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Buoni pasto, tra rincari e crisi energetica ai ristoratori non convengono più. I sindacati: ''In molti casi non vengono più accettati. Si aumenti il loro valore, fermo dal 2009"
Come confermato dall'Associazione ristoratori del Trentino "molti associati non hanno voluto rinnovare la convenzione" tra caro energia e aumento delle materie prime. Nursing Up: "Il rimborso previsto pari a 6 euro è totalmente insufficiente a garantire la copertura del prezzo di un pasto presso i servizi di ristorazione"

TRENTO. I buoni pasto stanno diventando antieconomici per i ristoratori. E' questo ciò che conferma Marco Fontanari, presidente dell'Associazione ristoratori del Trentino. "Quest'anno moltissimi dei nostri associati non hanno voluto rinnovare la convenzione, a loro non conviene più: tra i costi delle commissioni, gli aumenti del caro energia e delle materie materie prime non è più conveniente".
Ma facciamo un passo indietro. Molte sono state le segnalazioni arrivate in primis dai lavoratori che sono state raccolte dai sindacati. "Il valore del buono pasto deve essere aggiornato - dichiara Giuseppe Pallanch, segretario della Cisl Fp - per salvaguardare i lavoratori di tutti i settori e il potere d'acquisto". Tra i problemi si registrano infatti un mancato rispetto del menù convenzionato con esborsi da parte dei lavoratori che arrivano anche a 8 euro oltre il buono.
"Abbiamo riscontrato più casi di una condizione di disagio lavorativo che interessa infermieri e professionisti sanitari - dichiara Cesare Hoffer, coordinatore Nursing up Provincia Trento - che operano nelle varie realtà territoriali. In particolare in concomitanza con la nuova convenzione recentemente adottata dall’azienda sanitaria ed usufruibile tramite 'Buoni app Day', alcuni esercizi di ristorazione non intendono garantire più la possibilità ai dipendenti in oggetto di accedere nei loro locali per la consumazione del pasto, in quanto la ritengono antieconomica e lamentando aumento dei costi di gestione che ricadono sui gestori stessi".
Una cosa che viene confermata dai ristoratori: "Non è detto che per tutti le commissioni siano aumentate - prosegue Fontanari-. Certo è che anche nel caso in cui fossero rimaste uguali ormai il costo del buono pasto in molti casi non è sufficiente e il ristoratore va in perdita, considerando che il valore nominale di un buono si aggira in media intorno ai 6 euro e su questa cifra abbiamo delle spese a nostro carico. Non conviene quasi più accettarli in molti casi". Anche i ristoratori concordano sul fatto che "debba esserci un aumento del prezzo del buono pasto: spesso le condizioni non sono più vantaggiose per l'impresa".
Lo svantaggio secondo Nursing Up, andrebbe a ricadere sui lavoratori che si trovano "nelle valli e in periferia", più che nei centri abitati più grandi dove l'offerta risulterebbe essere maggiore.
"I dipendenti che operano sul territorio - prosegue Hoffer -, rispetto ai molti colleghi che hanno la possibilità di accedere alla mensa pagando 1,19 euro, sono di fatto già svantaggiati in partenza, in quanto il rimborso previsto pari a 6 euro è di fatto totalmente insufficiente a garantire la copertura del prezzo di un pasto presso i servizi di ristorazione. L’attuale tariffa infatti è stata stabilita nel 2009 ed è pertanto ormai anacronistica e del tutto insufficiente visto il caro vita attuale, costringendo i nostri professionisti a integrarla quotidianamente con proprie risorse economiche".
Diverse quindi le richieste inviate in questi giorni alla Provincia: "Si garantisca la possibilità ai dipendenti di recarsi nelle mense disponibili presso l’Apss - propone Nursing Up -, anche se impegnati fuori sede. Attivare altri servizi mensa, già operativi presso altri enti pubblici o privati. Fare una ricognizione sugli esercizi di ristorazione disponibili, al fine di implementare le convenzioni".
In aggiunta sostiene anche Luigi Diaspro della Fp Cgil "il valore dei buoni pasto in Trentino è inferiore al livello nazionale - dichiara - qui poi non è stato recepito il Decreto del Ministero dello sviluppo economico (numero 122 del 2017) che prevede la cumulabilità fino a 8 buoni e la possibilità di spenderli in negozi convenzionati, oltre al tema della mancata concessione dello stesso per alcune migliaia di lavoratori in lavoro agile". Le richieste anche per Fp Cgil sono chiare: "L’immediato stanziamento di risorse per l’aumento dei buoni: in Italia è a 7 euro, in Trentino è fermo a 6 e la stesura di opportune direttive per la cumulabità e la 'spendibilità' allargata".