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Referendum Catalogna, tensioni (e arresti) sull'asse Madrid-Barcellona. La politica trentina vota 'Sì' all'autodeterminazione e autogoverno
Dal presidente altoatesino Arno Komaptscher al senatore Franco Panizza, dal deputato Riccardo Fraccaro al consigliere Walter Kaswalder, tutti al fianco del governo catalano. "L'autonomia della Catalogna esiste solo sulla carta. Stessa situazione qui negli anni '50, solo che il clima internazionale era favorevole"

TRENTO. 'Vuole che la Catalogna sia uno stato indipendente in forma di repubblica?', questa la domanda posta ai catalani dal governo guidato da Carles Puigdemont. Un quesito che divide la Spagna e polarizza ulteriormente la rivalità sull'asse Madrid-Barcellona. La data fissata per il referendum unilaterale di autodeterminazione e autogoverno è quella del prossimo 1 ottobre.
L'estate è stata rovente, nonostante gli avvisi contrari del governo di Madrid, i dirigenti indipendentisti hanno continuato decisi per la loro strada e nel frattempo la tensione è salita alle stelle dopo che la Guardia Civil ha arrestato Josep Maria Jové, braccio destro del vice presidente catalano, insieme a tredici persone tra esponenti del governo regionale e alti funzionari. Tra gli arrestati il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni Jordi Puignero.
Non è ancora chiaro e certo se il prossimo ottobre si terrà la tornata referendaria, se da un lato Madrid, appoggiata dall'Unione europea, ritiene illegale la consultazione e ha inferto un duro colpo alla macchina organizzativa del referendum, dall'altro il popolo catalano si è ricompattato per portare avanti la propria battaglia autonomistica.
Migliaia di persone sono infatti scese in strada per due lunghe notti di proteste e tensioni, compreso un sit-in davanti al palazzo di Giustizia della Catalogna. La richiesta è semplice: scarcerare gli esponenti catalani arrestati.
Toccata nel passato, più o meno recente, da questo tema, anche la politica in Trentino Alto Adige prende posizione. "L'attuale situazione - commenta il governatore altoatesino Arno Kompatscher - è figlia del fatto che per anni la Spagna si è rifiutata di aprire una trattativa sensata e concreta in merito allo sviluppo dell'autonomia nella regione. L'autonomia finanziaria catalana esiste solo sulla carta e il governo centrale, in maniera a mio modo di vedere incomprensibile, non è disposto ad attuare un accordo equilibrato su questo tema".
Una regione, quella della Catalogna, che comprende 7,5 milioni di abitanti e vale circa il 19% del Pil spagnolo. "L'attuale comportamento del governo spagnolo - aggiunge il presidente dell'Alto Adige - nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni autonome catalane è totalmente inaccettabile".
E la memoria scorre alla situazione regionale negli anni '50. "Allora - ricorda il governatore - l'Italia si rifiutava di concedere l'autonomia che era stata promessa. In Provincia di Bolzano grazie all'ancoraggio internazionale garantito dall'Accordo di Parigi e dalla funzione di potenza tutrice dell'Austria, si è però riusciti a giungere ad una soluzione soddisfacente, dopo lunghe e difficili trattative".
"La Catalogna - conclude Kompatscher - non può contare su questo tipo di tutele, ma ciò non legittima la Spagna ad ignorare le loro richieste: anche in questo caso deve valere il principio del 'Pacta sunt servada', cioè i patti devono essere rispettati. Il mio augurio e la mia speranza è che questa diatriba tra il governo spagnolo e la minoranza catalana possa essere risolta in maniera positiva".
Affaire catalano che sbarca anche nel Parlamento italiano. "Abbiamo presentato - spiega il senatore Franco Panizza - un’interpellanza urgente al presidente Paolo Gentiloni. Chiediamo che il governo intervenga su quello spagnolo affinché avvii una trattativa politica con le istituzioni della Catalogna, con lo scopo di riformulare lo stato di autonomia per concedere più ampie forme di autogoverno".
Il 'malumore' catalano si è acuito nel 2010, quando il Tribunale costituzionale ha riscritto 14 articoli e reinterpretati altri 27 dello statuto vigente da 4 anni, cancellando il riferimento alla Catalogna come nazione e riducendo le competenze legate a lingua, giustizia e fisco, minando così l’impianto autonomistico e di autogoverno.
"Da allora - aggiunge il segretario del Patt - il governo di Madrid non ha più voluto riaprire una trattativa. Eppure quello Statuto era già in una versione riduttiva e nasceva dalla volontà di superare l’impasse che si era venuto a creare dopo la caduta del franchismo per l’applicazione del primo statuto di autonomia del 1979. Si è ingenerata così una situazione di radicale conflittualità, che abbraccia tutti i livelli istituzionali e i cui esiti possono rivelarsi imprevedibili. Per questo è importante ritrovare la strada del dialogo, rispettando la storia e la specificità della Catalogna e riconoscendo quegli spazi di autogoverno che i cittadini chiedono a gran voce".
Anche il Movimento 5 stelle si schiera al fianco della Catalogna. "La risposta - spiega il deputato Riccardo Fraccaro - alle istanze autonomiste dei cittadini non può mai sfociare nella repressione, quanto sta accadendo in Spagna è inaccettabile per una democrazia. Il popolo sovrano deve poter esercitare il diritto di esprimersi liberamente con gli strumenti referendari. Il Movimento 5 Stelle sarà sempre a favore del più ampio ricorso possibile agli istituti democratici e della concessione di maggiori forme di autogoverno".
"Fermo restando che ogni Paese deve poter vivere le proprie dinamiche senza subire alcuna ingerenza esterna - aggiunge il pentastellato - è un dato di fatto che Madrid non ha mai voluto cedere, in questi ultimi anni, alle rivendicazioni autonomiste della Catalogna. Il rifiuto di aprire qualunque negoziato con la Generalitat catalana ha generato questa gravissima tensione, ulteriormente inasprita dalla rigidità del governo nei confronti della consultazione referendaria legittimata dal principio di autodeterminazione dei popoli. Servivano invece un confronto aperto e il massimo impegno per superare uno scontro istituzionale che ora rischia di sfociare in uno scenario da regime. La libertà di espressione non può essere negata con gli arresti e il sequestro delle schede referendarie. Va condannata fermamente qualunque ulteriore azione autoritaria, la risposta dev’essere politica: la Spagna ha tutti i mezzi per attuarla, come già accaduto in passato con Paesi Baschi e Navarra. Auspichiamo che si giunga al più presto ad una soluzione pacifica e democratica che riconosca i diritti della Catalogna".
Un atteggiamo di chiusura totale e "addirittura di repressione del governo Rajoy - spiega Walter Kaswalder, consigliere provinciale in orbita degli Autonomisti popolari - è del tutto inaccettabile per un paese che fa parte dell’Unione Europea e che dichiara di riconoscersi nei principi fondamentali della stessa. L’esercizio del diritto di voto è, per un popolo, la più alta espressione di democrazia. Impedirlo con la forza come sta facendo Madrid nei confronti di Barcellona, di fatto militarizzando la regione, rappresenta una pericolosa deriva autoritaria che va fermamente condannata".
"Il diritto all’autodeterminazione dei popoli e all’autogoverno sono principi sanciti dai trattati internazionali. Gli Autonomisti popolari - conclude Kaswalder - si riconoscono in questi principi, come si riconoscono nell’Europa dei Popoli e delle Regioni, che rappresenta la realizzazione dei valori fondanti dell’Unione. Come è stato per la Scozia, così anche la Catalogna deve potersi esprimere liberamente sul proprio futuro".