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Mosaici, sculture e pittura, palazzo de Probizer ospita una mostra tra creatività, magia e sentimento

Il palazzo de Probizer è diventato una potenziale bengodi per chi crede che la cultura faccia comunità e che la comunità debba giocare con un respiro a pieni polmoni la carta della cultura. Le opere di Alberto Larcher, Fabio Seppi, Giuliano Orsingher, Gloria Zeni e Paolo Tartarotti in mostra a Isera

Di Carmine Ragozzino - 03 ottobre 2017 - 18:27

ISERA. A Isera il palazzo è un gioiello. E’palazzo de Probizer, il settecento dei muri e delle suggestioni. Il palazzo sarebbe rimasto storia dimenticabile – seppur ricca – senza la caparbia e ammirevole sfida di un’ormai archiviata amministrazione del paese in Vallagarina.

 

Si decise, non senza problemi e non senza batticuori, una doppia rinascita della nobiliare dimora. Ristrutturazione dunque. E recupero funzionale, il che già non è poco in termini di amore. Ma quella di Palazzo de Probizer è stata una ristrutturazione 'mirata' ad un uso civile, collettivo, che diventa di 'civiltà'.

 

Il palazzo de Probizer, infatti, è diventato una potenziale bengodi per chi crede che la cultura faccia comunità e che la comunità – anche una piccola comunità – debba giocare con un respiro a pieni polmoni la carta della cultura. Le sale – belle, emozionanti – sono state attrezzate all’uopo artistico.

 

Pare poco? E’ tantissimo. I pannelli già appesi rendono ogni allestimento più semplice. Una scelta che abbatte i costi. Un invito allettante a  riempire i pannelli di creatività, perizia, magia e sentimento. Con la mostra dal titolo 'Percorsi Isera 1' – (mostra che aprirà sabato 7 alle 18 per durare fino al 28 ottobre) – Mario Cossali e Remo Forchini, i curatori dell’evento – moltiplicano una significativa occasione artistica per cinque. Sono cinque, infatti, gli artisti chiamati a raccontarsi – e a raccontare anche parte del loro intimo – attraverso tecniche e sensibilità alquanto diverse.

 

Tuttavia Alberto Larcher, Fabio Seppi, Giuliano Orsingher, Gloria Zeni e Paolo Tartarotti hanno un tratto comune. Certo, non è e non potrebbe essere un tratto artistico: mosaico, decorazione, assemblaggio, s/cultura, figura e colore esplicitano personalità, storie ed abilità diverse. Molto diverse. Epperò i cinque sono un tutt’uno quando salgono in cattedra per impartire agli studenti la sempre più rara didattica delle passioni.


I cinque, infatti, sono tutti insegnanti del Vittoria, il liceo delle arti di Trento. Al Vittoria fanno squadra ormai da una vita. Una squadra che gioca la partita di un’amicizia solida e reciprocamente rispettosa seppur spesso venata di un cazzeggio salvifico. E va da se che dall’amicizia e dalla stima reciproca nasce l’attitudine al confronto ed allo scambio delle competenze.

 

Nel mondo dell’arte – mondo frequentemente prigioniero di presunzione e autoreferenzialità - accade di rado. Nella scuola succede ancor meno. Ma quando succede – e con i cinque in questione è finalmente normalità di lunga data – la scuola migliora.

 

Gli studenti se ne accorgono e spesso ringraziano. E l’arte – sì perché al Vittoria l’arte si insegna ma ancor più si pratica – diventa azione. Una buona azione che il più delle volte – nelle decine di progetti ideati dentro la scuola ma rivolti all’esterno della scuola – riesce nel miracolo di mettere sullo stesso piano i giovani aspiranti artisti e i loro docenti.

 

La mostra di Isera, tuttavia, non è e non vuol essere una succursale espositiva del Vittoria. Se così fosse stato i protagonisti non sarebbero più solo cinque ma decine per quanto ampie e varie sono le potenzialità che il Vittoria esprime assieme a Depero e Bonporti (tre gambe creative, un solo liceo).

 

Alberto Larcher fa mosaici. Fa a pezzi la vita, anzi la fa a pezzetti, vitalizzando un vetro, una ceramica, un chiodo e via raccattando nella discarica del disuso quotidiano. Il mosaico, il suo mosaico, è ricomposizione. Anzi, composizione. A volte poetica. A volte musicale. Sempre e comunque con l’urgenza di dare un messaggio sociale in cui c’è tutto meno che la neutralità. Fabio Seppi decora i pensieri annullando con la calma olimpica del suo carattere la distanza tra Oriente ed Occidente.


Arte antica, antichissima, che si fa moderna. Modernissima. Giuliano Orsingher è il rustico che fa tendenza. Porterebbe la città in montagna per obbligarla ai silenzi. O almeno al non parlare a vanvera. Non potendo l’onnipotenza si limita all’intensità di un omaggio: alla natura, alla sua lezione.

 

L’arte di Orsingher è anche arte di pietra. Di una pietra che forma e che informa: un libro di pietra sarà pur sempre un libro. Un libro di sacralità, di evocazione. Gloria Zeni dà significato all’insignificante. Gli oggetti possono essere sparsi ma non sono mai persi. Nei suoi lavori gli oggetti si confondono e si fondono. Diventano strumenti per storie, mondi pubblici, mondi privati.


E Paolo Tartarotti, infine, non sfuma nelle sfumature. Nei suoi lavori il colore carica di forza impattante il reale e l’onirico, la cronaca e l’immaginario. Il figurativo fa scuola, ovviamente: con il pennello l’improvvisazione è solo apparenza. Sarà pure un pacioccone il Tartarotti. Ma non quando dipinge. Fatti i mini identikit dei cinque artisti/professori è bene fermarsi. E fermarsi all’invito.


L’invito ad una mostra che Cossali e Forchini, un’anima in due per quanto è rodata la sintonia tra critico e gallerista, hanno fortemente voluto come proposta extra artistica. Aprire palazzo De Probizer ai cinque di cui sopra è, infatti, anche una convinta scelta propedeutica. Perfino politica.

 

Gli insegnanti artisti del Vittoria meritano di loro per la qualità non sempre conosciuta di un arte che non gonfia i loro portafogli. Ma gli insegnanti artisti non sono scollegabili da una scuola che forma all’arte e dà chances ai talenti acerbi nelle tecniche ma maturi nelle idee e nella voglia di concretizzarle.

 

Dare all’istruzione artistica dignità e visibilità non né mecenatismo. E’ un’opera pia. Mario Cossali e Remo Forchini non sembrano tendere alla santità ma se hanno chiamato la mostra di Isera 'Percorsi 1' significa che dopo l’1 verrà un 2 e forse un tre. E in quei numeri potrebbero trovare spazio quegli studenti-artisti che nonostante i guai crescenti e demotivanti della scuola i cinque maestri-artisti non si sono ancora stancati  di crescere e far crescere.


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