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''Il silenzio della Provincia sull'omofobia in Trentino rischia di legittimarne la presenza''. Shamar Droghetti è il nuovo presidente di Arcigay: ''Ripartiamo dal territorio''

Shamar Droghetti è il nuovo presidente dell'Arcigay del Trentino, riceve il testimone da Lorenzo De Preto. Sull'omofobia in Trentino spiega: ''Non possiamo stare fermi anche se ci fosse solo un caso. Purtroppo la sensazione è che vi sia un sommerso importante e la pandemia ha reso la situazione anche più difficile". Vicepresidente sarà Lucrezia Michelotti e il consiglio direttivo sarà formato da Nicola Gretter, Alice Fronza, Alberto Battarelli e Paolo Carli

Di G.Fin - 10 ottobre 2021 - 06:01

TRENTO. “Vogliamo riprenderci i nostri spazi, quelli che questa pandemia ci ha tolto. Vogliamo continuare anche in Trentino la battaglia per i diritti civili, contro l'omofobia facendo rivivere a tutto il territorio il Dolomiti Pride”. Shamar Droghetti è il nuovo presidente dell'Arcigay del Trentino. Riceve il testimone da Lorenzo De Preto e avrà il compito di guidare l'associazione per i prossimi tre anni. Già leader dei giovani di Arcigay a livello nazionale, responsabile scuola, attivista e formatore, 33 anni, avrà al suo fianco la vicepresidente Lucrezia Michelotti e un consiglio direttivo formato da Nicola Gretter, Alice Fronza, Alberto Battarelli e Paolo Carli.

 

La sua mozione “I colori in movimentoDal centro alla periferia per costruire un nuovo senso di comunità” con il solo titolo spiega quali siano gli importanti obiettivi che si vogliono raggiungere nei prossimi 3 anni riconfermando la presenza dell'associazione su tutto il territorio.

 

Shamar Droghetti, l'anno della pandemia è stato il peggiore per la comunità lgbt+. Ora che l'emergenza sanitaria sta via via calando l'impegno delle associazioni è fondamentale per rimettere in piedi interi mondi. Come pensate di intervenire ?

Abbiamo pienamente la consapevolezza che durante questa emergenza sanitaria tante fragilità e tante solitudini sono state accentuate. Per questo dobbiamo porre l'attenzione su un primo bisogno importante che è quello di andare sul territorio, lavorare con le comunità, rioccupando gli spazi tipici relazionali dal vivo mettendo in relazione le persone.

 

La pandemia è stata un acceleratore di tendenze che già si erano mostrate negli anni precedenti, ma nell'ultimo anno e mezzo sono esplose. Solitudine ma non solo.

Sì e per uscire da questa situazione il territorio deve essere il filo conduttore della nostra azione per rimettere insieme una comunità che purtroppo è rimasta sfilacciata e lo faremo non solamente attraverso un movimento culturale che coinvolgerà tantissime persone, associazioni e istituzioni ma anche con eventi come il “Dolomiti Pride” che è stato organizzato nel 2018. Lo faremo diventare un appuntamento periodico che porterà l'arcobaleno non solo a Trento ma anche nelle valli e in tutta la regione con la collaborazione dell'Arcigay di Bolzano. Vogliamo farci vedere e rioccupare gli spazi di agibilità politica.

 

Non sarà semplice, i rapporti con la giunta provinciale a trazione Lega non sono stati semplici negli ultimi anni. Sono stati fatti passi indietro nei diritti civili?

Sì, purtroppo. Io credo però che al di là di quello che possono essere le rivendicazioni che la politica ci ha tolto o che ha cercato di contrastare, il Trentino rimane essere un terreno fertile per le nostre istanze. Lo dimostrano le partecipazioni viste non solamente durante il primo 'Dolomiti Pride' ma anche nell'ultima manifestazione per il ddl Zan. Tantissime persone che scendono in strada con noi e per noi. Il tessuto sociale risponde e questo dimostra anche che a volte la politica rimane indietro rispetto a quella che è la lettura della realtà.

 

In Trentino c'è un tema importante. Quello delle valli e delle difficoltà che si ha nel rintracciare i problemi vissuti da tantissimi ragazzi e ragazze che vivono in periferia.

Il tema della territorialità è centrale e proprio perché orografia del nostro territorio è molto specifica, fatta di valli e piccoli paesi, con contesti anche difficilmente raggiungibili, è necessaria una riflessione. Sono questi i luoghi dove bisogna andare, dove è importante far percepire la nostra presenza con eventi anche i collaborazione con altre realtà. Vogliamo con il tempo creare una rete di volontari diffusa sul territorio capace di attivarsi in situazione di difficoltà o disagio. Importante sarà poi l'adesione di un numero sempre maggiore di Comuni alla rete ready e il coinvolgimento delle Comunità di Valle.

 

Non sono mancati i casi di omofobia in Trentino. I numeri non solo elevati ma l'attenzione deve rimanere alta. Cosa serve fare?

Anche se avessimo solo un caso sarebbe molto preoccupante. Non possiamo stare fermi davanti a sintomi di intolleranza verso gli altri e le altre. La sensazione, purtroppo, è che situazioni simili ce ne siano molte di sommerse sul territorio. In Trentino da questo punto di vista c'è ancora tanto da fare per rendere il territorio più inclusivo. La strada da fare è ancora lunga  ma l'impegno di certo non mancherà. Avere delle istituzioni, come la Provincia, che rimangono silenti davanti a problemi simili di certo non aiuta la causa e legittima anche una certa omofobia di fondo.

 

Con il Comune di Trento e tante altre amministrazioni sul territorio il dialogo non si è mai interrotto. Con la Provincia, invece, come pensate di rapportarvi?

Abbiamo invitato l'assessora Segnana al nostro congresso ma ci ha risposto che era già impegnata. Noi il dialogo lo cercheremo sempre. Non veniamo ascoltati ma non smetteremo mai di farci sentire.

 

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