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Il Wwf contro la campagna “Respira sei in Trentino”: “Coltivazioni intensive di melo per pubblicizzare la natura della provincia”
Tra le immagini scelte da Trentino Marketing per la campagna “Respira sei in Trentino” c’è anche anche un meleto in fiore, l’affondo del Wwf: “L’agricoltura intensiva è uno dei principali motori globali di perdita di biodiversità”

TRENTO. “Respira sei in Trentino” è questo lo slogan della campagna pubblicitaria lanciata con successo da Trentino Marketing per promuovere il turismo in provincia di Trento. Una pubblicità che è stata trasmessa in vari spot, sia in tv che online, ed è apparsa su numerose riviste e testate nazionali.
Dal lago di Garda alle Dolomiti, sono vari i paesaggi scelti come sfondo, spaziando dai rifugi ai monumenti storici, passando per montagne, foreste e incantevoli specchi d’acqua. La campagna di Trentino Marketing, che pone al centro la natura, si è aggiudicata anche un Effie Awards, un riconoscimento che viene dato a quelle pubblicità che si contraddistinguono per l’efficacia della comunicazione.
Eppure la pubblicità apparsa sul numero 1457 della rivista “Internazionale”, ha fatto storcere il naso agli ambientalisti. Su due pagine appare infatti un meleto in fiore accompagnato dall’immancabile slogan “Respira sei in Trentino”.
“In un contesto in grado di offrire luoghi come la Val di Tovel, le Forre di Santa Giustina, il Pian della Nana e quant’altro, la promozione turistica passa attraverso i filari delle banalizzate coltivazioni intensive di melo”, commentano dal Wwf.
Come fa notare l’associazione ambientalista tra meno di un mese i bucolici campi in fiore avranno un altro aspetto: “Quello delle reti antigrandine, presenti su ampie chiazze per tutta l’estate. Certamente già hanno un odore, non esattamente sempre respirabile”. Un riferimento nemmeno troppo velato alle sostanze, come i pesticidi, che talvolta vengono utilizzate per sbarazzarsi di parassiti e malattie che possono danneggiare i meli.
“La conservazione – osservano dal Wwf – passa anche dal risolvere i difetti della nostra percezione e riconoscere l’agricoltura intensiva come uno dei principali motori globali di perdita di biodiversità. Solo così avremo speranza di capire che cosa è giusto e utile proteggere e che cosa sarebbe bene cambiare radicalmente”.