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Messa in sicurezza del fiume Sarca: “Fermate escavatori e motoseghe”, l’appello degli ambientalisti dell’Alto Garda
Gli ambientalisti sul piede di guerra per la gestione del fiume Sarca: “La Provincia ha disatteso in maniera sistematica alcuni impegni in merito a una corretta gestione dell'alveo, l’unica proposta sono degli impattanti interventi giustificati dall’emergenza”

ALTO GARDA. “Iniziamo con il chiedere alla Provincia di fermare escavatori e motoseghe, di riflettere, di riprendere in mano il progetto esistente scaturito dal processo partecipativo e di indire appena possibile un confronto pubblico”. A sottoscrivere questo appello sono 10 associazioni ambientaliste preoccupate per la sorte del fiume Sarca. Secondo, Amici della Sarca, Wwf Trentino, Comitato Salvaguardia Olivaia, Mnemoteca del Basso Sarca ,Italia nostra, Comitato Sviluppo Sostenibile, Rotte Inverse, Ledro Inselberg e l’associazione Salvaguardia Area Lago, “è necessario costruire ‘sicurezza’ attraverso azioni sostenibili e non distruttive”.
Le associazioni ambientaliste chiedono di fermarsi a riflettere: “Fino agli anni ‘90 – spiegano – la valle del Sarca è stata pensata solo come un canale una striscia di territorio inutile, si valutavano solo la produttività di energia elettrica, la sicurezza dalle esondazioni e niente altro. Solo dopo lunghe battaglie è stato possibile cambiare il paradigma, rimettendo al centro il fiume. Nel 2009 invece, dopo un lungo processo partecipativo, è nata la Rete di Riserve e ora il Parco Fluviale, impensabile fino a qualche tempo fa”.
Un ente animato da varie realtà che si pone l’obiettivo di trovare il giusto equilibrio tra le necessità ecologiche del fiume in primis e tutte le altre economiche, ludiche, turistiche della società. Questo perché un corso d’acqua in salute è composto da tutti i suoi habitat. “Il Progetto uscito dal processo partecipativo – ricordano le associazioni – contiene la richiesta di allargare l’area dedicata al fiume dove possibile, anche acquistando delle strisce di terreno agricolo da privati per ricostruire fasce ripariali in parte boscate e che possono essere allagate in periodi di piena”.
Delle indicazioni arrivate dall’ente però non se ne è fatto nulla. “Da molto tempo – affermano le associazioni – non si chiama la popolazione per un incontro costruttivo in cui si dibattano le problematiche principali, finalizzato al miglioramento della qualità delle acque, della vegetazione e della quantità e quindi del deflusso minimo vitale. Si è assistito ad un progressivo allontanamento da parte della Provincia che ha disatteso in maniera sistematica alcuni impegni in merito a una corretta gestione dell’alveo, anzi, l’unica cosa che propone sono impattanti interventi giustificati dall’emergenza”.
Gli ambientalisti lamentano anche il disinteresse delle Amministrazioni locali “che si ricordano del fiume solo in occasione di eventi critici. Il fiume – concludono – può essere il motore del cambiamento locale verso il raggiungimento di un’impronta sostenibile e leggera delle Comunità che vi si affacciano e ne hanno le ricadute finali economico-turistiche”.