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Sait, la Filcams-Cgil: ''In 60 sono stati lasciati a casa, non c'è nulla da festeggiare". Chieste le dimissioni di Dalpalù
Amarezza e delusione, non certo soddisfazione. "E' stato fatto un bagno di sangue ma il sacrificio non servirà a far decollare un settore portato al collasso da una classe dirigente che non ha saputo mostrare un minimo di responsabilità"

TRENTO. L'accordo sul Sait è stato firmato anche dalla Filcams-Cgil, obbligata a prendere atto della volontà dei lavoratori che si sono espressi nel referendum interno che ha visto 140 favorevoli e 69 contrari. "Ma non c'è nulla da festeggiare", spiegano i sindacalisti di via Muredei.
"Il giorno dell'accordo non abbiamo rilasciato nessuna dichiarazione - spiega Roland Caramelle - non ci siamo voluti aggiungere al coro di coloro che si sono detti soddisfatti. Un sentimento dichiarato non solo dall'azienda ma anche da altre organizzazioni sindacali", osserva amaramente.
"Potremmo anche noi sbandierare il successo di aver portato a 60 gli esuberi, a fronte di un numero iniziale che era di 116 lavoratori, ma la realtà è un'altra. In 60 - sottolinea Caramelle - rimangono a casa, non c'è veramente niente da festeggiare, nessuna soddisfazione".
Sono previsti gli incentivi all'esodo, "ma saranno i lavoratori a pagare questo". L'accordo prevede, infatti, che i lavoratori del magazzino movimentino 135 colli all'ora. Se non si raggiunge questa quota ci sarà un taglio economico annuo di più di mille euro.
"Impossibile raggiungere quella quota - spiegano i sindacalisti - perché si tratta di chili, di quintali, di tonnellate a fine giornata che pesano sulle schiene di lavoratori che non sono poi così giovani. Per non parlare di chi dovrà muovere 135 colli all'ora all'interno delle celle-frigo".
La delusione è davvero palpabile. "Hanno chiesto un bagno di sangue - afferma Caramelle - ma il sacrificio non è servito per rilanciare un comparto, per far ripartire la distribuzione. Il mondo della cooperazione è in crisi e questo è ormai sotto gli occhi di tutti".
"I lavoratori hanno pagato le scelte di un gruppo dirigente che ha portato al collasso un intero sistema. Quei dirigenti sono ancora al loro posto e sono quelli che ieri hanno espresso soddisfazione. Se tutto questo fosse successo nel privato, in una qualunque s.p.a., sarebbero stati gli stessi azionisti a chiedere la loro testa".
"Qui non ha vinto nessuno - osserva Caramelle - e per questo dopo tutta questa vicenda, a fronte di 60 persone che perdono il posto di lavoro, il presidente Renato Dalpalù dovrebbe rassegnare le proprie dimissioni".
"Fino ad ora - incalza Caramelle - i vertici Sait non si sono assunti nessuna responsabilità. Solo i lavoratori hanno pagato, quindi è proprio il caso che Dalpalù si dimetta: sarebbe il primo suo atto responsabile da quando è iniziata la crisi del Sait".
Più morbido il comunicato unitario di Cgil, Cisl e Uil: "Alla luce dell'intesa raggiunta ieri sugli esuberi Sait riteniamo opportuno oggi ribadire che è fondamentale l'impegno di tutti per garantire la massima ricollocazione possibile di tutti i lavoratori e le lavoratrici licenziate, attraverso azioni di orientamento e riqualificazione concrete. Un contributo importante in questa direzione può arrivare da Agenzia del Lavoro, la cui collaborazione riteniamo vada ricercata fin da subito".
Il piano sociale proposto dalla Federazione della Cooperazione ha segnato un punto importante in questa vertenza. "Al di là delle buone intenzioni contenute in quel progetto è fondamentale adesso concentrasi sulla sua attuazione in accordo e sinergia con tutte le istituzioni che sul nostro territorio si occupano di politiche del lavoro".
"Siamo perfettamente consapevoli infatti che i percorsi di riqualificazione non sono mai semplici e non sempre danno risposte adeguate alle aspettative delle persone, ma sono uno strumento importante da usare nel modo migliore, non solo con l'attuazione di interventi, ma anche monitorando gli effetti delle misure e accompagnando le persone, sul piano lavorativo, ma anche umano".
"Esprimiamo apprezzamento per la posizione espressa dal presidente Fezzi in merito all'intenzione di trasformare in strutturale l';intervento messo a punto per la crisi Sait. In tal senso riteniamo che i rapporti bilaterali siano importanti per il futuro della cooperazione trentina, impegnata nel difficile compito di trovare un equilibrio tra competizione e attenzione alle persone".
"Ci sono spazi importanti per lavorare insieme per risolvere le contraddizioni in essere - concludono i tre sindacati - pensiamo che la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori nelle aziende siano la strada giusta per individuare risposte coerenti anche on i principi e i valori in cui la cooperazione si riconosce".