra aperture di locali in franchising, la promozione via web, il digitale in grande spolvero, piatti ordinati con il telefonino, tra click su Fb o altre piattaforme. Senza troppo badare a piatti delle consuetudini dolomitiche, alle emozioni che il cibo nostrano può (ancora) stimolare. Proposte - come sottolineano importanti ricerche di mercato - basate sul marketing, l’ostentazione del brand, l’immagine più importante della sostanza.

 

E ancora: il ruolo del personale da rispettare e rivalutare, contro assurde contrapposizioni tra cuochi, camerieri e tutti quanti formano le ‘brigate culinarie’. Trento, insomma, non sembra abbia imboccato la via di una fattiva collaborazione tra saperi locali per sapori nostrani. Impostare una ristorazione che rispecchi il meglio dei valori della comunità. Che non deve comunque essere ancorata al passato, ma adattarsi a stimoli innovativi senza tralasciare impronte identitarie. Per suggerire nuove forme non solo di ristorazione, ma anche di convivialità.

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