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“La frequenza di questi eventi sarà sempre maggiore”, dopo la strage sulla Marmolada l’avvertimento degli esperti: “Colpa dei cambiamenti climatici”
Tutti i fattori che hanno causato la catastrofe sulla Marmolada: i cambiamenti climatici ma, spiega il direttore dell’Istituto di medicina di emergenza in montagna, “anche una combinazione tra un inverno poco nevoso e temperature molto alte”. Budel: “Quello che è successo era difficile da prevedere, si è staccato un blocco di ghiacciaio il giorno peggiore nell’orario peggiore”

TRENTO. “Quello che è successo era difficile da prevedere. Si è staccato un blocco di ghiacciaio il giorno peggiore, domenica, alle 14, l’orario peggiore”, questo il commento di Carlo Budel, l’alpinista che gestisce Capanna Punta Penia, dopo la tragedia sulla Marmolada.
Lo scorso 3 luglio non erano ancora scattate le 14 quando, tra Pian dei Fiacconi e Punta Penia, sono precipitati a valle 300.000 metri cubi di ghiaccio e detriti che hanno travolto almeno due cordate di alpinisti che stavano tentando di raggiungere la vetta. Si stima che il fronte del crollo sia stato di circa 90 metri di lunghezza per un’altezza massima di 40 metri, un ammasso gigantesco “lanciato” a circa 300 chilometri orari.
“Tutte le previsioni danno per scontato che entro la fine di questo secolo non ci saranno quasi più ghiacciai in Alto Adige”, spiegava Klaus Unterweger, direttore dell’Agenzia per la Protezione civile della Provincia di Bolzano. Come sottolineano gli esperti il ritiro dei ghiacciai non è un fenomeno nuovo e la Marmolada lo subisce nella stessa misura delle altre vette dell’arco alpino. Come dimostrato da un progetto coordinato dall’Eurac Research, con la collaborazione dell’Università di Innsbruck e della Provincia di Bolzano, nell’ultimo secolo, la temperatura nelle Alpi è aumentata di due gradi. Nei giorni precedenti alla tragedia in vetta alla Marmolada erano stati toccati i 10 gradi, un record.
“L’osservazione da satellite è il metodo principale per rilevare lo stato dell’innevamento stagionale dei ghiacciai”, afferma Claudia Notarnicola, fisica dell’Eurac e vicedirettrice dell’Istituto per l’osservazione della Terra. fra gli obiettivi dei ricercatori c’è proprio quello di identificare strumenti innovativi per poter garantire un monitoraggio dei ghiacciai più frequente. “Quest’anno in particolare abbiamo osservato uno scarso innevamento invernale del ghiacciaio sulla Marmolada, il che può produrre conseguenze come quelle che oggi sono sotto gli occhi di tutti”.
Non è la prima volta che in Italia si verificano distacchi di ghiaccio così importanti, ma come evidenzia Giacomo Strapazzon, medico e direttore dell’Istituto di medicina di emergenza in montagna, un caso molto simile si verificò nel 2015 sull’Everest: “Anche in quella sfortunata circostanza ci furono molte vittime, perché venne travolto un campo base”. Eventi come quello della Marmolada però non sono semplici valanghe: “Le persone muoiono o restano ferite a causa dei traumi riportati, per le valanghe invece il pericolo maggiore è quello di rimanere seppelliti sotto la neve senza riuscire a respirare”.
Anche secondo Strapazzon la tragedia della Marmolada non era prevedibile, per questo sarebbe poco sensato pensare a una chiusura stagionale: “C’è stata una combinazione di vari fattori, tra cui un inverno poco nevoso e temperature molto alte che si sono intensificate negli ultimi giorni. Prevedere il momento di un distacco è sempre molto difficile a meno che non siano stati installati dei sistemi di monitoraggio”. L’esperto però conclude con un avvertimento: “In futuro, a causa dei cambiamenti climatici, la frequenza di questo tipo di eventi sarà sempre maggiore”.