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Candidato presidente, il Pd farà un nome alternativo che non passerà. E in sella rimane Rossi
Ogni alternativa si scontra con i veti incrociati e con gli equilibri interni. Le Stelle Alpine fin da subito hanno messo sul tavolo il nome dell'attuale presidente. Gli altri, invece che organizzarsi, coalizzarsi, fare sintesi e trovare qualcuno che potesse veramente portare un po' di aria nuova, hanno perso tempo

TRENTO. "Si cambia tutto, si cambia tutto, anche il candidato presidente. Rinnovamento! Rigenerazione! Cambio di rotta!". Un ritornello che si è sentito gridare ai quattro venti, soprattutto dal Partito Democratico in questi ultimi mesi. Ma alla fine non cambierà niente e Rossi rimarrà alla guida della coalizione.
Se non sarà lui il candidato, non sarà nemmeno uno 'di sinistra': si punterà su qualcuno che gli assomiglia (come Carlo Daldoss) o su qualcuno che la rotta la sposta addirittura a destra (il sindaco Valduga). La proposta del Pd sarà scartata e questo sembra l'abbiano capito anche gli stessi dem.
Ci hanno provato, e per cascare in piedi un nome lo faranno. Se sarà Franco Ianeselli (molto improbabile) o Monica Baggia (altamente probabile) poco importa, perché ad oggi non è questo il profilo che può rappresentare tutti e il Pd non ha la forza per imporsi. Lunedì prossimo ci sarà il coordinamento del partito, poi l'assemblea provinciale: al segretario si darà mandato di proporre un nome alla coalizione.
Poi, non è detto, perché si sa che in politica tutto può succedere e magari i democratici trovano una forza inaspettata. La contingenza, quello che succede a Roma, possono influire e dare coraggio. E forse è anche possibile che la 'resistenza al cambiamento' che qualche big - che vorrebbe Rossi - sia sconfitta e si ritrovi l'unità. Vedremo.
Ma fosse anche questo lo scenario, c'è da capire cosa diranno i rappresentanti dell'Upt. Sono loro che chiedono pazienza, che vogliono andare piano: devono aspettare che i Civici di Valduga e Oss Emer si decidano, che dicano da che parte stare. Civici che sono sempre meno convinti del da farsi perché annusano anche loro che ormai il cavallo dato per vincente alle elezioni non è proprio detto che sia il centrosinistra.
L'Upt rischia di rimanere con niente in mano, perché il suo obiettivo non è soltanto quello di trovare il candidato presidente ma anche un nuovo soggetto a cui attaccarsi, in cui confluire, con cui generare qualcosa di nuovo che lo possa comunque contenere. Perché da solo l'Upt non vanno da nessuna parte. Aspettano Valduga, e lo proporranno per la presidenza.
Se Valduga sale sulla barca del centrosinistra è ovvio che non vuol andare a fare il mozzo. Vuole fare il capitano: ma come potrebbe il Pd digerire questo nome che sposterebbe un po' (tanto) più a destra l'intera maggioranza? Impossibile, ma anche qui la politica riserva sorprese inimmaginabili. Vedremo anche in questo caso.
Comunque sia, ogni ipotesi rischia di far saltare il banco del rinnovamento. Ogni alternativa sembra impraticabile, Rossi sembra insostituibile, solo lui è può garantire un equilibrio. Se proprio dovesse essere messo il veto su Ugo Rossi - ma ad ora è difficile che sia così - Patt e Upt potrebbero convergere su Daldoss, e il Pd assecondare la scelta senza dire nulla.
Il tempo stringe, ha ragione il Patt. E le Stelle Alpine fin da subito hanno messo sul tavolo il nome dell'attuale presidente. Gli altri, invece che organizzarsi, coalizzarsi, fare sintesi e trovare qualcuno che potesse veramente portare un po' di aria nuova, hanno ciurlato nel manico, hanno perso tempo, e a questo punto anche la scommessa di cambiare il leader della coalizione.