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Un contenitore, un albume e un po’ d’acqua, torna l’antichissima tradizione della barca di San Pietro
Nella notte fra il 28 e il 29 giugno, in occasione delle festività dedicate ai santi Pietro e Paolo, si può provare a ricreare la Barca di San Pietro: secondo le leggende questa tradizione avrebbe il potere di preannunciare l’andamento del raccolto

TRENTO. Quella della Barca di San Pietro è un’antichissima tradizione diffusa in tutto il Nord Italia che, secondo alcune ricerche, sarebbe stata importata attorno al XVIII secolo dai monaci Benedettini.
La tradizione vuole che nella notte fra il 28 e il 29 giugno, festività dei santi Pietro e Paolo, si riempia un contenitore di vetro con dell’acqua, all’interno di esso va versato l’albume di un uovo (la parte chiara), dopodiché si mette il contenitore all’esterno dell’abitazione e si aspetta. Il giorno seguente all’interno del contenitore dovrebbero essersi formate delle strutture che riproducono le vele delle barche.
Il rituale è fortemente legato al mondo rurale e contadino, ed è incentrato sulla figura dell’apostolo Pietro che, soffiando nel contenitore, farebbe assumere all’albume la conformazione di una barca, questo perché stando alla tradizione religiosa prima di diventare un discepolo di Gesù l’apostolo faceva il pescatore.
Interpretando poi la posizione delle ‘vele’, dispiegate o ammainate, si dovrebbe poter azzardare una previsione sull’andamento dell’annata agricola o più in generale previsioni sul proprio futuro. Ovviamente le vele spiegate avrebbero portato un buon raccolto, mentre le vele ammainate erano sinonimo di eventi nefasti e un raccolto scarso.
In alcune regioni italiane la posizione delle vele era interpretata come auspicio da coloro che si preparavano a partire per le Americhe in cerca di fortuna.