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Cacciati da casa e vittime di violenza, c'è la ''Casa rifugio'' per persone Lgbt+. De Preto: ''Un centro regionale, le richieste di aiuto sono la punta dell'iceberg''
A Bolzano l'importante progetto è stato riconosciuto dalla Provincia che ora, grazie all'Istituto di edilizia sociale, ha messo a disposizione un appartamento con canone sostenibile. La presidente di Arcigay Alto Adige Arianna Miriam Fiumefreddo: "E' il primo centro a livello regionale, durante la pandemia sempre più persone Lgbtqia+, anche nel nostro territorio, si sono ritrovate in situazioni difficili. Dallo stare con i famigliari in un clima già complicato alle donne transgender straniere senza un luogo dove stare"

BOLZANO. “E' un riconoscimento per noi molto importante che attesta quando sia fondamentale un servizio come quello che siamo riusciti a mettere in campo e che ora, a circa un anno dalla partenza, possiamo stabilizzare e rendere ancora più funzionale alle varie esigenze”. Sono queste le parole usate dalla presidente dell'Arcigay di Bolzano, Arianna Miriam Fiumefreddo, per descrivere l'importante traguardo raggiunto con Casa Rainbow Haus.
Stiamo parlando dell’alloggio-rifugio, esperienza al momento unica in regione, che Centaurus Arcigay ha deciso di creare con lo scopo di aiutare le persone Lgbtqia+ (Lesbiche Gay Bisessuali Trans* Queer Intersex Asessuali/Agender) ad affrontare situazioni di isolamento familiare e sociale, povertà, mancanza di lavoro, mancanza di alloggio, discriminazione ed esclusione che possono essere aggravate da condizioni di inabilità, giovinezza o anzianità, minoranza etnica e religiosa unità all’identità Lgbt+.

Il progetto, scritto nella primavera dello scorso anno in piena pandemia, è diventato operativo nel novembre 2020 e il cosiddetto “rifugio” era stato trovato in un appartamento individuato sul mercato privato e quindi con un canone di locazione elevato. I mesi successivi hanno testimoniato quanto sia utile questo progetto e a certificare la sua importanza è stata anche la Provincia di Bolzano che ora, attraverso l'Ipes, l'istituto di edilizia sociale dell'Alto Adige, ha deciso di fornire un appartamento a un canone minore rendendo quindi più sostenibile.
“Tutto questo – ci spiega la presidente dei Arcigay - è nato in un periodo molto particolare, quello della pandemia, durante il quale sono stati portati a galla problemi enormi di carattere abitativo. Sempre più persone Lgbtqia+, anche nel nostro territorio, si sono ritrovate in situazioni sempre più critiche. Dallo stare con i famigliari in un clima già difficile alle donne transgender straniere che si sono trovate in difficoltà perché non avevano più uno spazio dove stare”.
Ecco allora che nella primavera dello scorso anno Centaurus Arcigay di Bolzano ha deciso di mettere nero su bianco un progetto con il reperimento di una struttura idonea e dalla costituzione e formazione dell’equipe che potesse poi seguire le persone ospitate.
“Attualmente questo appartamento – spiega Arianna Miriam Fiumefreddo – è l'unico con queste caratteristiche e questa funzionalità in regione e si unisce ai pochi che sono presenti in Italia. Sono due le persone che attualmente sono ospitate e ora l'aiuto dato dalla Provincia di Bolzano e l'Ipes ci permette di rendere il progetto più stabile, uscire dalla fase progettuale e proseguire il servizio sul territorio”. Si tratta di un servizio messo in campo nei casi di emergenze. L'appartamento ha al suo interno due camere per una progettualità che può arrivare fino ad un anno e un'altra camera che viene tenuto per le vere e proprie emergenze.

Ora che è stata ufficialmente riconosciuta anche dalle istituzioni l'utilità del progetto, l'impegno è quello di portarlo avanti e renderlo fruibile per le persone che ne hanno bisogno sia in Alto Adige ma anche in Trentino. Per questo è stata avviata una raccolta fondi che servirà per portarlo avanti, per pagare l'affitto e sostenerne gli altri costi. (QUI PER POTER CONTRIBUIRE)
“Come associazioni – spiega il presidente dell'Arcigay di Trento Lorenzo De Preto – abbiamo delle segnalazioni su situazioni difficili e critiche che alcuni giovanissimi ma non solo sono costretti a vivere con anche l'allontanamento della casa famigliare nel momento in cui avviene il coming out. Quello che però arriva a noi è sola la punta dell'iceberg perché c'è un sommerso enorme. Ci sono persone che hanno paura di esprimere la propria situazione e ci sono ragazzi e ragazze che temono di essere scoperti e quindi vivono in uno stato di paura continua. Noi tutti dobbiamo unire le forze per aiutarli, la soluzione non è evitare il coming out ma, nel caso servisse, avere una possibilità di accoglienza se si verificano allontanamenti domestici”.
A Trento fino ad oggi non è mai stato creato un “rifugio” per aiutare le persone Lgbtqia+ ad affrontare situazioni di isolamento familiare e sociale. Quello avviato a Bolzano, rappresenta però un punto di riferimento regionale. “Se esiste una esperienza a livello regionale – spiega De Preto – è importante assieme valorizzarla per avere un centro che possa coprire le richieste di aiuto che arrivano da tutto il territorio”.
Dal canto suo, l'Arcigay del Trentino ha però più volte richiesto l'adozione di protocolli particolari in strutture che già sono esistenti nate per coprire le esigenze di difficoltà abitativa. “Abbiamo più volte richiesto – spiega De Preto – che per i soggetti in difficoltà abitativa siano adottati anche protocolli particolari, attraverso il dialogo con le associazioni, per venire incontro ad esigenze specifiche che possono arrivare da questo tipo di utenza. E' la via più praticabile”.