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'Ndrangheta in Trentino, respinte dai giudici le richieste di scarcerazione. In cella rimangono 13 persone mentre 5 sono ai domiciliari
L'operazione "Perfido" ha portato all'arresto di 18 persone. Gran parte avevano richiesto la scarcerazione ma le istanze sono state tutte rigettate dai giudici

TRENTO. Sono state confermate dai giudici del riesame le misure cautelari che riguardano 18 persone coinvolte nell'operazione contro la 'ndrangheta portata a termine lo scorso mese. L'accusa sarebbe quella di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Il riesame ha rigettato le richieste che erano state fatte da gran parte degli imputati per farsi togliere le misure cautelative. Tredici persone rimangono quindi in carcere e altre 5 agli arresti domiciliari.
L'operazione 'Perfido' ha portato a galla sul nostro territorio la presenza strutturata della 'ndrangheta che ha portato al sodalizio mafioso presente in Val di Cembra. Fiumi di denaro che sono arrivati per essere reinvestiti in maniera illecita ed usati per infiltrarsi nel tessuto economico sociale del Trentino.
La complessa ricostruzione delle reali consistenze patrimoniali riconducibili ai membri del sodalizio di tipo mafioso, ai loro familiari e ai vari prestanome, ha portato all'analisi di 148 situazioni tra persone fisiche e giuridiche e al sequestro di beni per quasi 6 milioni di euro. Le indagini hanno portato anche al sequestro di sette case a Roma ma anche di diversi automezzi.
Demetrio Costantino, Pietro Battaglia, Mario Giuseppe Nania e Domenico Morello rimangono in carcere. Nessuna concessione nemmeno a Innocenzo Macheda, ritenuto secondo le indagini capo dell'organizzazione, Giuseppe Battaglia, Pietro Denise, Domenico Ambrogio, Arafat Mustafà, Giovanni Alampi, Saverio Arfuso, Antonino Quattrone e Alessandro Schina. Rimangono, invece, ai domiciliari, Giovanna Casagranda, Giuseppe Paviglianiti, Federico Cipolloni e Fabrizio De Santis e Vincenzo Vozzo.