Dalla trota fario al salmerino alpino ancora stop al ripopolamento in Trentino: pescatori e gestione ittica snobbati dalla Provincia
Dopo molti mesi di vani tentativi di dialogo l'Unione Pescatori Trentini denuncia la colpevole inerzia della Provincia rispetto all'indispensabile tutela della gestione attiva della fauna ittica naturale e della pesca, modello riconosciuto e apprezzato a livello nazionale da decenni, oggi arenato tra le sabbie mobili

TRENTO. “Abbiamo tentato per diversi mesi un dialogo con la Provincia ma fino ad ora non si è riusciti a trovare nessuna soluzione”. E' un intervento molto duro quello che arriva dall'Unione Pescatori Trentino nei confronti della Provincia di Trento.
I pescatori parlano di “inerzia” della Pat rispetto all'indispensabile tutela della gestione attiva della fauna ittica naturale e della pesca, modello riconosciuto e apprezzato a livello nazionale da decenni, oggi arenato tra le sabbie mobili del divieto di ripopolamento della Trota fario e di altre specie pregiate di salmonidi ampiamente acclimatate e oggetto da secoli della cosiddetta "coltivazione ittica diffusa" del reticolo idrografico.
IL RUOLO DEI PESCATORI TRENTINI
Il problema sta andando avanti da diverso tempo e più precisamente a partire dalla primavera del 2021, quando, a seguito di una interpretazione ministeriale riferita ai criteri di tutela della biodiversità ittica ha cominciato a mostrare i suoi deleteri effetti sulla gestione della fauna ittica delle acque libere e della pesca.
“Da quel momento – spiega dall'Unione dei Pescatori del Trentino – non abbiamo perso occasione per cercare, attraverso il dialogo con gli organi politici e amministrativi della Provincia autonoma di Trento, soluzioni concrete a tutela di un percorso virtuoso di gestione della fauna ittica avviato da decenni e basato su una plurisecolare tradizione di 'coltivazione ittica diffusa' delle acque, riconosciuta dalla stessa Carta ittica provinciale come base fondamentale per la gestione sostenibile della pesca in Trentino” senza però trovare dall'altra parte azioni concrete che potessero in qualche modo portare ad una soluzione.
Le associazioni territoriali dei pescatori - è utile ricordarlo - hanno un ruolo sostanziale e formale, di gestione del patrimonio ittico pubblico. La normativa affida in gestione ai pescatori - cioè alla componente sociale più direttamente interessata - la gestione attiva e diffusa sul territorio delle attività necessarie alla conservazione e all'uso sostenibile delle preziose risorse ittiche nei corsi d'acqua trentini.
“Fino al recente passato – spiegano i pescatori - pur non senza discussioni e passaggi talora difficili, la materia è stata gestita in una sorta di percorso condiviso (per non dire co-gestito) tra Provincia e Associazioni, con la prima responsabile dell'indirizzo, del controllo e del finanziamento parziale delle attività di gestione di pubblico interesse, e le seconde costantemente occupate nelle attività di controllo ambientale sulle acque, di sorveglianza sulla pesca e di ripopolamento ittico” .
Oltre all'impegno per migliorie degli habitat ittici, spesso insidiati o degradati da forme varie di alterazione, la Carta Ittica indicava tra le linee guida prioritarie la necessità di sostenere le popolazioni ittiche naturali di Salmonidi e non con interventi calibrati di ripopolamento al fine di superare o compensare le situazioni di degrado e depauperamento del patrimonio ittico. D'altra parte, proprio le più avanzate tra le associazioni dei pescatori trentini avevano avviato già da alcuni anni le prime esperienze di riproduzione assistita in speciali impianti ittiogenici a bassa densità, incentrando l'attenzione soprattutto sulla Trota marmorata, la nostra trota di fiume autoctona, minacciata da molte alterazioni ambientali e bisognosa di tutela e sostegno.
