"Il lupo? Un 'problema' non più grave di burocrazia e costi sempre più onerosi ", la testimonianza: "Quasi quattro anni senza predazioni: la convivenza è possibile"
“La convivenza con i grandi carnivori è davvero possibile e a nulla o poco servono gli abbattimenti. Esistono molti modi per approcciarsi al 'problema' dei predatori e noi abbiamo scelto quello della conoscenza: i lupi sono l'ultimo dei problemi degli allevatori”

TRENTO. La convivenza con i grandi carnivori è possibile. Lo dimostrano le ricerche condotte, attraverso esempi concreti sul campo, dal Centro Studi per l'Ecologia e la Biodiversità degli Appennini, che da anni svolge progetti mirati alla conservazione dei grandi mammiferi ma anche altre specie. "La nostra volontà è quella di dimostrare che l'abbattimento del lupo non è una soluzione efficace nel tempo a sostegno del comparto zootecnico - premette la ricercatrice Francesca Trenta, intervistata da Il Dolomiti -. I grandi carnivori sono l'ultimo dei problemi degli allevatori".
Grazie a un team di ricerca multidisciplinare con sede in Abruzzo, è stato possibile negli anni mettere a punto una serie di azioni sviluppate in differenti step, attuando così una strategia attiva attraverso la ricerca applicata e accompagnando pastori e allevatori nel loro percorso di conoscenza del lupo per poterci convivere al meglio: "Il protocollo Pan (Progetto Allevatori Natura), ideato e coordinato dal nostro Centro Studi attraverso il suo ramo operativo Project Wolf Ethology, nasce per dimostrare che la convivenza è possibile - rimarca l'esperta -. Lo abbiamo testato in differenti realtà, ad oggi sempre con successo". La prima sperimentazione ha avuto luogo in Abruzzo nel 2020 alla quale hanno fatto seguito altre tre sperimentazioni di cui due in Puglia e una nelle Marche.
"Le azioni preliminari sono volte a valutare la zona in cui si trova l'azienda ma anche ad esplorare e conoscere il territorio circostante, oltre a raccogliere informazioni sulla tipologia di razze allevate e relativa gestione, riscontrando le criticità - prosegue Trenta -. Naturalmente ogni contesto aziendale rappresenta una realtà a sé stante e le azioni vanno modulate in base alle caratteristiche del contesto in cui si opera. Come spiega la ricercatrice, il principale problema degli allevatori sta "o nella mancanza di cani da protezione o in recinzioni non sicure: c'è addirittura chi usa le reti dei materassi per 'proteggere' il bestiame". Il problema maggiore è costituito dall’utilizzazione delle tecniche in modo isolato e non associandole allo scopo di ottimizzare i risultati. La prevalenza di una tecnica rispetto alle altre dipende inoltre da contesto, dalle specie allevate, dalla conduzione dell’allevamento.
Fatta un'analisi dell'azienda zootecnica e del territorio, si procede con una serie di colloqui costanti con l’allevatore dell’azienda pilota ma anche con alcuni colloqui conoscitivi nelle aziende limitrofe e, conclusa la fase delle azioni preliminari, si passa alle attività sul campo: "Attraverso osservazioni dirette e indirette (fototrappolaggio ndr) e rilevamento di tracce e materiale biologico riusciamo a comprendere le dinamiche comportamentali degli animali selvatici presenti nell’area sottoposta a studio e controllo. I dati raccolti tramite un lavoro di ricerca costante in campo vengono resi rapidamente fruibili all’allevatore con il quale si pianifica la strategia ottimale in base al comportamento dei predatori nell’area.
Il protocollo PAN ha già documentato ottimi risultati in due aziende pugliesi, in una realtà marchigiana e tutt'oggi viene portato avanti in una azienda agricola in Abruzzo, "che non subisce predazioni da 3 anni e 9 mesi - rivela la biologa e ricercatrice -. Si tratta di una realtà aziendale piccola come tante altre in Italia che ha una media di 40 o 50 capi (ovini ndr) e che subiva 4 o 5 predazioni all'anno: una cifra ingente per una piccola azienda. A differenza di una delle due realtà seguite invece in Puglia che contava ben 1.200 capre oltre che cavalli e asini e che subivano costantemente attività di predazioni come anche nella realtà marchigiana. Anche in queste realtà, dopo l’applicazione del protocollo da noi prodotto, non si sono verificate più predazioni”.
In base al territorio in cui sorgono le aziende e alle criticità, i ricercatori del Centro studi offrono agli allevatori le giuste indicazioni e strumenti adatti per "conoscere le specie con cui impattano e conviverci: abbiamo portato cani da pecora abruzzesi laddove mancavano cani da protezione efficaci o c'erano cani 'non funzionali' e installato recinti elettrificati. In generale, la criticità maggiore dei pastori è quella legata ai cani: i più sostengono che costituiscano un costo troppo oneroso. Per lavorare però, è inevitabile che i costi ci siano: ogni lavoro ha i suoi costi e siamo convinti che per quanto concerne il comparto zootecnico il lupo rappresenti un problema ma non più grave di altre problematiche che costringono allo stremo molte realtà agro-zootecniche italiane. Basti pensare alla macchinosa burocrazia, ai costi delle sementi e dei carburanti in continuo aumento o ancora a prodotti sotto pagati o scarsamente valorizzati, ai costi elevati delle attrezzature per citarne solo alcuni".
Per quanto possa apparire scomodo, occorre considerare che, come per l’agricoltore la grandine, la siccità e altre avversità costituiscono il “’rischio d’impresa’ anche per l’allevatore occorre considerare questo rischio. Una adeguata serie di interventi coordinati può abbattere il livello di rischio e permettere l’attività con relativa sicurezza”.
“Le azioni da adottare sono differenti e dipendono anche molto da situazione a situazione: per questo è importante osservare e valutare ogni caso singolarmente - conclude Trenta -. In generale possiamo dire che la convivenza con i grandi carnivori è davvero possibile e che a nulla o poco servono gli abbattimenti. Rimaniamo fermamente convinti che qualsiasi attività di studio, lavoro o ricerca rivesta un ruolo importante per offrire un sostegno ed un ausilio al comparto che impatta con questa problematica. Nel rispetto di ogni forma di pensiero o ideologia rimarremo comunque attraverso le nostre attività al fianco di allevatori o enti che richiederanno la nostra consulenza ed il nostro aiuto. Esistono molti modi per approcciarsi al “problema” dei predatori e noi abbiamo scelto quello della conoscenza”.