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Tutto esaurito per il TrentoDoc Festival ma si deve puntare di più sull'originalità del Trentino. Intanto a 75 bambini è stato consegnato il diploma di mini enologo
I patriarchi del vino trentino (Nello Letrari, Mario Tonon, Riccardo Zanetti, Bruno Lunelli, solo per citare i più autorevoli) consideravano lo spumante una sfida: per loro e verso i consumatori. Si spera che questa caratteristica venga rafforzata e il futuro del settore è legato alle nuove generazioni

TRENTO. Tutto pieno, tutto bene, tutti briosi e dunque tutti contenti? Festival, dunque una festa. Per parterre di consumatori disparati, pubblico extra cittadino, kermesse per promuovere un marchio sicuramente in gran spolvero, anche se spesso legato più alla fama di blasonatissime maison che all’originalità del Trentino. Il tutto esaurito tra i 70 eventi festivalieri del calendario, in pieno stile e formula del festival dello sport, ora bottiglie in sintonia con la forma dello scoiattolo che troneggia sui convenevoli della rassegna Economia.
Eventi e sperticati elogi, più per l’apparenza che per la sagacia di quanti hanno davvero costruito il prestigio delle "bollicine di montagna". Vignaioli, cantinieri, enologi per certi versi visionari, concreti interpreti della magia del vino che rinasce in bottiglia.
Tra gli appuntamenti di queste giornate figurano i bei nomi di un giornalismo autorevole. Comunicatori e sommelier che possono giovarsi del potere editoriale dello sponsor del festival, con il supporto di tutta la macchina di Trentino Marketing e dunque dei vertici della Provincia, senza tralasciare l’operato della Camera di commercio e - inutile negarlo - il traino dei vini mossi indiscutibilmente rinomati.
Spulciando tra i relatori si stenta però a trovare - anzi, non sembra ci siano - enologi che hanno veramente elaborato una Doc decisamente legata al Trentino (alcuni con alle spalle la cura certosina di oltre 150 milioni di bottiglie), lasciando ampio spazio a presentazioni e dibattiti con slogan privi spesso di una sana autocritica. Tutto buono, tutto brioso, tutto ineguagliabile?
Spazio a quanti forse l’uva idonea alla spumantistica l’hanno vista solo su platinati dépliant, spettacolari videoclip, lanci social, che plaudono alle bollicine insistendo prettamente sulla nomea delle cantine. Si spera che dopo questo vero tourbillon trentodocchista almeno non si confonda il Trentino con la zona del Prosecco, neppure con la Franciacorta, in una fase dove l’Alta Langa registra una grande grinta produttiva. Con i piemontesi che puntano prevalentemente su promozioni estere, distribuire il loro sparkling trainati da Barolo e Barbaresco.
Sfruttano insomma il fascino di storici vini rossi per promuovere la particolarità del loro spumante classico, prodotto in vigneti collinari dove un tempo si coltivava il nocciolo. Difficilmente, in riva all’Adige, potranno però farlo Marzemino e Teroldego. Neppure i "nostri" vini bianchi, Nosiola, Mueller Thurgau e altri ancora, sempre penalizzati in ogni confronto, con punteggi da "fuori classifica" nelle graduatorie della critica enologica più severa.
I patriarchi del vino trentino (Nello Letrari, Mario Tonon, Riccardo Zanetti, Bruno Lunelli, solo per citare i più autorevoli) consideravano lo spumante una sfida: per loro e verso i consumatori. Sostenevano già negli anni Sessanta che lo spumante doveva essere un vino di pregio in grado di coinvolgere anche il semplice consumo gioioso, quello delle occasioni familiari, nei momenti di sana convivialità quotidiana, senza troppo insistere sull’esclusività.
Tra le 64 aziende che aderiscono al Trentodoc - e le altre 30 cantine locali che mettono sulla loro etichetta solo la scritta Trento, la vera Doc dello spumante elaborato nelle vocate zone trentine - sono comunque decise a rilanciare ogni sfida, produttiva oltre che promozionale. Cercando di educare ad un consumo più idoneo di vini Trento Doc, spumante da gustare con criterio e con le pietanze più disparate. Da bere a tutto pasto, scegliere quei Trento più immediati, che si comprano a prezzi assolutamente abbordabili (mediamente, una dozzina di euro) e salvaguardare le riserve più stagionate (100 e più mesi e prezzi altrettanto a tre cifre) solo alle ricorrenze memorabili. Ma soprattutto scoraggiare l’assurdo abbinamento che prevede un sorso di spumante classico con una deliziosa fetta di torta farcita di panna montata.
E ancora. Coinvolgere i giovani e combattere l’abuso. Attuare forme educative per le famiglie e azioni di facile degustazione. Come quella andata in scena nei vigenti sotto Castel Madruzzo, sul piazzale della Cantina Pravis, i bambini che calpestano graspi, vinacce e vinaccioli da uve che loro stessi avevano poco prima vendemmiato e immediatamente pigiato in mini torchi. Una didattica scuola enoica - ad ognuno dei 75 bambini è stato consegnato il diploma di mini enologo - con la regia di Erica e Giulia Pedrini, giovani vignaiole. Divertimento e condivisione, gli adulti che sorseggiavano un calice di Blau Dorè, lo spumante classico dell’azienda di Lasino. Un Festival decisamente Trento Doc.