A fianco di questa attività di vera e propria conservazione della biodiversità, progressivamente sostenuta anche finanziariamente dalla Provincia sulla base della Carta ittica del 2001 anche tramite il sostegno alla realizzazione e alla gestione qualificata di impianti ittiogenici dedicati alla riproduzione e al ripopolamento della più tipica trota delle acque di fondovalle, le associazioni hanno portato avanti la riproduzione e il ripopolamento di altre specie di interesse per la pesca, come la Trota fario, il Salmerino alpino, la Trota lacustre, il Coregone lavarello.
Tutte queste specie, anche se originariamente assenti dal territorio provinciale, formano da secoli diffuse popolazioni naturali e stabili. Costituiscono una componente assolutamente stabile e acquisita del popolamento ittico di migliaia di chilometri di corsi d'acqua montani (Trota fario), di una miriade di laghi d'alta quota (Salmerino alpino) e di diversi laghi pedemontani e collinari più o meno vasti (Trota lacustre e Coregone lavarello).
L'INTRODUZIONE DEL DIVIETO DI RIPOPOLAMENTO DI ALCUNE SPECIE
Le interpretazioni fatte negli scorsi anni della normativa stanno oggi creato un vero e proprio disastro.
“L'introduzione forzosa e ingiustificata del divieto assoluto di ripopolamento e reintegrazione delle popolazioni delle acque libere con queste specie, ritenute erroneamente 'alloctone tout-court' – spiega l'Unione Pescatori Trentini - è a tutt'oggi per noi inaccettabile. Si tratta, infatti, non di pericolose specie invasive introdotte ex novo o delle quali si rischia la dannosa introduzione, bensì di specie altamente esigenti, ampiamente diffuse e storicamente presenti sul territorio, oggetto di gestione plurisecolare, risorsa pregiata del reticolo idrografico alpino e trentino in particolare”.
LA RICERCA DI UN DIALOGO CON LA PROVINCIA
Da oltre un anno le associazioni dei pescatori trentini hanno chiesto con forza alla Provincia di Trento di farsi parte attiva al Ministero, anche in nome dell'autonomia speciale, per far valere il "modello trentino" che ha già insiti in sé i principi di tutela della biodiversità.
“Incomprensibilmente – attaccato i pescatori - seguendo forse i suggerimenti di altri soggetti estranei alla gestione delle acque in Trentino, la Provincia ha scelto un'altra strada, convenendo con gli organismi ministeriali procedure di deroga (accompagnate da cosiddetto 'studio del rischio') che però nel concreto hanno finito per avallare soltanto un incremento delle immissioni delle cosiddette "trote pronta pesca", vale a dire di trote artificiali e nominalmente sterili allevate all'ammasso nelle troticolture commerciali, appartenenti anche a specie del tutto estranee al territorio trentino, come la Trota iridea, in quantitativi enormemente maggiori rispetto a quanto ammesso dalla stessa Carta ittica”.
Un comportamento, spiegano, “inaccettabile” e lo è ancora di più se si tiene conto che realtà regionali contigue di grande rilevanza, come Lombardia e Veneto “hanno seguito una via completamente opposta, facendo valere le proprie Carte ittiche” continuando a operare i ripopolamenti programmati appena oltre i confini trentini.
“A risolvere la situazione non giova - spiega ancora l'associazione - certamente la condotta della Provincia che, millantando un inesistente accordo con le nostre associazioni territoriali, continua a rifiutare l'ascolto delle solide ragioni dei pescatori trentini, arrivando persino a lasciare senza risposta esplicite e precise richieste avanzate da mesi (via Pec) non solo riguardo all'interpretazione del 'decreto immissioni', ma anche sul tema - purtroppo attualissimo - degli abusi ambientali sugli ambienti acquatici e segnatamente del mancato rispetto dei deflussi minimi vitali a valle di diverse opere di presa idrica sui corsi d'acqua”.