Sapete che vi dico? Sono contento che l'impresa di Messner sia uscito dai Guinness: tutto l'alpinismo dovrebbe uscirne
Il contributo (provocatorio) di Pietro Lacasella di Alto Rilievo/Voci di Montagna sulla vicenda che ha riguardato il ''Re degli 8.000''

ASIAGO. Sapete cosa vi dico? Sono contento che l'impresa di Reinhold Messner sia uscita dalla lista dei Guinness dei primati. Sono felice che dallo stesso elenco siano stati depennati Kukuczka, Wielicki, Loretan, Martini e diversi altri. Sarei ancora più entusiasta se dal volume dei Guinness fosse escluso l'intero blocco dell'alpinismo.
Ovviamente scrivo tutto questo col gusto della provocazione e senza puntare il dito contro la logica "Guinness" che poggia su una solida e coerente struttura. Il record infatti si basa sui numeri, sulla loro formidabile precisione che, in molti ambiti (quello scientifico su tutti), aiuta l'uomo a guardare il mondo con l'occhio dell'oggettività.
Forse per questo motivo è un eccezionale elemento di attrazione sociale: definisce con chiarezza anche dinamiche difficili da contornare. Ma se il record attrae, allo stesso tempo può anche distrarre. Quei numeri, così netti, se non contestualizzati rischiano di ridurre il valore di un'esperienza; di semplificarla in modo eccessivo, privandola di altri formidabili aspetti che possono renderla grande.
Di conseguenza una vetta mancata di pochi metri, ma salita attraverso un percorso estremamente difficile (non solo da un punto di vista tecnico, ma anche etico) rischia di passare in secondo piano rispetto a vette raggiunte attraverso espedienti decisamente discutibili. Ma la logica del record è severa, perché assoggettata ai numeri, alla precisione assoluta. Ed è giusto così.
Forse è per questo che l'alpinismo dovrebbe prenderne le distanze. O meglio, dovrebbe imparare a leggere quei numeri all'interno di un contesto sfumato, plurale, dalle mille facce. Un contesto dove il numero e solo una componente parziale. Importante, certo, ma parziale.