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Coronavirus e ricorso al Fondo di solidarietà per fronteggiare la crisi, i sindacati: ''Bene ma i soldi non sono della Provincia ma dei lavoratori''
Le parti sociali chiedono di essere coinvolte nel processo decisionale. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil: "Non sono soldi della Provincia. Anche per questo abbiamo chiesto di essere convocati dagli assessori Failoni e Spinelli all'incontro di lunedì visto che in prima battuta la Giunta si è rapportata solo con le imprese"

TRENTO. "E' positivo che la Giunta provinciale abbia compreso l’utilità del Fondo di solidarietà del Trentino, strumento unico in Italia", questo il commento di Paola Bassetti (Filcams Cgil), Lamberto Avanzo (Fisascat Cisl) e Walter Largher (Uiltucs Uil) sull'intenzione della Provincia di ricorrere a questa misura per fronteggiare la crisi causata dal coronavirus (Qui articolo).
"Ricordiamo a Fugatti e agli assessori che il Fondo è attivo dal 2016. E' già stato utilizzato da decine di imprese anche durante il post tempesta Vaia. Soprattutto si tratta di un fondo bilaterale - commentano i sindacati - costituito da associazioni datoriali e organizzazioni sindacali: i 14 milioni oggi a disposizione sul suo bilancio sono per la grandissima parte frutto dei versamenti di 54 mila lavoratrici e lavoratori del terziario e di 8.700 aziende trentine del settore".
Le parti sociali chiedono di essere coinvolte nel processo decisionale. "Non sono soldi della Provincia. Anche per questo - aggiungono Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil - abbiamo chiesto di essere convocati dagli assessori Failoni e Spinelli all'incontro di lunedì visto che in prima battuta la Giunta si è rapportata solo con le imprese. E' necessario un confronto immediato sulle misure per mitigare gli effetti della crisi che si sta abbattendo sul settore alberghiero e della ristorazione".
La richiesta è stata avanzata in forma ufficiale attraverso una lettera, accolta dalla Provincia. "Chiediamo alle aziende di utilizzare il Fondo per tutti i propri addetti, anche per gli stagionali - concludono Bassetti, Avanzo e Largher - senza licenziare nessuno. Il rischio è che i lavoratori con contratti a termine possano perdere il diritto alla Naspi e, cosa altrettanto grave, vedano ridursi significativamente il periodo coperto dall’indennità di disoccupazione. A rischio ci sono i redditi di migliaia di famiglie".