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Vini di territorio gestiti da cantine sociali e vignaioli

Chi parla di partecipazione paritaria all’interno del Consorzio vini trentini si scontra spesso con le componenti forti. La soluzione? Riservare alle grandi imprese la commercializzazione di volumi di vino consistenti anche di provenienza non trentina, se destinati all’esportazione
DAL BLOG
Di Sergio Ferrari - 14 marzo 2017

 Laureato in Scienze Agrarie all'Università di Padova, dal 1961 al 1994 è stato docente all'Istituto Agrario di San Michele

I sostenitori della tesi che prevede una partecipazione paritaria all’interno del Consorzio vini trentini delle tre componenti del comparto vitivinicolo – cantine di secondo grado, aziende commerciali e vignaioli – si scontrano con le componenti forti che pagano l’adesione e i servizi prestati in base alla maggiore consistenza dell’attività produttiva e commerciale.

 

Una via d’uscita, dicono i sostenitori del criterio paritario, potrebbe essere quella di riservare alle grandi imprese, Cavit in primo luogo, la commercializzazione di volumi di vino consistenti anche di provenienza non trentina, se destinati all’esportazione. Promuovendo l’aggregazione tra cantine sociali e vignaioli intorno a progetti di territorio che gestiscono la produzione e la vendita dei propri vini a prezzi corrispondenti alla tipicità della zona e alla elevata qualità.

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