I biodistretti di Trento, Valle dei Laghi e Val di Gresta [...]

I VIDEO. Temperatura sotto lo 0 e pioggia: ecco "servito" [...]

Il lupo ad Ala non fa paura. Gatti: "I cittadini devono [...]

LE FOTO. Corvi e lupi storia di “un’amicizia” [...]

IL VIDEO. Il rarissimo cane procione immortalato dalla [...]

LE FOTO. Quando l’aria fredda impatta con la superficie [...]

Le spettacolari immagini dal satellite della Nasa: il [...]

La Pat dice addio al laghetto della Marchesa: [...]

Trentino, alcuni orsi non sono andati in letargo. Un [...]

IL VIDEO. Camion seppellisce rifiuti sul cantiere della [...]
I cambiamenti climatici spaventano più del covid-19, la Fem: “Si scioglie il permafrost e l’effetto serra globale aumenta”
La Fondazione Mach impegnata nelle ricerche sul campo: “Lo scioglimento del permafrost siberiano sprigiona carbonio antico che da solo rappresenta il 20% delle emissioni di gas serra”

TRENTO. Ormai da molti anni le regioni artiche regioni artiche sono colpite dal riscaldamento climatico che sta provocando lo scioglimento del permafrost, cioè strati di suolo perennemente ghiacciati, uno scongelamento che a sua volta minaccia di aumentare l'effetto serra globale. Questo fenomeno è ben noto alla comunità scientifica internazionale. Ciò che invece non era ancora chiaro, fino ad oggi, era l’età e la quantità del carbonio emesso in atmosfera come gas effetto serra, proveniente dalle acque che sovrastano i terreni perennemente ghiacciati della tundra siberiana.
A scoprirlo è stata una ricerca condotta dalla Vrije Universiteit di Amsterdam, a cui ha partecipato anche la Fondazione Edmund Mach. Vista la portata dello studio è stato anche pubblicato un articolo sulla prestigiosa rivista Nature Communications. I ricercatori hanno scoperto che il carbonio antico, che deriva dallo scioglimento del permafrost, rappresenta da solo il 20% delle emissioni di gas serra. La parte restante dei gas serra non si origina da questo carbonio “antico” e quindi non è causata dallo scioglimento del permafrost, ma da dinamiche di decomposizione di biomassa formatasi in epoca contemporanea.

“La grande preoccupazione della comunità scientifica – spiega Luca Belelli Marchesini del Centro Ricerca e Innovazione FEM – è legata soprattutto al metano che ha un potenziale di riscaldamento climatico ben 32 volte maggiore rispetto alla anidride carbonica”. L’artico siberiano infatti, copre circa un terzo delle terre emerse ed è coperto per circa il 50% da acque interne. Proprio i sistemi acquatici interni (laghi, fiumi, ruscelli e stagni) artici sono considerati degli elementi di forte emissione di gas effetto serra, soprattutto di metano, ma ad oggi la conoscenza del loro ruolo rispetto al bilancio del carbonio della regione Artica rimane estremamente limitata così come non è ancora chiaro in che misura la formazione di questi gas sia alimentata dal carbonio precedentemente stoccato nel permafrost per centinaia o migliaia di anni.

La ricerca, a cui ha partecipato la Fem sarà utile per migliorare le stime del bilancio del carbonio di questi ecosistemi ma anche per comprendere maggiormente i meccanismi di reazione degli ambienti artici terrestri ai cambiamenti climatici. Per la prima volta in un’area di 16 chilometri quadrati sono state analizzate le acque interne. I campioni di acqua sono stati raccolti, analizzati e quindi è stato quantificato e datato il carbonio in esse contenuto. Le emissioni di gas serra dalle acque sono stati poi confrontati con i valori degli scambi gassosi tra tundra ed atmosfera misurati direttamente nell’area di studio da una stazione micrometeorologica.